Ieri sera (30 settembre), RaiDue ha iniziato un nuovo programma, che pare ben preparato e con tanto buon volere di «qualità»… comica. Gran maggiordomo Gene Gnocchi (che non manca di simpatica vis), con Simona Ventura che presiede una giuria (non ne ho ben capito la funzione) ecc. ecc.. Si propone quale un «varietà satirico, che dà premi “speciali” a personaggi o eventi curiosi dell’attualità».
Accettato con un po’ di bocca buona il livello di qualità, qualche buono spunto di comicità si incontra e anche qualche tentativo di nuova impostazione del Varietà televisivo.
Non vorrei, però, che il livello della qualità civile e culturale adottato si dovesse desumere dal seguente episodio.
Una… illustre «maga», convocata come ospite, si vantava di «miracolare» i suoi clienti, con i suoi artifici. Quel termine «miracolare» ovviamente non trovò consenso in un membro della giuria, la prof. Cecilia Gatto Trocchi, docente universitaria di Antropologia, la quale, con giusta ironia, osò chiedere: «Ma è lei che fa i miracoli?». Alla decisa risposta affermativa della maga, la Gatto Trocchi osservò, più con i gesti che con le parole, che per poter parlare di autore di miracoli occorreva andare ben un po’ più in su, volare... A quel punto, smettendo il suo ruolo comico, il Gnocchi tolse la parola all’antropologa, affermando che «Qui non si accettano provocazioni di quel genere». Chissà, poi, perché e perché «provocazioni» e «di quel genere».
Il termine «miracolo» e derivati si riferisce a precise realtà della vita di ogni uomo, che appartengono però, a un ordine sovrumano, soprannaturale, oggetto oggi dí enorme confusione mentale e di strumentalizzazioni (cui anche la tv dà il suo enorme apporto), soprattutto in questi tempi di quella campagna secolaristica che tende a distruggere la tradizionale mentalità cristiana. Questa, infatti, è l’unico baluardo contro chi vuole il dominio planetario del dio-denaro.
Usando giustamente della sua posizione di giurato oltre che della sua competenza professionale, la prof. Gatto Trocchi ha voluto fare doverosa chiarezza circa quel problema, data appunto la circostanza televisiva, dove quel grosso contributo alla confusione mentale stava avvenendo.
Il buon Gene non ha nemmeno avvertito questo aspetto, che pur coinvolgeva il suo dovere di conduttore della trasmissione.
Ignoranza o complicità?
Gene, purtroppo, non è l’unico che non si accorge di simili aspetti deontologici; ma il numero degli erranti (per certi aspetti delinquenziali) non giustifica l’errore.
Questo errore, poi, si ingrandisce ancor più, se si considera l’enorme scorrettezza compiuta, non solo nei confronti di quella giurata, bensÏ anche in quelli del suo stesso incarico e di quel particolare tipo di trasmissione (satireggiare senza offendere persone ed eventi d’attualità) e quindi dell’ente che glielo ha conferito: Gene ha redarguito — erroneamente oltre che scorrettamente — un giurato nella sua funzione di giurato, che tentava di salvare quel momento in cui la stessa tv rischiava di essere complice dí un errore culturale e sociale e quindi di mancare di sostanziale «qualità».
E allora?
«Scherza con i fanti, ma lascia stare i santi!» vien voglia di suggerire a Gene Gnocchi, con un validissimo e sapiente proverbio trentino. Fa pure la satira nell’ambito umano (secondo verità e giustizia), che sei chiamato a fare e che, grazie a Dio, sai anche fare; ma attento a non bruciarti, entrando in ambiti, che non ti appartengono, che evidentemente non conosci e che non riesci nemmeno ad accorgerti quando ci sono (e mi auguro: non per malafede).
A tutti, poi, penso di poter dire: C’è sempre qualcosa da imparare, oltre purtroppo che da preoccuparsi. Infatti, «Ridendo si castigano i costumi», dicevano gli antichi; ed ecco l’importanza della satira. Oggi, però, occorre aggiungere: «Ma dietro a quel ridere, si può anche nascondere l’offesa alla verità e alla giustizia e senza che uno se ne accorga.»
Sempre a disposizione. Cordialmente
P. Nazareno Taddei sj