Oramai ci siamo: la Quaresima sta per terminare e Pasqua è alle porte.
Verrebbe da cantare «Alleluia!» anticipatamente, ma la liturgia della Chiesa ci esorta ad aspettare ancora qualche giorno ed intanto a riflettere sulla storia di Gesù.
Prima di risorgere, e noi di acclamarlo vittorioso della morte, egli è salito sulla Croce, dove il Padre l’aspettava per offrire al mondo la prova suprema del suo amore per noi.
L’«Hosanna» che oggi gli rivolgono gli abitanti di Gerusalemme è un grido spontaneo di gioia e di riconoscimento che egli è il vero re d’Israele, il Messia promesso dai profeti. Ma quanto durerà quell’entusiasmo? Gesù «conosce il cuore degli uomini»: accetta benigno l’esultanza popolare, anche perché, se tacessero le folle e specialmente i ragazzi, griderebbero le pietre, ma non s’illude. Il trionfo durerà ben poco e pochi giorni dopo si muterà nel grido “In croce!”: da “Evviva!” ad “Abbasso!”.
Ma non terminerà venerdì sera sulla croce la storia del Salvatore, perché la domenica seguente, di prima mattina egli riapparirà vivo ai suoi amici. Gli altri, che non l’avevano accettato da vivo, rifiuteranno di credere in lui risorto.
La sua storia si ripete nella storia di coloro che obbediscono al suo invito: «Venite dietro di me!» Nessuno scoraggiamento, dunque, quando dicono male di noi per causa sua, nessuna illusione se diranno bene di noi, beati noi se ci perseguiteranno come hanno perseguitato lui. Restiamo saldi nella fede con la piena fiducia in lui che ha promesso di rimanerci sempre accanto sino alla fine. La sua fedeltà non verrà meno e manterrà la promessa già realizzata per uno dei due crocifissi al suo fianco: «Sarete con me in Paradiso!».
La domenica delle palme ha dunque due facce, come una medaglia: accettiamo con riconoscenza i momenti di temporaneo successo che il Signore ogni tanto permette affinché non ci lasciamo vincere dal pessimismo (“Hosanna!”) e non perdiamoci d’animo se arriveranno anche per noi i giorni della Passione (“In croce!”), così come sono arrivati per Gesù.
Ma la sconfitta in croce non è stata per lui la sua fine.
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«Osanna!», grida la gente verso Gesù che entra trionfante in Gerusalemme (Marco 11, 9). Tutti, eccetto i suoi nemici, lo esaltano, e specialmente i bambini, pensiamo noi, perché essi quando c’è festa non mancano mai.
Il Maestro ha sempre coltivato per loro speciale affetto e predilezione. Li ha indicati come modelli a coloro che aspiravano a far parte del suo regno; li accarezzava e li benediceva. Quando gli adulti si infastidivano perché «i piccoli disturbano i grandi», egli li difendeva.
Entrando in Gerusalemme sente la gente che canta ma ascolta in particolare i bambini che gridano.
Anche oggi, Gesù, essi si comportano più o meno come quelli del tuo tempo. Per loro tutto diventa un gioco, corrono, gridano, disturbano, fanno danni qualche volta, senza pensarci e senza volerlo nella loro spensieratezza. Nell’incoscienza che li caratterizza, oggi qualche volta parlano male, anche contro di te. Passando per la strada ho sentito qualcuno di loro bestemmiare. Erano piccoli, indifesi, allegri nei loro vestitini leggeri sapientemente strappati. Eppure a più di uno è scappata una bestemmia.
Lo so, tu li perdoni perché non sanno quello che dicono quando ti offendono. Ti conoscono molto poco, non sanno quello che tu hai fatto e sofferto anche per loro, molti non hanno mai saputo quanto li ami perché nessuno gliel’ha detto!
Che fare, Gesù, con questi tuoi cari bambini e ragazzi di oggi?
Tu mi rispondi, forse, chiedendomi dove siano le loro famiglie, i loro educatori, i loro animatori parrocchiali, i responsabili delle loro formazione umana e cristiana.
Le risposte tu le conosci senza che te le dica io!
Vuoi darmi una mano tu per venire loro incontro? Mi offri le tue due mani crocifisse e risorte per aiutare e in parte supplire le persone che li lasciano crescere «sbandati», senza preoccuparsi del loro futuro eterno?
Fiducioso nel tuo aiuto onnipotente, desidero impegnarmi insieme con tanti altri in questa difficile impresa. Sostienici, affinché non ci scoraggiamo di fronte alle difficoltà e perché siamo costanti nella missione di cui oggi c’è estrema necessità.
Amen.
Don Adelio Cola