“Le mie pecore ascoltano la mia voce”. Gesù si definisce pastore di pecore. La metafora è trasparente: quelle pecore siamo noi, acquistate, diciamo così, dal loro padrone, Dio Padre, con il prezzo del suo sangue. Egli afferma che quel gregge è suo.
1. Sarebbe interessante saper come si comporta Gesù pastore e d’altro canto come si comportano le sue pecore. Per quanto riguarda queste ultime le risposte sono tante quante sono le pecore, perché non ce n’è una uguale ad un’altra. Ci sono quelle che ascoltano la sua voce e lo seguono, altre che si sbandano e più o meno volontariamente si perdono tra i dirupi dei monti. Alcune apprezzano l’erba fresca dei prati in cui le accompagna, senza smarrirsi neppure attraversando selve oscure perché si fidano di lui che le difende dai lupi e li libera da ogni pericolo. Forse ci sono anche alcune che non si lasciano trovare quando egli le cerca per caricarsele sulle spalle e riportarle all’ovile, ma egli è paziente e fiducioso: le aspetta senza abbandonarle mai. Molte accettano l’invito di ‘mangiare alla sua mensa e di bere alla sua coppa’. Tutte le pecore sono dotate di gradi diversi d’intelligenza e volontà. Il pastore invita, incoraggia, ma non forza alcuna. Fa intravedere che ascoltandolo si troveranno bene e si realizzeranno come persone (perché quelle cosiddette ‘pecore’, fuori metafora sono persone!), ma purtroppo alcune non si fidano di lui e scelgono di appartenere ad un altro gregge e d’essere pascolate da un altro pastore, che in realtà è mercenario.
2. Il comportamento di Gesù Pastore è presto detto: egli è il Buon Pastore. Così si è definito. Avrebbe potuto certificarsi secondo verità l’Onnipotente, il Padrone del cielo e della terra. Ma a quel punto chi avrebbe avuto il coraggio di ascoltare il suo invito a seguirlo? “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la vita per le sue pecore”. Non mi meraviglio che egli abbia scelto di dare la sua vita sulla croce in obbedienza al Padre e per amore dei suoi fratelli e sorelle. Quelli e quelle erano le pecore che egli amava fino a dare la vita per loro. Mantenne la promessa. E lo fece senza esibizioni tipo: Io ho fatto questo per voi e voi cosa fate per me? Egli ha fatto così e a chi lo contempla in croce mostra mani e piedi crocifissi e costato trafitto e con dolcezza infinita sussurra: “Se vuoi, vieni e sèguimi”. Egli ha bisogno che qualche sua ‘pecora’, addolorata con lui e come lui che molte si siano smarrite o siano in pericolo di smarrirsi, lo aiuti a cercare le smarrite e ad aiutare le deboli a non smarrirsi. Potrebbe fare tutto da solo, ma vuole associarsi pastorelli e pastorelle amici che s’impegnino a fare propri i suoi sentimenti e le sue preoccupazioni. “Vi farò pescatori/pastori di uomini”. Non riuscirete a essere tali con le sole vostre buone forze: “Io resterò con voi. Non abbiate paura. Ho altre pecore che non sono in quest’ovile: anche quelle ne faranno parte”.
La quarta domenica di Pasqua è detta del Buon Pastore: adesso abbiamo inteso il motivo per cui la liturgia l’ha definita così.