La morte non è solo la fine della vita - di P. Lorenzo Giordano sj

Morire è davvero un salto nel buio?

06/05/2007
Alle prime domande: «c’è chi propone l’eutanasia come forma estrema di carità e quando si può staccare la spina» che riguardano l’eutanasia e l’accanimento terapeutico, ho risposto esponendo nelle mie tre prediche precedenti, con diversi documenti: «tutto quello che riguarda il Magistero della religione cattolica».
 
Il mio problema non è stato chiedermi se chi leggeva credeva o no, ma se era pensante o non pensante. L’importante è che si impari a pensare e a inquietarsi: se credenti, inquietare la propria fede: sarà veramente fondata? Se non credenti, inquietare la non credenza: sarà veramente fondata?
Per terminare l’argomento vorrei sottolineare e commentare due punti sempre riguardanti i documenti presentati.
Il primo sulla morte e il secondo sull’eutanasia. Questo secondo sarà oggetto della mia prossima «predica».
 
La morte non è semplicemente la fine della vita, ma è parte integrante tra le cose del tempo e segna il passaggio al mistero dell’aldilà.
Il più grave problema della vita umana, certamente il più angoscioso, il più oscuro, e il più difficile è quello della morte.
E come è visto dalla fede cristiana? L’amore infinito del Dio Padre per gli uomini, schiavi del peccato e condannati alla morte eterna, quando si sono compiuti i tempi della preparazione della venuta del Suo Figlio, lo ha mandato nel mondo – uomo tra gli uomini – per salvarli dal peccato e dalla morte. La strada che Dio, il Padre, ha scelto per il compimento della salvezza è stata la strada umiliante e dolorosa della Croce. Così Gesù, il Figlio innocente e santo per compiere il disegno di salvezza degli uomini ha preso su di sé i peccati del mondo, subendo una morte terribile e ignomignosa. Ma con la morte accettata e sofferta in favore degli uomini Gesù ha liberato gli esseri umani dalla schiavitù del peccato e della morte e il Padre in virtù della morte di Gesù ha dato agli uomini il perdono dei peccati e la vittoria sulla morte. Cristo infatti morto sulla Croce non è rimasto prigioniero della morte, ma l’ha vinta con la Sua resurrezione. L’ha vinta per sé stesso, ma anche per tutti gli uomini, della cui condizione peccatrice pur restando il Santo di Dio, ha voluto essere partecipe nella misura più totale. Accettando in obbedienza la volontà del Padre, di morire sulla croce Gesù non ha abolito la morte umana che rimane sempre nella sua tragicità, ma l’ha cambiata di segno: da segno negativo del peccato l’ha resa segno positivo della salvezza nel senso che dopo la morte del Figlio di Dio, coloro che uniscono con fede la propria morte con tutte le sofferenze inevitabili, che essa può comportare, alla morte di Cristo sono salvati e partecipano nella vita eterna alla Sua gloria di Risorto. (Due edificanti esempi sono già stati presentati nei precedenti siti, sia quello di Papa Giovanni Paolo II, sia quello del nostro carissimo P. Taddei). Con Cristo la morte perde la sua naturale assurdità. Da morte maledetta, perché per gli ebrei era segno di maledizione la morte in croce, diventa morte redenta, segno di grazia e di salvezza. Tutto questo però avviene nel «mistero» e dunque nella «fede». In realtà le sofferenze, le angoscie, e i timori che accompagnano la morte sono le stesse per il credente e per il non credente, solo che per il credente quando è «cristiano» cioè unito alla morte di Cristo, la sua morte è illuminata dalla fede e sostenuta dalla speranza di partecipare con Cristo alla gioia della risurrezione. Anche se per i credenti è incerta e attraversata da dubbi che causano insignificanza, ansie, angoscie e sofferenze è vinta dalla speranza della vita eterna, che Dio fedele ha promesso a coloro che si affidano al Suo amore. In realtà la morte cristiana non è un salto nel buio, ma la porta che si apre sulla Vita eterna cioè sulla visione di Dio «come Egli è» e sulla partecipazione alla sua infinita felicità. Il Signore doni a ciascuno di noi questa fede e chiediamola ogni giorno per godere della vera vita con Dio che l’Apocalisse (cap. 21, 3-4) così descrive: Dio dimorerà tra i salvati ed essi saranno suo popolo ed egli sarà Dio – con loro. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi: non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate.
È questa la rivelazione cristiana accettata nella fede che esclude completamente l’eutanasia e l’accanimento terapeutico ma diventa accompagnamento del malato da parte di medici specializzati con tutta la medicina palliativa, che riveste grande importanza, da parte di bravi infermieri e famigliari, parenti e amici con assistenza amorevole, condivisione e compassione.
Nella prossima predica l’eutanasia e l’accanimento terapeutico.
 
Cordiali saluti sempre nel caro ricordo del P. Nazareno Taddei sj.
P. Lorenzo Giordano sj