L'amico prof. B.M. mi internetta: Io prego e prego; e poi non succede niente! Solo credere?
Rispondo: anche Gesu' ha pregato nell'Orto del Getsemani e non è successo niente; o meglio: niente di quello che aveva chiesto, che passasse quel calice amaro. Ma Lui, che ne sapeva qualcosina più di noi, nella sua preghiera aveva precisato: Se è possibile...
Noi ce lo mettiamo quel Se è' possibile? E non dite: Tanto fa, anche a mettercelo non succede niente!
E' vero (forse); ma mettercelo vuol dire mettersi nel giusto sentiero della preghiera.
E qual e' questo giusto sentiero?
Ce lo dice Gesù stesso nel Vangelo (Matteo, 6, 7-15): Quando pregate, non fare come i pagani che credono di essere esauditi per le loro molte parole. Non rassomigliate a essi, perché il Padre vostro celeste sa di che cosa avete bisogno, prima che glielo chiediate.
Ed e' la prima, grande, lezione. Il Padre celeste sa già quello di cui abbiamo bisogno.
Quindi inutile chiedere: se vuole ce lo dà; se non vuole, non ce lo dà nemmeno se lo chiediamo?
Non direi: nella lezione, Gesù non ci insegna a "non chiedere", bensì a cosa chiedere e a come chiedere.
Infatti, in altro testo (Lc 18, 1) egli ha parlato del "dovere di pregare sempre senza stancarsi" (ohi, notate bene, "DOVERE di pregare SEMPRE!..."); ma nel testo di Matteo che ho citato egli continua con queste parole:"Voi dunque pregate così.."ä
Ed ecco come dobbiamo pregare: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano; rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori; e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male (maligno). Se infatti voi perdonerete agli uomini le loro colpe, le rimetterà anche a voi il vostro Padre celeste; se invece non le perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe."
Capito?
C'è veramente da pensarci.
Anzitutto, notiamo che l'unica cosa che Gesù ci fa chiedere per noi - ed è già una grossa lezione - è il "pane quotidiano".
Quel "quotidiano" , dal termine greco "epousion" (che si trova solo nei Vangeli e precisamente in questo testo di Matteo e nel sinottico testo di Luca) ha significato incerto, a seconda che lo si interpreti come derivante da "epi ousia" (ciò che è sufficiente per vivere) o da"ãepion" (ciò che è prossimo, che sta per venire domani, quindi quotidiano).
Ma subito mi chiedo (ed è il secondo passo): Dio non lo sa che ne abbiamo bisogno? e perché ce lo fa chiedere, dopo avere appena detto di non fare come i pagani?
Provo a rispondere. S'è visto dalla etimologia che si tratta una richiesta generica circa la nostra vita: il Padre celeste sa certamente ciò di cui abbiamo bisogno, ma noi non sempre siamo coscienti di dipendere in tutto e sempre dalla bontà del nostro Creatore.
Quindi nel grande gioco della vita, che va dalla lode di Dio e dal trionfo del Suo regno fino all'attuazione che ciascuno di noi ne può e ne deve realizzare attraverso il dovere di verità, di giustizia e di carità, è nostro dovere farne richiesta in una preghiera così ampia e tutt'altro che individualistica come quella che Gesù ci insegna, proprio per superare il nostro individualismo egoistico, umiliandoci in una preghiera che lo supera. In altre parole: noi non chiediamo egoisticamente l'aiuto quotidiano per la nostra vita, bensì lo chiediamo per poter compiere il dovere di carità che comincia da noi stessi.
E allora, finalmente, ecco il grande - praticamente rivoluzionario - segreto o mistero della preghiera, che è poi il segreto o mistero del nostro vivere da cristiani: uscire (per quanto è possibile) dal nostro egoismo; pregare per noi non per quello che ci fa comodo, bensì solo in funzione di quello che dobbiamo fare come creature verso Dio e verso tutto il Creato, particolarmente verso i nostri simili, che sono nostri fratelli e non nostri concorrenti o avversari.
Ma all'atto pratico? E' semplice, anche se non facile: per essere esauditi, possiamo e dobbiamo chiedere solo quello che è conforme alla volontà di Dio, cioè al Suo piano sulla vita nostra e su quella di tutta l'umanità. E' qui il significato di quel "se è possibile" di Gesù nel Getsemani.
Possiamo chiedere certo che finiscano le persecuzioni e le guerre, in quanto queste sono contro il piano di Dio e non perché ci danno fastidio; possiamo chiedere aiuto in una malattia o pena nostra o di nostri cari, ma se ciò "è possibile" e non per una soddisfazione egoistica, bensì se e in quanto ciò ci rende più atti al servizio divino e al bene dell'umanità.
Capisco: è un discorso duro, al quale non siamo abituati (se non forse a parole); ma è intransigente. Non solo, ma è anche estremamente confortante e tranquillizzante, qualora ci siamo sforzati di entrare nella dimensione divina. In altre parole, Dio è tutto e noi, in tutto e sempre, dipendiamo da Lui, che ci ha creati e che ci mantiene in essere; ma che è anche il nostro Padre e Madre e Fratello. Bisogna sforzarci di metterci su questo piano, ma con sincerità e lealtà.
Così tutta la nostra vita, nella sua concreta realtà e senza tante parole, diventerà l'attuazione concreta e pratica di quel "dovere di pregare sempre senza stancarci", anche quando dormiamo, anche quando ci divertiamo, anche quando gustiamo dei doni che Dio ci ha dato.
E saremo tranquilli nelle braccia di Dio, come il bambino nella braccia del papà anche su un abisso.