La Chiesa ha fatto bene rifiutando i funerali di Welby?

Risponde Padre Lorenzo Giordano sj

08/09/2007
Il sig. G.G. chiede: « Ha fatto bene la chiesa a rifiutare il funerale religioso a Welby?
 
Risponde P. Lorenzo Giordano sj
Luigi Acattoli nell’articolo del Corriere della Sera di martedì 23 gennaio 2007, intitolato «Ruini: sofferto il mio no al funerale di Welby», riferisce la decisione del Cardinal Ruini su Welby: è stata sofferta, ma essa era necessaria dalla volontà suicida espressa «lucidamente» da Pier Giorgio Welby.
Il funerale in Chiesa avrebbe «legittimato» quella intenzione contraria «alla legge di Dio».
 
Il Cardinal Ruini ha parlato all’apertura della sessione invernale del Consiglio permanente della C.E.I. ed era la prima volta he trattava pubblicamente il caso Welby, avendo avuto l’ultima parola sulla questione del funerale in quanto Vicario di Roma.
Il Cardinale ha posto in risalto questo suo coinvolgimento diretto: la vicenda «mi ha chiamato in causa personalmente quando è giunta la richiesta del funerale religioso dopo la sua morte».
«La sofferta decisione di non concederlo - ha ricordato - nasce dal fatto che il defunto fino alla fine, ha perservato lucidamente e consapevolmente nella volontà di porre termine alla propria vita: in quelle condizioni una decisione diversa sarebbe stata infatti per la Chiesa impossibile e contradditorie, perché avrebbe legittimato un atteggiamento contrario alla legge di Dio».
Ruini ha avuto parole sugli aspetti tragici della vicenda: «nel prendere tale decisione non ci è mancata la consapevolezza di arrecare purtroppo dolore e turbamento ai familiari e a tante altre persone anche credenti, mosse da sentimenti di umana pietà e solidarietà verso chi soffre, sebbene forse meno consapevoli del valore di ogni vita umana di cui nemmeno la persona del malato può disporre.
Gian Guido Vecchi nel suo articolo del Corriere della Sera – pagina 3 – martedì 23 gennaio – scrive: «la stessa decisione di non concedere i funerali religiosi ha provocato tantissime reazioni tra i lettori di Avvenire: sgomento – perplessità – incredulità – dolore.
Sono state scritte parecchie lettere che peraltro il direttore Dino Boffo ha deciso di pubblicare a tutta pagina, con una risposta che difendesse la scelta del Vicariato, mostrando tutta la tragicità del momento.
«Se la Chiesa fosse stata preoccupata anzitutto del consenso e degli applausi, si sarebbe comportata diversamente».
Certo, esistono, sempre nello stesso articolo di Gian Guido Vecchi, punti assai controversi: la volontà può arrivare fino alla morte?
 
Ma in Vaticano si teme soprattutto l’effetto «piano inclinato» il rischio che ogni piccola apertura o dubbio sui casi di possibile accanimento terapeutico faccia cedere gli argini e produca una inondazione, una deriva che rischia di arrivare fino all’eutanasia modello olandese. Eppure i dubbi ci sono e in questi mesi non sono mancate personalità con le spalle abbastanza larghe per esprimerli senza problemi.
Il filosofo cattolico Giovanni Reale invece assai vicino a Karol Woytjla, sempre nel medesimo articolo di Gian Guido Vecchi si schiera prima di natale con Welby il quale manifestava: «Posso io vivere ostaggio di una macchina? Ha senso? Dio mi chiede questo? Non ho dubbi. Dio non chiede questo».
E il filosofo giustifica il suo schieramento affermando che non si può imporre a una persona di vivere prigioniero della tecnologia, quando la cosidetta «cura» non ha più effetto, procura sofferenze, impedisce con violenza l’estrema richiesta di questo uomo. Che non significa affatto «darsi la morte», ma accettare di non poterla impedire.
 
Da un gruppo di studio di bioetica fatto da Aggiornamenti Sociali – Piazza San Fedele n. 4 – 20121 Milano di maggio 2007, sotto il titolo «Il caso Welby»: una rilettura a più voci al primo contributo «Autonomia e disposizione della vita» riguardo a questo argomento si legge: colpisce come la strumentalizzazione politica abbia funzionato da gabbia, nella discussione caso Welby, chiudendo il dibattito in un gioco di specchi.
 
Dopo riflessioni su libertà di scelta, su autodeterminazione, sulla nostra identità personale che è costitutivamente relazionale, sulla convincente interpretazione e declinazione dell’autonomia, sulla coscienza etica, termina: da una parte sarebbe stato possibile considerare l’evento realizzatosi non in termini di eutanasia, ma di terapie sproporzionate. Ma, d’altra parte, le argomentazioni dello stesso Welby tendevano ad assolutizzare l’autodeterminazione, formulando la propria richiesta come eutanasia e favorendo una normativa giuridica in questo senso (cfr. Welby P., Lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in www.lucacoscioni.it/node/7849)
La decisione del Vicariato di Roma a proposito delle esequie si è collocata in questa zona grigia. Essa negando la celebrazione dei funerali secondo il rito della Chiesa, ha tentato – pur in modo non a tutti comprensibile e comunque controverso – di portare chiarezza sull’intreccio delle dimensioni in gioco. La priorità è stata data al significato pubblico della celebrazione, che avrebbe lasciato intendere l’approvazione di una concezione di libertà come insindacabile disposizione di sé e il rispetto della volontà del singolo come criterio ultimo di ciò che è giusto. Per questo il Vicariato ha negato le esequie religiose, ritenendo di minor peso il significato delle esequie come preghiera con cui ogni uomo viene affidato nella fede dai propri fratelli e sorelle in umanità alla misericordia di Dio.
 
Chiudo questo sito invitandovi anziché a giudicare e contestare un caso così difficile, non per tutti comprensibile e per alcuni controverso, a costruire positivamente facendo celebrare SS. Messe per il nostro fratello Pier Giorgio Welby e affidandolo nella fede alla Misericordia di Dio che è grande e pregando Dio che illumini gli uomini soprattutto responsabili diretti affinchè sappiano articolare sia il piano dei principi irrinunciabili con quello delle soluzioni possibili, sia alcune delle diverse prospettive che occorre convocare per esaminarlo adeguatamente: antropologica, bioetica, deontologica e giuridica alla luce di Dio!
 
Porgo distinti saluti a tutti!
P. Lorenzo Giordano sj