Domanda (dicembre 2014): «Pongo un quesito che riguarda l’astinenza dalla carne e dai cibi o bevande ricercati o costosi nei venerdì dell’anno. Il problema è questo: il prossimo 26 dicembre, giorno di Santo Stefano e uno dei giorni dell’Ottava di Natale, cade il venerdì. In questo caso è ancora vigente (come credo) il precetto dell’astinenza? È quindi necessario sostituire l’eventuale consumo di carne o altri cibi delicati con un’opera penitenziale sostitutiva (o chiedere la dispensa ad un parroco)? In generale, come comportarsi quando il venerdì cade in uno dei giorni dell’Ottava di una solennità?»
Risponde don Gigi Di Libero sdb:
1. Nell’ottava di Natale ci troviamo in una solennità e quindi secondo lo spirito delle nuove norme circa il digiuno e l’astinenza mi pare si possa sospendere l’astinenza dalle carni magari con molto senso di spiritualità sostituendolo con una opera di carità o altre forme di astinenza di cose cui magari ci costa un poco rinunziare ma ci allenano a ricordare che un cristiano vive sempre come Gesù con sobrietà che aiuta molto la vigilanza!!! E non c’è bisogno di chiedere nessun permesso al parroco!
2. Comunque desidero trascriverle qui i punti più interessanti delle nuove norme della Conferenza dei Vescovi Italiani sul tema del digiuno e della astinenza emanati nel 1994
Il decreto è molto più lungo trascrivo solo le pagine che mi sembrano davvero molto illuminanti da vivere intensamente non solo con le rinunce ma soprattutto col cuore che ama!
(da «Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza», Cei, 1994)
Nuove forme penitenziali: 10. Le profonde trasformazioni sociali e culturali, che segnano i costumi di vita del nostro tempo, rendono problematici, se non addirittura anacronistici e superati, usi e abitudini di vita fino a ieri da tutti accettati.
Per la pratica dell’astinenza, si pensi alla distinzione tra cibi “magri” e cibi “grassi”: una simile distinzione porta in sé il rischio di allontanarsi da quella sobrietà che appartiene al genuino spirito penitenziale e di ricercare di fatto cibi particolarmente raffinati e costosi, che di per sé non contrastano con le norme tradizionali fissate dalla Chiesa.
Diventa allora necessario ripensare le forme concrete secondo cui la prassi penitenziale deve essere vissuta dalla Chiesa dei nostri giorni perché rimanga nella sua originaria verità.
Le comunità ecclesiali, come pure ogni singolo cristiano, sono impegnate a trovare i modi più adatti per praticare il digiuno e l’astinenza secondo l’autentico spirito della tradizione della Chiesa, nella fedeltà viva alla loro originalità cristiana.
Questi modi consistono nella privazione e comunque in una più radicale moderazione non solo del cibo, ma anche di tutto ciò che può essere di qualche ostacolo ad una vita spirituale pronta al rapporto con Dio nella meditazione e nella preghiera, ricca e feconda di virtù cristiane e disponibile al servizio umile e disinteressato del prossimo.
Il nostro tempo è caratterizzato, infatti, da un consumo alimentare che spesso giunge allo spreco e da una corsa sovente sfrenata verso spese voluttuarie, e, insieme, da diffuse e gravi forme di povertà, o addirittura di miseria materiale, culturale, morale e spirituale. In particolare, il divario tra Nord e Sud del mondo presenta abitualmente una diversità di condizioni economiche e sociali veramente spaventosa.
A fronte di paesi e nazioni del Nord del pianeta, dove vige un tenore di vita molto alto, intere popolazioni del Sud vivono in condizioni subumane di povertà, di malattia e di miseria.
In questo contesto, il problema del digiuno e dell’astinenza si collega, a suo modo, con il problema della giustizia sociale e della solidale condivisione dei beni su scala nazionale e mondiale. È in questione allora la responsabilità di tutti e di ciascuno: anche la singola persona è sollecitata ad assumere uno stile di vita improntato ad una maggiore sobrietà e talvolta anche all’austerità, e nello stesso tempo capace di risvegliare una forte sensibilità per gesti generosi verso coloro che vivono nell’indigenza e nella miseria. Il grido dei poveri che muoiono di fame non può essere inteso come un semplice invito a un qualche gesto di carità; è piuttosto un urlo disperato che reclama giustizia ed esige che i gesti religiosi del digiuno e dell’astinenza diventino il segno trasparente di un più ampio impegno di giustizia e di solidarietà: “Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non posso sentirlo! Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne” (Am 5,23-24)
Alcuni settori di particolare attenzione: 11. Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza spingerà i credenti non solo a coltivare una più grande sobrietà di vita ma anche ad attuare un più lucido e coraggioso discernimento nei confronti delle scelte da fare in alcuni settori della vita di oggi: lo esige la fedeltà agli impegni del Battesimo.
