La liturgia della Parola di questa quarta domenica di quaresima ci invita a fissare lo sguardo su Gesù che innalzato sulla Croce ci attira a Sé e ci mostra il cuore misericordioso del Padre. Le tre letture sono un invito a meditare e riconoscere l’amore fedele di Dio per l’uomo e per il mondo: amore che salva, che fa passare dalla morte alla vita.
Nella prima lettura, all’esilio, conseguenza del peccato, Dio risponde con l’intervento liberatorio per mezzo del re persiano Ciro. Nella lettera agli Efesini siamo introdotti nel cuore di Dio, ricco di misericordia e di amore che «per il grande amore con il quale ci ha amati ci ha fatti rivivere in Cristo».
Il vangelo di Giovanni ci mostra la misura dell’amore di Dio per l’uomo: il dono di Suo Figlio. Se ci chiediamo cosa significhi amare, la risposta nel vangelo è in un umile verbo: dare. Il Padre ha dato il suo Figlio. Il Figlio dà la vita. Il vangelo però, ci invita a riflettere anche sul dramma della libertà dell’uomo che può chiudersi al dono, preferire le tenebre alla luce. L’amore di Dio si offre, non si impone, raggiunge la nostra libertà e noi possiamo dire di sì e di no.In ciascuno di noi c’è questa lotta interiore (Rm 7,7-17ss): contesi tra menzogna e verità, paura e fiducia, egoismo e amore. È la lotta della nostra libertà che è possibile vincere se leviamo lo sguardo e lo teniamo fisso sul Figlio dell’uomo innalzato che ci dona la vita eterna, quella vita pienamente felice che l’uomo desidera come compimento della sua umanità. Un modello di umanità compiuta e felice, possiamo contemplarla in S. Giuseppe di cui ricorre la solennità liturgica tra qualche giorno. Giuseppe, lo sposo di Maria, l’uomo del sì, che nel silenzio ascolta e obbedisce alla parola, ci mostra l’esito del cammino dell’uomo che confida nel Signore: fare esperienza delle grandi opere che Dio compie nella vita degli umili che a Lui si affidano.