Quando non c'è discernimento - di Mons. G.B. Chiaradia

Chi fa il male ma non viene punito, come potrà mettersi a servizio del bene?

20/10/2009
Fa parte della natura umana la dote di distinguere tra bene e male. La Bibbia inizia proprio da questo pensiero.
«Dall’albero della conoscenza del bene e del male non ne devi mangiare perché nel giorno in cui ne mangerai morirai». (Gen. 217).
Il rapporto con la comunità rese necessario, fin dalle origini, la formulazione di norme da osservare per vivere in modo ordinato. Chi non si attendeva ad esse si poneva contro la comunità, come Caino che scelse il male sociale.
Ecco la coscienza, quell’istanza della persona che esercita un ruolo determinante quando si tratta di decidere se osservare o meno le norme morali e sociali.
La persona che non fa buon uso della coscienza si presenta come colui che, senza alcun riguardo per gli altri; segue solo i suoi istinti: è un egoista, un solitario, vive solo di se stesso, anzi è pericoloso perché vivendo solo di sé, o prima o dopo, distrugge qualcosa o addirittura qualcuno.
Una premessa per quanto sto per dire.
Da decenni sono titolare, come Parroco in La Spezia, della Chiesa dei SS. Giovanni e Agostino, piccola, ma densa di storia.
Esisteva già alla data del 1558 perché un documento del Vescovo di allora prescriveva che era necessario restaurarla. Nel 1772 fu ingrandita e abbellita. Forse la Chiesa primitiva era priva dell’attuale cupola e la sua entrata principale era quella che ora è la porta laterale.
L’entrata della Chiesa, al centro della facciata, ha un portale di legno di castagno a due ante, sulle facce esterne sono infisse sei formelle di bronzo con la vita dei SS. Giovanni e Agostino, opera realizzata nel 1990 dallo scultore Marcello Tommasi.
Il portale dell’entrata laterale della Chiesa, in legno di castagno, reca, su entrambe le facce delle due ante, quattordici tondi di bronzo con bassorilievi che raffigurano le Stazioni della Via Crucis realizzate nel 1944 dallo scultore Leone Tommasi (1903-1965), padre di Marcello.
L’interno della Chiesa è denso di storia e di arte. Appena entri ti colpisce l’altare che non è quello originale costruito tra il 1500 e il 1700, ma che conserva i primitivi marmi bianchi, con eleganti racemi intarsiati in marmo nero; al centro domina la Croce sovrapposta ad un cerchio, simbolo del cielo, racchiusa da un quadrato, simbolo della terra.
Un grande crocefisso ligneo, opra di scultore ignoto del 1700, è sospeso in alto sopra l’altare mediante catene fissate nel tamburo.
Al centro dell’abside la «Madonna del sufragio»: dipinto a olio su tela, attribuito a Domenico Fiasella (Sarzana 1589, Genova 1669) o alla sua scuola.
Il quadro, intenso ed espressivo, rappresenta, in alto, la Madonna con il Bambino, S. Giovanni Battista e alcuni Angeli, in basso le anime del purgatorio, S. Teresa d’Avila che versa acqua sulle fiamme da una brocca.
Questo è ciò che si presenta quando entri e che ti obbliga a pensare che cosa sei e dove sei.
Ma quando esci dalla Chiesa ti accorgi di quello che non avevi notato quando sei entrato. Tutti i muri perimetrali della Chiesa sono pieni di scritte, scarabocchi, grandi disegni che qualcuno pensa possano essere arte Naif, cioè primitiva, spontanea, naturale. Ma non è quello il luogo per presentarla.
Le Pareti della Chiesa devono essere rispettate e coloro che esercitano la giustizia ci devono pensare.
Il silenzio, il rimanere inerti di fronte a tanto scempio, a tanto dispregio della legge è un fatto grave.
Inoltre, in quella piccola piazza, si consumano altre gravi violazioni della legge.
Ecco Paolo (1 Rom. 12 ss). «Non regni il peccato nel vostro cuore mortale, così da obbedire ai suoi impulsi… come offriste le vostre membra in servizio all’immondezza e alla iniquità, così ora offrite le vostre membra in servizio della giustizia».
Ma quella gioventù notturna se non viene educata ed anche castigata, sarà capace di mettersi in servizio della giustizia?
Mons. Giovanni Battista Chiaradia