Ma ce ne sono altri, più in basso o a pag. 3,: p.e. «Quell'immagine è un furto vigliacco» di Renato Farina; «Ma no, la realtà va raccontata tutta» di Vittorio Feltri, dove troviamo anche un'intervista di Fabio Santini ad Aldo Biscardi, che scrive: «Non avrei mai trasformato la sua fine [di Scoglio] in uno show»; in netto contrasto con la dichiarazione tutta all'opposto di Feltri e, mi pare anche, se non erro, di Mentana. Qui a fianco, a ds, riporto le sei foto, piuttosto sfocate, ricavate per il giornale, dalla tv che documentano l'avvenimento.
Insomma, come si vede, un'accesa polemica sulla accettazione o non accettazione morale del rappresentare in pubblico eventi incresciosi, ma fortemente umani, come una morte.
Ma anche un bel problema!
Lei che ha una certa esperienza di tv, cosa ne pensa? Cosa avrebbe fatto Lei, se si fosse trovato in quella circostanza?
Rispondo volentieri. Cosa avrei fatto, allora, oggi,non lo so.
Infatti, è anzitutto necessario distinguere tra la teoria e la pratica.
In teoria , il rappresentare una morte in diretta può essere cosa buona o cosa cattiva a seconda delle intenzioni e delle motivazioni che determinano quell'azione: c'è un complesso di circostanze, che ne possono determinare o la bontà o la malvagità: per la bontà , certamente, in primo luogo, la liceità di quella rappresentazione: a che titolo e con quale autorizzazione, si intende compierla? l'individuo rappresentato era o non era consenziente? e, se non lo era, chi ha l'autorità di violarne l'esplicita volontà? Certo i legittimi eredi; ma fino a che punto si estende, oltre i beni materiali, il loro diritto all'eredità?
Per la malvagità , qualsiasi affermazione o insinuazione contraria alla verità dei fatti, come p.e. il caso della ripresa casuale di una morte: caso evidente di falsità.
Problema complesso, come si vede; e da qualsiasi punto lo si guardi.
In pratica , è ovvio che è necessario aver risolto prima il problema teorico; ed è ovvia anche la risposta che ho già dato: «Non lo so!»: non so infatti, oggi, quali sarebbero state le circostanze pratiche e concrete in cui mi sarei trovato. Mi sarei comunque chiesto e debitamente risposto, in primo luogo: chi e con quale autorità mi si chiedeva quell'azione e quali fossero le circostanze che mi si presentavano per poterla esercitare in conformità con la morale cristiana e cattolica.
Problema, quindi, complesso e di non facile soluzione, proprio già in sede teorica. Resta comunque sempre l'interrogativo: chi ti autorizza e a quali condizioni nell'attuarla?
Rispetto, dunque e sempre, dei diritti altrui, compreso il defunto, cominciando da quelli suoi fino a quelli dell'ultimo suo erede, sempre attendendo al duplice aspetto: teorico (la dottrina, valida sempre e per tutti) e pratico (la moralità di una singola azione). Quindi, anche prima di dire «furto vigliacco» andrei piano, salvo l'animo perverso di chi compie quell'azione.
Sempre a disposizione. Molto cordialmente
P. Nazareno Taddei sj