Questa domenica inizia la Quaresima. Il mio pensiero corre al deserto dove Giovanni Battista, il precursore di Gesù, ha iniziato la sua predicazione.
Si tratta del deserto di Giuda, a sud della Palestina, descritto nel libro del Deuteronomio, come “grande e terribile, con serpenti velenosi e scorpioni, terreno arido e senz’acqua”. L’acuto contrasto tra il “deserto” e il “seminato”, il “nomade” e il “contadino”, era carico, ed ancora oggi lo è, di frizioni costanti, di lotte fratricide e di guerre.
Il deserto biblico ricorda continuamente la realtà del pericolo, delle asprezze e della morte e costituisce inoltre il rifugio di fuggitivi e di banditi. Perdere la strada nel deserto, dice Giobbe, significa morte sicura.
Tuttavia il deserto biblico possiede una dimensione altamente positiva nel concetto di una pedagogia vecchia quanto l’uomo: quando si passa attraverso il tunnel della sofferenza e dell’impegno anche pericoloso, si raggiunge la totalità della vita. Dopo il periodo della schiavitù in Egitto, Israele incontrò Dio proprio nel deserto e qui, da tribù, da figlio di Abramo, divenne nazione eletta, popolo santo, particolarmente protetto dalla nube di Dio.
Il primo profeta Elia incontra Dio nel deserto.
Infine il deserto diventa il tipo dell’esperienza cristiana, come afferma Paolo, in quanto prova, caduta, riflessione, liberazione. Anche Gesù trascorre quaranta giorni nel deserto, tra digiuno, preghiera e lotta contro le tentazioni.
Nei primi decenni dell’era cristiana, a Qumram, nella zona arida, stepposa, cosparsa di sale del mar Morto, si era formata una comunità che, forse, stanca del regime religioso e politico di quel tempo, pregava, meditava, contestava, commentava la Bibbia per trovarvi lo slancio per un mondo nuovo.
San Giovanni conosceva quel gruppo? Era dei loro? I Vangeli non ne parlano. Certo è che quella gente aveva scelto un sito desertico a 300 m. sotto il livello del mare per riflettere e pregare.
Ora si capisce la presenza di Giovanni Battista nel deserto. A chi predicava? Alla sabbia, alla steppa, ai sassi perché non trovava più ascolto tra la gente. Ma forse predicava a tutti i deserti che l’uomo incontra nei secoli, a tutti coloro che finiscono soli, magari seduti sul letame come Giobbe, a chi è toccato dalla disperazione: a quelli che i sentono nascere dentro l’angoscia, a quelli che brancolano nel buio e non hanno più fiducia in niente e in nessuno, per dire a tutti di stare calmi, di non agitarsi che prima o poi o dopo arriva Uno del quale anche tu, come Giovanni “non sei degno di sciogliere i legacci dei sandali”. Uno di una potenza infinita che ti immerge corpo, mente, cuore, nervi nella Sua vita pericolosa tanto da perderla, ma per guadagnarne un’altra, anche per te