Oggi, solennità del Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio che si fa (cioè “diviene” realmente) “carne” con tutte le nostre fragilità, miserie e povertà, sento di dover privilegiare tra le persone cui augurare gioia e serenità del cuore, quelli che, leggendo queste semplici riflessioni, disertano comunque le nostre festose Celebrazioni liturgiche.
Auguri di cuore a coloro che si sentono lontani dal Vangelo e non andranno a Messa nemmeno a Natale!
Non si tratta di una trovata emotiva dell’ultimo momento.
Preparando questa predica mi ha conquistato un pensiero che sono convinto sia più vicino proprio a questi nostri fratelli e sorelle.
Si tratta di questa espressione del Vangelo di Giovanni che viene proclamato nella Messa di Natale:
“E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (GIOVANNI, 1, 14)
Due parole attirano l’attenzione: carne che esprime ciò che è legato alla terra, debole e caduco, l’uomo nella sua finitezza, esposto alla morte, cioè il tipico modo di essere umano in confronto a tutto ciò che è divino; e “tenda” che parla di un Dio che piantò la sua tenda, si accampò proprio tra di noi e in noi!
Mi viene in mente il gran da fare di tanti gruppi scout che ho osservato nei nostri oratori: per loro il campeggio è un momento privilegiato, magico: si danno da fare tutto l’anno per prendere confidenza con le loro tende, si allenano a montarle, le curano in ogni dettaglio … poi, giunti al luogo previsto, scelgono con cura certosina il luogo giusto, protetto ma anche prescelto perché per loro è quello giusto per accoglierli, difenderli, farli vivere con amicizia e gioia.
E penso: Dio a Natale ha fatto proprio così con noi, singoli e umanità intera, per scegliere il luogo giusto per accamparsi e trovarsi a suo agio, magari anche se in definitiva non accolto ….
È meraviglioso, non vi pare?
Dice davvero tutta la novità e la straordinaria rivoluzione di futuro che è contenuto nel nostro semplice augurio: Buon Natale!
Le vere epifanie di Dio sono nella storia, nella quotidianità.
Si perché la “tenda” …
… è anche simbolo di povertà, di provvisorietà, di mobilità, di continua novità
… è segno di un Dio che si fa viandante con l’uomo
… è visibilità di un continuo incontro
… è vita di mobilità e di itineranza
… è abitazione agile e portatile, che si può piantare dove si ritiene opportuno e non condiziona la ripresa del cammino
… è coesione del gruppo e accoglienza dell’ospite
… è Dio nomade che cerca l’uomo e l’uomo esule che torna a Dio
… è il luogo dell’intimità e dell’amore
… è agile e leggera: vi si mettono solo poche cose, quelle essenziali, quelle di cui non si può fare a meno
… è un luogo modesto, semplice, aperto a tutti
… è un luogo accogliente in cui tutto è condiviso
… è un luogo dinamico, provvisorio: è per chi è in cammino, per chi ha una meta da raggiungere ….
Tutto questo non lo speriamo e desideriamo solo noi credenti nel celebrare con solennità l’Eucarestia del Santo Natale …
È un sogno che condividiamo con tutti, con gioiosa speranza, e che soprattutto vogliamo augurare ai nostri fratelli e sorelle che, credenti o no, si trovano nella solitudine, nella sofferenza, nell'angoscia di non riuscire più a sperare … o semplicemente sprofondano nell'amarissima rassegnazione di dare ormai per scontata una vita senza senso, l’indifferenza, il cieco individualismo e la solitudine e il vuoto frutto di egoismo.
Per tutto questo vorrei oggi gridare con speranza a tutti: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”: prova amico mio a incontrare un Dio così!
BUON NATALE!
Un pensiero a SANTO STEFANO, lapidato perché fedele annunciatore di Gesù, che la Liturgia ci fa ricordare esattamente il giorno dopo il Natale di Gesù.
Volentieri lascio la parola al nostro sempre amato papa Benedetto XVI:
“Ogni anno ci sorprendiamo che alla dolcezza del giorno di Natale segua il colore rosso sangue del primo Martire, Stefano, accostando così la primizia della nuova nascita con la primizia del martirio.
La liturgia della Chiesa è realista e dà spazio a tutte le umane espressioni, senza lasciarci indulgere a forme di sentimentalismo.
La vicenda di gioia e di dolore espressa nella vita di Gesù continua nella storia della Chiesa e dei suoi testimoni; dopo averla letta nel Vangelo, la vediamo riflessa nei suoi discepoli e seguaci.
Santo Stefano è il primo notevole rappresentante di un cristianesimo vissuto.
Primizia del fuoco della Pentecoste, egli rappresenta la novità del cristianesimo che si propone in un ambiente.
«Pieno di grazia e di potenza, faceva grandi prodigi e miracoli tra il popolo».
Possiamo ben pensare all’azione di carità, della quale gli apostoli avevano incaricato i sette diaconi, e all’energia e chiarezza della parola.
I suoi oppositori ‘non riuscivano a resistere alla sua sapienza ispirata’; la sua parola, che annuncia un fatto presente, non può essere sconfessata; quindi non resta che abolirla. In che modo?
I suoi oppositori evitano di ascoltarla turandosi le orecchie. E subito la eliminano con la violenza. Nel martirio, Stefano è ancora immagine di Gesù: si affida a Lui come Gesù si consegna al Padre, e perdona i suoi uccisori.”
don gigi di libero sdb
gigidilibero@gmail.com