Domanda dicembre 2013:«Qualche giorno fa, ascoltando un servizio al telegionale, sono venuto a conoscenza dei maltrattamenti che subiscono gli animali da pelliccia e nel servizio relativo hanno mostrato per un attimo i luoghi nei quali queste povere bestiole vengono alloggiate, ma anche trattate. Sono rimasto turbato; turbamento che si è poi tramutato in angoscia quando poi ho approfondito la notizia documentandomi personalmente. La mia domanda è questa: si commette peccato mortale qualora gli animali vengono maltrattati con violenza ingiustificata e gratuita? Il Catechismo della Chiesa cattolica mi sembra chiaro al punto 2416: <<Gli animali sono creature di Dio. Egli li circonda della sua provvida cura. Con la loro semplice esistenza lo benedicono e gli rendono gloria. Anche gli uomini devono essere benevoli verso di loro. Ci si ricorderà con quale delicatezza i santi, come San Francesco d'Assisi o San Filippo Neri, trattassero gli animali>>. Lo stesso Catechismo è ancora più chiaro al punto 2418: <<E' contraria alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita>>. Avendo ancora fresche nella mia memoria visiva e uditiva quelle scene raccapriccianti, mi viene spontaneo ritenere che c'è qualcosa di infernale in questo uso indiscriminato della vita di queste creature di Dio. La mia riflessione non vuole scadere in un basso ecologismo ideologico ed antiumano, ma desideravo avere qualche chiarimento su questa tematica.»
Risponde don Gigi Di Libero
Sinceramente penso che con quanto ha già letto e interiorizzato dal Catechismo non ha bisogno di ulteriori parole e osservazioni per avere davvero, viva e forte, la sensibilità che la Bibbia e quindi Dio stesso ci richiede nei confronti della vita, in tutte le sue forme, presente nel Creato che è frutto in ogni dettaglio del suo amore infinito nella Creazione. Una cosa solo vorrei indicarle per rispondere lei stesso, con molta serena capacità di valutare gli atti umani ispirandosi alla infinita misericordia di Dio Padre, alla domanda circa il peccato mortale.
Anche nel caso della violenza, crudele, immotivata e di ogni genere, nei confronti degli animali, che sono una forma di vita creata direttamente da Dio, lei deve sempre applicare quello che lo stesso Catechismo ci indica circa il peccato mortale.
1855 – Il peccato mortale distrugge la carità nel cuore dell'uomo a causa di una violazione grave della Legge di Dio; distoglie l'uomo da Dio, che è il suo fine ultimo e la sua beatitudine, preferendo a lui un bene inferiore.
Il peccato veniale lascia sussistere la carità, quantunque la offenda e la ferisca.
1856 – Il peccato mortale, in quanto colpisce in noi il principio vitale che è la carità, richiede una nuova iniziativa della misericordia di Dio e una conversione del cuore, che normalmente si realizza nel sacramento della Riconciliazione:
« Quando la volontà si orienta verso una cosa di per sé contraria alla carità, dalla quale siamo ordinati al fine ultimo, il peccato, per il suo stesso oggetto, ha di che essere mortale [...] tanto se è contro l'amore di Dio, come la bestemmia, lo spergiuro, ecc., quanto se è contro l'amore del prossimo, come l'omicidio, l'adulterio, ecc. [...] Invece, quando la volontà del peccatore si volge a una cosa che ha in sé un disordine, ma tuttavia non va contro l'amore di Dio e del prossimo — è il caso di parole oziose, di riso inopportuno, ecc. —, tali peccati sono veniali ».
1857 – Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni:
« È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso ».
1858 – La materia graveè precisata dai dieci comandamenti, secondo la risposta di Gesù al giovane ricco: « Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre » (Mc 10,19).
La gravità dei peccati è più o meno grande: un omicidio è più grave di un furto. Si deve tenere conto anche della qualità delle persone lese: la violenza esercitata contro i genitori è di per sé più grave di quella fatta ad un estraneo.
1859 – Perché il peccato sia mortale deve anche essere commesso con piena consapevolezza e pieno consenso.
Presuppone la conoscenza del carattere peccaminoso dell'atto, della sua opposizione alla Legge di Dio. Implica inoltre un consenso sufficientemente libero perché sia una scelta personale. L'ignoranza simulata e la durezza del cuore non diminuiscono il carattere volontario del peccato ma, anzi, lo accrescono.
1860 – L'ignoranza involontariapuò attenuare se non annullare l'imputabilità di una colpa grave.
Si presume però che nessuno ignori i principi della legge morale che sono iscritti nella coscienza di ogni uomo. Gli impulsi della sensibilità, le passioni possono ugualmente attenuare il carattere volontario e libero della colpa; come pure le pressioni esterne o le turbe patologiche. Il peccato commesso con malizia, per una scelta deliberata del male, è il più grave.
1861 – Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l'esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili. Tuttavia, anche se possiamo giudicare che un atto è in sé una colpa grave, dobbiamo però lasciare il giudizio sulle persone alla giustizia e alla misericordia di Dio.
A disposizione.
don gigi di libero sdb
gigidilibero@gmail.com