Domenica scorsa, 22 settembre, il Vangelo della 25° domenica dell'anno liturgico ricordava la parabola degli operai della vigna: tutti avevano ricevuto come compenso un denaro, indipendentemente dalle ore di lavoro; compenso che il padrone aveva concordato con i lavoratori delle prime ore. Alla protesta di costoro, il padrone aveva risposto piuttosto duramente che questo era il compenso pattuito e che non avevano ragione di lamentarsi se egli aveva voluto essere buono anche con gli ultimi.
Il sig. B.G. mi internetta: "Non le sembra che i sindacati avrebbero qualcosa da dire sul comportamento di quel padrone?".
Rispondo: A lei non pare che Gesu' avrebbe qualcosa da dire a quelli (sindacati o nono sindacati) che avessero eventualmente qualcosa da dire? Per quanto mi riguarda, già a priori io starei dalla parte di Gesu' e non da quella di quegli eventuali sindacati.
E non per disistima dei sindacati stessi (tutt'altro, però quando funzionano come devono, nati come sono per la vera difesa dei lavoratori e non per altro); bensì per poche ma precise ragioni.
Eccole:
1. Il Vangelo, cioè Gesu', si propone la difesa di tutti gli uomini in vista della vita terrena ma anche e, soprattutto, futura nell'aldilà; il sindacato invece si propone la difesa (sia pur giustamente) di una sola categoria di uomini, gli oppressi e gli sfruttati, e per la sola vita terrena. E ancora: Gesu' basa la sua azione sulla collaborazione tra tutti gli uomini, di qualsiasi condizione, ceto, colore, religione; azione che si attua secondo le leggi della verità, giustizia, carità, nella libertà; il sindacato, invece, si basa sulla lotta di classe, esulando (spesso di proposito) dalle leggi di Gesu' e anche, anzi, contrastandole.
2. Il padrone del Vangelo aveva stabilito un preciso contratto con i primi operai assunti: un denaro di compenso; e lo ha rispettato. Non solo, ma ha dato lo stesso compenso, di sua spontanea volontà, anche a quelli assunti dopo. Egli ha dunque rispettato gli accordi secondo verità e giustizia e, inoltre, s'e' comportato, nella libertà, anche secondo carità. Quelli che criticano quel Vangelo, o non capiscono i discorsi della giustizia vera e della carità non pelosa, oppure sono accecati da una mentalità contorta ed erronea: verità e' quello che dico io o il partito; giustizia e' quello che fa comodo a me; carità e' quello che io esigo, anche senza ragioni, dagli altri quando ho qualche bisogno.
3. Il Vangelo e' nato ben prima dei sindacati e ha alle spalle tutta l'esperienza positiva di venti secoli "nonostante gli imperdonabili errori di alcuni suoi non degni rappresentanti"; esperienza valida per tutti i secoli, perché impostata sulla natura dell'uomo e delle cose. I sindacati hanno solo l'esperienza di poco più di un secolo e non sempre positiva (sia pure anche per causa di suoi non degni rappresentanti), impostata secondo le necessità di quei tempi; non possono pensare di adottare gli stessi sistemi di lotta anche per i nostri tempi, che sono cambiati.
Concludendo, la parabola del Vangelo non c'entra con i sindacati. Il discorso dei sindacati, invece, (pur limitato nella sostanza e prescindendo da quella parabola) e' valido e anche necessario, ma non puo' prescindere dalle leggi del Vangelo, pena l'isterilirsi e diventare addirittura dannoso proprio nel confronto degli scopi per i quali, giustamente, e' nato e continua a vivere.
Cordialmente,
P. Nazareno Taddei sj