L'elmo di Scipio
Si parte dal celebre elmo citato nel nostro Inno Nazionale, per trarre alcune considerazioni sull'attuale.
25/02/2005
L’amico F.S. mi internetta: «S’è tanto discusso sull’inno nazionale “Fratelli d’Italia”, con quell’”elmo di Scipio”, che non si capisce bene cosa sia. Non so se sia argomento di predica; ma se per caso lo fosse, gradirei che mi dicesse qualcosa.»
Rispondo: non so se le diatribe sul nostro inno nazionale siano argomento per una predica; anzi penso non lo siano, salvo però aspetti particolari, come il rispetto per chi ha gusti diversi dai nostri, chiunque sia, ma particolarmente se persona che per un qualche motivo meriti particolare rispetto; soprattutto, poi, per un inno nazionale che, anzitutto, è fatto di testo (poetico) e di musica, che quindi può piacere o non piacere o lasciare indifferente o per il testo o per la musica o per ambedue o per il fatto che l’uno o altra o ambedue siano considerati di qualità inadeguata all’alta funzione rappresentativa. Tutti elementi ch’è ben difficile assolutizzare sul piano del valore oggettivo, tanto meno del buon gusto (e non si sa, poi, a quale livello), ch’è cosí variabile e per ragioni tanto varie da non poter essere facilmente individuabili.
Discorso diverso, invece, si può fare, parlando di quell’«elmo di Scipio», che si potrebbe anche non capire bene, cosa sia; ma, in questo caso, può interessare una predica circa la personalità morale di quello «Scipio», che nella storia dell’arte troviamo raffigurato in quadri (p.e. di Guardi e di Jean Restout) dal titolo «La continenza di Scipione».
Bene! Allora vediamo quest’«elmo di Scipio» e quella «continenza»
Anzitutto, Scipio è il nome latino, ma qui è detto cosí tronco, per licenza poetica a causa della ritmica; ed è il cognomen di una nobile Famiglia romana, i Publio Cornelio.
Di quel Publio Cornelio Scipione, detto «l’Africano» dopo la vittoria di Zama su Annibale (202 a.C.), trovo a caso il capitolo che gli è dedicato nel volume n° 6 «Eroi e dei dell’antichità, 2ª parte», della collana «Lo sapevi dell’arte», pubblicata da Electa, del Gruppo Editoriale, «L’Espresso» e distribuita recentemente dal settimanale.
L’«elmo», poi, si sa, è un copricapo guerriero. Quindi se quel Publio Cornelio Scipione (±235-183 a.C.) aveva l’elmo, è facilmente pensabile che fosse un militare.
Che, se lí, lo si mette in relazione con l’Italia che dovrebbe cingersi di quell’elmo, perché «s’è desta» [cioè risvegliata] («Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa. Dov’è la vittoria le porga la chioma? ché schiava di Roma, Iddio la creò.»), vuol dire che dovrebbe trattarsi di qualcosa di glorioso legato all’antica storia di Roma e, di riflesso, dell’Italia.
E infatti, nella nostra storia antica, quella romana, appunto, di Scipioni ne troviamo due: il Scipione l’Africano e il Scipione l’Emiliano.
Dello Scipione l’Emiliano, apprendo nel citato volume ch’era nipote dell’Africano, che aveva distrutto Cartagine nel 146 a.C., ponendo cosí fine alla terza Guerra Punica e che «Cicerone, nel De re publica, narra che Scipione l’Africano appare in sogno al nipote mostrandogli il regno celeste che spetta a chi si dedica alla vita attiva e contemplativa evitando le tentazioni dei sensi. Gli umanisti — prosegue quel testo — in seguito interpretarono tale visione come immagine dell’”uomo universale”, sintesi equilibrata di tutte e tre le diverse inclinazioni morali.»
Ed è già una prima nota che può interessare per una Predica.
Ricordo, però, che fin da bambino, nel Trentino (allora, a quel tempo, solo da qualche anno passato dall’Austria all’Italia, dopo la Prima Guerra Mondiale), alle Elementari avevo sentito parlare di Scipione l’Africano come di un grande generale dell’esercito romano, che aveva appunto sconfitto Annibale e fatto vincere i romani (cioè noi italiani, diciamo tanto per intenderci, con qualche saltino di storia e di precisione), alla battaglia di Zama.
Il nostro testo ci informa: «Dopo aver espugnato Nuova Cartagine, in Spagna (209 a.C., cioè sette anni dopo Zama), Scipione riceve insieme al bottino di guerra una bellissima fanciulla, ma, saputo che la giovane è promessa, la restituisce al fidanzato Allucio. Rifiuta quindi i doni presentati come riscatto dai parenti della ragazza e li offre ai futuri sposi.» (v. part. del quadro di Jean Restout, dal titolo «La continenza di Scipione», 1728):
a dx, Allucio che venera Scipione, ringraziandolo d’avergli salvato la fidanzata; a sx la ragazza e ai suoi piedi i doni portati dai parenti per il riscatto.
Ecco spiegato quell’attribuito di «continenza» attribuito a Scipione l’Africano nei quadri di alcuni pittori, compreso il nostro Restout.
E invero quella storia, cosí come ci è stata tramandata, rivela ben qualcosa di maggiore d’un semplice atto di continenza, anche se alla base di tutto quel comportamento c’è proprio quella virtú, il saper cioè dominare il naturale (e consueto, per quell’epoca) istinto, di fronte a qualcosa di superiore e di ben piú grande com’è la legge cristiana e il rispetto del diritto altrui, soprattutto in ciò che riguarda l’amore.
Non stupisce affatto che quello zio, glorioso nell’uso delle armi vittoriose — tuttavia in una mentalità, che le riteneva lecite, se non addirittura doverose — il che può anche essere (ma non necessariamente è sempre) ben al di là di alcune traviate mentalità cristiane contemporanee, piú attente a ideologie a- se non anti-critiane, che al vero pensiero teologico cristiano. E che il Papa parli e gridi pure! tanto è vecchio e malandato…!
C’è quindi più d’uno spazio per una Predica in quell’«elmo di Scipio», pur senza entrare nel merito delle diatribe d’una parte o dell’altra, sia per quanto riguarda valutazioni positive o negative circa l’inno di Mameli e circa l’opportunità d’averle sollevate pro o contro.
Vorrei poi dire «inutile» — ma non lo posso dire, dato qualche accusina qua e là di far politica, anziché religione, in qualche mia presa di posizione —; inutile, dico, precisare che il suddetto discorso è solo morale, senza nemmeno avvicinarsi a un qualsiasi discorso politico, che in questo caso, poi, non mi passa nemmeno per il cervello di toccare, perché non c’entra.
Se ci fosse entrato, sarebbe stato mio dovere toccarlo, perché la religione è ben al di sopra degli altri aspetti e settori della vita umana.
Purtroppo fanno politica, speriamo senza accorgersene, quelli che in nome della giustizia e della carità cristiane (ovviamente malintese), si danno alla collaborazione formale (ch’è poi peccato mortale) a parti politiche chiaramente avulse, se non contrarie, al pensiero di Dio e della Chiesa.
Sempre a disposizione. Cordialmente.
P. Nazareno Taddei sj