Il mistero Dio - di Don Gigi Di Libero sdb
Una presenza attiva nella storia dell'umanità
15/01/2011
Nei giorni che seguono la festa solenne del Santo Natale, i credenti vengono invitati dalla Parola di Dio che si proclama nell’Eucarestia a meditare in profondità il mistero Dio che si fa presenza attiva nella storia dell’umanità e nella vita di ogni uomo, per farsi nostro compagno di viaggio e così condividere, accompagnare e salvare ogni umana azione ed evento.
In questa domenica sono stato colpito dalla figura di Giovanni Battista, presentato nel Vangelo, che dà la sua testimonianza umile ma ferma al vero Salvatore: Cristo Gesù.
Sento che la nostra società, ciascun uomo credente o no, comprenda oggi più che mai che ogni presenza umana è una testimonianza di cui possiamo godere o che a volte trascuriamo e facciamo scomparire dalla nostra coscienza per superficialità, o disattenzione, o per calcolo.
Comunque ognuno di noi è un testimone e tutta la nostra esistenza una testimonianza.
Si tratta di prenderne coscienza e di assumere la responsabilità di questa nostra possibilità comunicativa e relazionale, soprattutto in riferimento a ciò che riteniamo più essenziale e importante nella nostra esistenza, per non svenderlo nella banalità e nell’indifferenza.
Non posso non riferirmi a due espressioni di Mahatma Gandhi che ci obbligano ad una seria riflessione:
“Io amo e stimo Gesù, ma non sono cristiano. Lo diventerei se solo vedessi un cristiano comportarsi come lui”.
"Il cristianesimo è una magnifica religione, peccato che ci siano i cristiani".
La realtà ci convince che tutti gli uomini, qualunque cosa credano e sognino, fanno davvero fatica ad essere testimoni e testimoni credibili: mi permetto di trascrivere alcuni esempi che ho trovato in diverse pagine di internet:
• quanto coraggio ci vuole per andare a messa la domenica quando in casa nessuno ci va;
dedicare del tempo gratuitamente per gli altri quando gli amici si divertono;
fare delle scelte diverse quando tutti la pensano uniformemente!
• Colui che annuncia Cristo va spesso contro corrente, come se il messaggio della gioia e della pace proposto dal Vangelo andasse contromarcia rispetto al messaggio facile e compromettente del mondo!
• Quanto è scomodo sentirsi ‘persona insolita’!
L’istinto sarebbe di confondersi nell’anonimato della massa per essere come tutti, compromettersi come tutti e come tutti andare dietro al... gregge!
• Mi sono sempre chiesto perché i cattolici si vergognino di essere tali;
• perché quando qualcuno ci chiede «Cosa fai domani?», noi ci vergogniamo di dire «Vado a Messa» oppure «Vado in parrocchia»?
• Eppure accendendo la radio o la televisione mi capita spesso di sentire persone che dichiarano tranquillamente di essere buddiste, islamiche, ebree, oppure di essere atee o agnostiche; loro non si vergognano, anzi lo dicono come se fosse la cosa giusta da fare. Ma come … loro parlano liberamente delle loro religioni e noi invece ci vergogniamo di Gesù?
• Se parlo con franchezza della mia fede e delle mie convinzioni, mi sono reso conto che la gente in effetti ti disprezza, anzi peggio, prova pena per te, per te che magari gli dici «Io prego il rosario» o «Io faccio l’animatore di un dopo cresima», per te che ti fai il segno della Croce prima di iniziare a mangiare ad un ristorante.
• … mi ha ferito molto sentirmi deriso.
Possiamo ben comprendere le esigenti ma essenziali richieste di un vescovo, in suo testo di spiritualità: la vera testimonianza, soprattutto del credente nei confronti della propria fede, non può non apparire segnata da due paradossi:
il primo è quello di tenere insieme unite radicalità (non viene dall’uomo e non si può piegare ai gusti del mondo: di qui la radicalità) e quotidianità (non è una proposta eccezionale per persone eccezionali).
Il secondo paradosso fa rimare perfettamente franchezza (nel testimone deriva dalla coscienza di verità del vangelo: “Io non mi vergogno del vangelo”) con dolcezza (sempre pronti a rendere ragione della speranza che è in noi, ma questo va fatto “con dolcezza” [1Pt 3,15]).
Vorrei invitare chi ha avuto la pazienza di arrivare sin qui nella lettura di questa “predica” a confrontarsi, infine, con queste due splendide e provocanti citazioni:
«Dov’è il tuo Dio?
Io lo confesso dinanzi al mondo e dinanzi a tutti i suoi nemici quando nell’abisso della mia miseria credo alla sua bontà, quando nella colpa credo al suo perdono, nella morte alla vita, nella sconfitta alla vittoria, nell’abbandono alla sua presenza colma di grazia.
Chi ha trovato Dio nella croce di Gesù Cristo sa come Dio si nasconda in modo sorprendente in questo mondo, sa come sia massimamente vicino proprio là dove noi lo pensiamo estremamente lontano.
Chi ha trovato Dio nella croce perdona anche a tutti i suoi nemici, perché Dio ha perdonato a lui» (D. Bonhoeffer, MEMORIA E FEDELTÀ, p. 40).
Come Ratzinger aveva spiegato a Peter Seewald nel 1996 (IL SALE DELLA TERRA, PAGINE 146-147), testimoniare la fede cristiana voleva dire “porsi fuori da questo strano consenso dell’esistenza moderna”.
Per i moderni Dio può anche essere, ma non può esserci, deve mantenere caratteristiche ineffabili di tipo orientale, New Age, non può “contare nella condotta degli uomini”, perché “la responsabilità di fronte a Dio e al suo giudizio è sostituita dalla responsabilità dinanzi alla storia, all’umanità”, e alla fine non v’è alcuna istanza di responsabilità al di fuori dell’opinione pubblica, dei suoi giudizi e dei suoi tribunali (che possono essere atroci)”.
don gigi di libero sdb