Il sig. G.M. mi internetta: «Su un settimanale a larga diffusione, trovo questa didascalia: “D’estate comanda la leggerezza”. Cosa ne dice?»
Del giornale che pubblica una simile frase, in senso – pare proprio – confermativo, e addirittura laudativo, non sapendo di che giornale si tratti, non so cosa dire, tanto più che si parla di didascalia.
Mi fermo solo alla frase, così come suona nel suo valore verbale, al di fuori di un qualsiasi contesto che ne specificasse un altro significato.
Come suona, quindi, la frase afferma che la leggerezza (ma di vestiti? di costumi morali? di vita?) comanda nell’estate. E ancora una volta: l’estate come periodo meteorologico o turistico o vacanziero?
La risposta a questi tipi di domande non sarebbe facile, se non venisse in aiuto tutto un mondo massmediale (dai giornali illustrati alla tv e all’internet) di considerare l’estate come periodo spensierato dell’anno.
Frasi di quel genere, infatti, anche se non letteralmente eguali, se ne sono trovate almeno a centinaia ogni anno e soprattutto quest’anno, dopo lo scossone dell’11 settembre. Sembra ci sia stata la parola d’ordine: «Dimenticare le Torri Gemelle e i rischi che ancora incombono!»; quindi: vacanze spensierate.
Come si sa, le organizzazioni turistiche – viaggi, soggiorni, ospitalità: intere regioni e località – avevano sentito il peso di quel terrore ed è ovvio che il business cercasse rimedio. Una mentalità vacanziera «di leggerezza», cioè spensierata, certamente aiuta; e, per quanto attenta a non rischiare troppo, qualche passetto ulteriore sui limiti della prudenza, permette di farlo.
Dobbiamo dunque dire che chi «comanda» anche «d’estate» è il business?
Diciamo pure di sì, anche se è ben difficile che uno s’accorga d’esserne vittima e lo riconosca.
Ma il discorso deve andare un po’ più in là.
Per quanto, probabilmente, nella sostanza, il diffondere la mentalità – cioè la «moda» – d’un’estate vacanziera spensierata abbia all’origine il business, resta l’aspetto morale di questa mentalità e, di esso, ciascuno è responsabile.
La leggerezza di costuni e di vita è un vizio e non c’è motivo di legarlo all’estate: se è un vizio, resta vizio sempre,d ‘estate e d’inverno.
D’altro lato, per quale ragione potrebbe non essere vizio d’estate? Solo perché in spiaggia si può andare mezzi nudi? Non è lì l’immoralità della leggerezza di costumi e di vita.
L’immoralità di quella leggerezza sta nel non preoccuparsi del piano di Dio sull’uomo. Che l’estate, in un certo senso, offra maggiori occasioni di offendere Dio, venendo meno alla Sua legge, è vero; e una persona «leggera» di testa più facilmente cederà alle tentazioni, con la sciocca accusa, appunto, d’essere in estate. Ma il male non sta nell’estate, bensì nella leggerezza.
Ed ecco allora il vero aspetto di tutta la faccenda: senz’altro c’è qualcuno che cerca di diffondere la mentalità che la leggerezza è un valore («comanda»). Questo qualcuno deve essere molto in alto e molto forte se quel lavoro di diffusione è così ampio e va al di là – anzi viene dal di là - dei confini dell’Italia: siamo in piena campagna di secolarizzazione.
Come ho già accennato altre volte: chi vuole dominare il mondo e lo domina col potere del business, non può non tener conto che l’unica forza al mondo che si oppone al dio-denaro è la religione, qualsiasi religione; ma da noi, qui in Italia, la religione cattolica. E la grande arma per questa lotta è la confusione mentale: quella frase, cioè quel modo di pensare, è tipico di confusione mentale: cosa c’entra la leggerezza con l’estate e la leggerezza può essere un valore?
Apriamo quindi gli occhi: non siamo in giochetti di parole, di necessità dei media di fare audience: siamo nel pieno di una lotta titanica tra il male e il bene: in una parola: tra il diavolo e Dio.
Chi vincerà: non c’è dubbio: Dio! Ma quando e come?
Il fatto è che tutti ci siamo dentro.
Certamente chi non accetta (non capisce) questo discorso, e magari ci fa sopra i sorrisetti, è vittima di leggerezza, e non è nemmeno tanto intelligente da capire che anche lui c’è dentro e che, comunque, gli conviene vincere lui, per la sua parte, le tentazioni della leggerezza; se vuole trovarsi poi, quando sarà, dalla parte del vincitore.
Cordialmente, sempre a disposizione
p. Nazareno Taddei sj