Ricordiamo, a titolo di esempio, alcuni comportamenti che possono facilmente rendere tutti, in qualche modo, schiavi del superfluo e persino complici dell’ingiustizia:
– il consumo alimentare senza una giusta regola, accompagnato a volte da un intollerabile spreco di risorse;
– l’uso eccessivo di bevande alcoliche e di fumo;
– la ricerca incessante di cose superflue, accettando acriticamente ogni moda e ogni sollecitazione della pubblicità commerciale;
– le spese abnormi che talvolta accompagnano le feste popolari e persino alcune ricorrenze religiose;
– la ricerca smodata di forme di divertimento che non servono al necessario recupero psicologico e fisico, ma sono fini a se stesse e conducono a evadere dalla realtà e dalle proprie responsabilità;
– l’occupazione frenetica, che non lascia spazio al silenzio, alla riflessione e alla preghiera;
– il ricorso esagerato alla televisione e agli altri mezzi di comunicazione, che può creare dipendenza, ostacolare
– la riflessione personale e il dialogo in famiglia.
I cristiani sono chiamati dalla grazia di Cristo a comportarsi “come i figli della luce” e quindi a non partecipare “alle opere infruttuose delle tenebre” (Ef 5,8.11).
Così, praticando un giusto “digiuno” in questi e in altri settori della vita personale e sociale, i cristiani non solo si fanno solidali con quanti, anche non cristiani, tengono in grande considerazione la sobrietà di vita come componente essenziale dell’esistenza morale, ma anche offrono una preziosa testimonianza di fede circa i veri valori della vita umana, favorendo la nostalgia e la ricerca di quella spiritualità di cui ogni persona ha grande bisogno.
Disposizioni normative: 13. Concludiamo la presente Nota pastorale con le seguenti disposizioni normative, che trovano la loro ispirazione e forza nel canone 1249 del Codice di diritto canonico:
“Per legge divina, tutti i fedeli sono tenuti a fare penitenza, ciascuno a proprio modo; ma perché tutti siano tra loro uniti da una comune osservanza della penitenza, vengono stabiliti dei giorni penitenziali in cui i fedeli attendano in modo speciale alla preghiera, facciano opere di pietà e di carità, sacrifichino se stessi compiendo più fedelmente i propri doveri e soprattutto osservando il digiuno e l’astinenza”.
Queste disposizioni normative sono la determinazione della disciplina penitenziale della Chiesa universale, che i canoni 1251 e 1253 del Codice di diritto canonico affidano alle conferenze episcopali.
1) La legge del digiuno “obbliga a fare un unico pasto durante la giornata, ma non proibisce di prendere un po’ di cibo al mattino e alla sera, attenendosi, per la quantità e la qualità, alle consuetudini locali approvate”.
2) La legge dell’astinenza proibisce l’uso delle carni, come pure dei cibi e delle bevande che, ad un prudente giudizio, sono da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi.
3) Il digiuno e l’astinenza, nel senso sopra precisato, devono essere osservati il mercoledì delle ceneri (o il primo venerdì di Quaresima per il rito ambrosiano) e il venerdì della passione e morte del Signore nostro Gesù Cristo; sono consigliati il sabato santo sino alla veglia pasquale.
4) L’astinenza deve essere osservata in tutti e singoli i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 o il 25 marzo).
In tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità, si deve osservare l’astinenza nel senso detto oppure si deve compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità.
5) Alla legge del digiuno sono tenuti tutti i maggiorenni fino al 60° anno iniziato;
alla legge dell’astinenza coloro che hanno compiuto il 14° anno di età.
6) Dall’osservanza dell’obbligo della legge del digiuno e dell’astinenza può scusare una ragione giusta, come ad esempio la salute.
Inoltre, “il parroco, per una giusta causa e conforme alle disposizioni del vescovo diocesano, può concedere la dispensa dall’obbligo di osservare il giorno (...) di penitenza, oppure commutarlo in altre opere pie; lo stesso può anche il superiore di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, se sono clericali di diritto pontificio, relativamente al propri sudditi e agli altri che vivono giorno e notte nella loro casa”.
don gigi di libero sdb
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