È fuori discussione che la colpa e il perdono facciano parte del nostro quotidiano in famiglia e fuori. È testimoniato anche sul piano letterario dalle tragedie greche di Sofocle, dallo scrittore russo Dostoevskij e dal poeta e drammaturgo Shakespeare.
Un fatto analogo si riscontra anche a livello di psicologia: a volte i bambini, dopo una mancanza, si attendono una punizione per tornare a vivere in serenità in famiglia. Anche gli adulti, specialmente in famiglia, non sanno darsi pace finché non dimostrano con parole e gesti di essere pentiti.
Si può quindi parlare della colpa come di un dato primordiale, e della espiazione come di un bisogno profondo della propria anima, specialmente in certi momenti dell’anno come il Natale, la Pasqua, il primo dell’anno, per sentirsi leggeri e riconciliarsi con l’altro.
Tutte le religioni sono consapevoli del fatto che le colpe intaccano i nostri rapporti con Dio; quindi si deve domandare perdono con la preghiera, con riti di purificazione, sacrifici, oppure con opere di carità.
Nella religione greco-latina la riconciliazione significa far cambiare atteggiamento agli dei irati, per mezzo di azioni umane espiatrici- Il concetto biblico di espiazione si differenzia essenzialmente da quello pagano perché le esperienze del peccato nell’Antico Testamento, col passare del tempo fanno apparire sempre meno possibile il ritorno spontaneo di Israele a Dio.
Il processo di rovina, messo in moto dalla rottura dell’alleanza, si poteva arrestare.
È necessario quindi presentare a Dio un’espiazione, che non è punizione, bensì salvezza per la persona.
Interpretare la morte di Gesù come espiazione, come attesta Paolo nella lettera ai Romani 3,25 (“Giustificati gratuitamente per Sua grazia mediante la Redenzione che è in Cristo Gesù”), significa che l’uomo, che si è reso colpevole, non deve più essere spinto dalla paura, torturarsi o sentirsi scomunicato per la sua colpa, ma essere cosciente che, per mezzo della morte di Gesù, la sua colpa può essere tolta e lui venirne liberato.
In base alla concezione moderna della persona ci si pone la domanda se una tale solidarietà di Cristo con noi peccatori sia concepibile.
La risposta deve essere ricercata nella concezione che vede in Gesù il rappresentante autorizzato, da parte della creatura diventata nemica di Dio, a realizzarla. In questo modo, la morte di Gesù per tutti diventa il fondamento per la riconciliazione di Dio nel mondo.
Di fronte al nostro mondo non ancora riconciliato con Dio e pieno di contrasti interni, non ci si può lasciar andare a nessuna entusiastica illusione. La frase di Paolo (2 Cor. 5,19) non proclama una condizione di un mondo riconciliato, ma dice piuttosto che Dio da parte sua si è inclinato verso la sua creazione vivente in stato di inimicizia con Lui, e ha fatto un’offerta di riconciliazione a favore di tutto il mondo.
Tutto dipende dalla volontà di ciascuno di noi se accettiamo l’invito di Paolo (2 Cor. 5,20) “Riconciliatevi con Dio”. La realizzazione della riconciliazione ha luogo non tanto nella giustificazione del singolo, quanto nella fattiva convivenza della comunità. Purtroppo di fronte a questo messaggio ci rattrista lo scandalo della divisione dei cristiani in Chiese che si combattono a vicenda. Il Vangelo della riconciliazione non si limita alla sola comunità cristiana, ma al mondo intero, specialmente al mondo africano, iniziando dal pane quotidiano prima ancora che dal pensiero.