Un’ultima riflessione sull’umorismo cristiano.
Come poteva san Filippo Neri a consigliare i giovani dell’Oratorio romano a «stare sempre allegri?»
L’ambiente di Roma ai suoi tempi non era tutto sano e felice: mali fisici e morali, errori e peccati riempivano strade e famiglie, chiese e sette ereticali, come è avvenuto e avverrà in qualunque altro tempo futuro.
Eppure: «Scrupoli e malinconia via da casa mia!»
E qualche secolo dopo come facevano i santi sociali dell’Ottocento a rinnovare ed aggiornare i progetti e i metodi di formazione cristiana dei giovani che frequentavano i moderni oratori e collegi educativi? «Giocare, pregare, imparare», indicava San Leonardo Murialdo come obiettivo ai ragazzi dei suoi oratori e collegi.
Nei primi anni del cristianesimo come poteva San Paolo, in un mondo pagano e corrotto, proporre ai cristiani convertiti: «Rallegratevi sempre. Ve lo ripeto, rallegratevi!»
Ma quei santi vivevano fuori del mondo? Si rendevano conto dei consigli che davano e a chi li davano, a cristiani cioè mal visti, calunniati e perseguitati, almeno alcuni, fino a rischiare la vita?
San Paolo stesso come poteva scrivere di «Sovrabbondare di gioia in mezzo a tutte le sue tribolazioni»? Erano con i piedi per terra o volavano in alto come le nuvole?
La risposta è che volavano più in su delle nuvole e osservavano se stessi e tutti gli altri alla luce di Dio. Vivevano di fede: era il loro segreto, che desideravano partecipare a coloro che la Provvidenza metteva loro accanto.
Erano in grado, sostenuti dalla grazia, di essere non soltanto sereni ma felici in condizioni nelle quali chiunque, senza il rifornimento offerto dalla Fede, avrebbe rinunciato a continuare a correre sulle strade pericolose e tragiche della vita.
Le biografie di alcuni santi e sante, vedi Madre Teresa di Calcutta, testimoniano che essi sapevano sorridere a chi li avvicinava, ai buoni e ai cattivi. L’esempio di Gesù riferito dal vangelo era modello di comportamento: il Maestro che sorrideva ai bambini, ai malati e ai peccatori che Gli chiedevano perdono e coraggio di convertirsi.
Riferisco una poesia di F. Faber che potrebbe offrirci un buon pensiero.
VALORE D’UN SORRISO
Un sorriso non costa nulla e rende molto.
Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante ma il suo ricordo è talora eterno.
Nessuno è così ricco da poterne fare a meno.
Nessuno così povero da non poterlo dare.
Crea felicità in casa; negli affari è sostegno.
Dell’amicizia sensibile è segno.
Un sorriso dà riposo alla stanchezza.
Allo scoraggiamento rinnova il coraggio.
Nella tristezza è consolazione.
D’ogni pena è naturale rimedio.
Ma è bene che non si può comprare, né prestare, né rubare,
poiché solo ha valore dall’istante in cui si dona.
E se poi incontrerete talora chi l’aspettato sorriso a voi non dona,
siate generosi e date il vostro,
perché nessuno ha tanto bisogno di sorriso come colui che ad altri darlo non sa.
Don Adelio Cola