Mi permetto in questa “predica” di dare la parola a due testimoni di grande valore sia per i credenti che per chi non crede ma li ha conosciuti e stimati, se non amati.
Circa la solennità di tutti i Santi sentiamo nella liturgia che essi ci sono donati da Dio «come amici e modelli di vita» (Prefazio di Tutti i Santi), ma ci viene ricordato che l’imitazione del modello deve produrre un nuovo originale e non... una fotocopia.
Ecco la prima testimonianza di San Giovanni XXIII, il papa buono che tutti abbiamo amato, così scrive da seminarista nel suo diario: «A furia di toccarlo con mano mi sono convinto di una cosa: come cioè sia falso il concetto che della santità applicata a me stesso io mi sono formato. Nelle mie singole azioni, nelle piccole mancanze subito avvertite, richiamavo alla mente l’immagine di qualche santo cui mi proponevo d’imitare in tutte le cose più minute, come un pittore copia esattamente un quadro di Raffaello. Dicevo sempre se san Luigi in questo caso farebbe così e così, non farebbe questo o quell’altro ecc. Avveniva però che io non arrivavo mai a raggiungere quanto mi ero immaginato di poter fare e m’inquietavo. È un sistema sbagliato. Della virtù dei santi io devo prendere la sostanza e non gli accidenti. Io non sono san Luigi, né devo santificarmi proprio come ha fatto lui, ma come il comporta il mio essere diverso, il mio carattere, le mie differenti condizioni. Non devo essere la riproduzione magra e stecchita di un tipo magari perfettissimo. Dio vuole che seguendo gli esempi dei santi, ne assorbiamo il succo vitale della virtù convertendolo nel nostro sangue ed adattandolo alle nostre singole attitudini e speciali circostanze. (….) Le attitudini particolari del mio carattere, le esperienze, le circostanze, mi portano al lavoro tranquillo, pacifico, al di fuori del campo di battaglia, piuttosto che all’attività pugnace, alla polemica, alla lotta. Ebbene, non voglio farmi santo, sfigurando un discreto originale, per riuscire una copia infelice di altri che hanno un’indole diversa dalla mia»
La seconda testimonianza la traggo da una catechesi del mercoledì (13.04.2011) di Benedetto XVI: “La Chiesa, durante l’Anno Liturgico, ci invita a fare memoria di una schiera di Santi, di coloro, cioè, che hanno vissuto pienamente la carità, hanno saputo amare e seguire Cristo nella loro vita quotidiana. Essi ci dicono che è possibile per tutti percorrere questa strada. In ogni epoca della storia della Chiesa, ad ogni latitudine della geografia del mondo, i Santi appartengono a tutte le età e ad ogni stato di vita, sono volti concreti di ogni popolo, lingua e nazione. E sono tipi molto diversi. In realtà devo dire che anche per la mia fede personale molti santi, non tutti, sono vere stelle nel firmamento della storia. E vorrei aggiungere che per me non solo alcuni grandi santi che amo e che conosco bene sono 'indicatori di strada', ma proprio anche i santi semplici, cioè le persone buone che vedo nella mia vita, che non saranno mai canonizzate. Sono persone normali, per così dire, senza eroismo visibile, ma nella loro bontà di ogni giorno vedo la verità della fede. Questa bontà, che hanno maturato nella fede della Chiesa, è per me la più sicura apologia del cristianesimo e il segno di dove sia la verità. Nella comunione dei Santi, canonizzati e non canonizzati, che la Chiesa vive grazie a Cristo in tutti i suoi membri, noi godiamo della loro presenza e della loro compagnia e coltiviamo la ferma speranza di poter imitare il loro cammino e condividere un giorno la stessa vita beata, la vita eterna. Non abbiamo paura di tendere verso l’alto, verso le altezze di Dio; non abbiamo paura che Dio ci chieda troppo, ma lasciamoci guidare in ogni azione quotidiana dalla sua Parola, anche se ci sentiamo poveri, inadeguati, peccatori: sarà Lui a trasformarci secondo il suo amore.
Ogni anno siamo invitati ad unire alla solennità di Tutti i Santi anche il ricordo di tutti i defunti che ci hanno preceduti nel raggiungere il Cielo.
Benedetto XVI ci aiuta a capire in profondità questo unire nel ricordo e nella preghiere i Santi e i Defunti: “Cari amici, la solennità di tutti i Santi e la Commemorazione di tutti i fedeli defunti ci dicono che solamente chi può riconoscere una grande speranza nella morte, può anche vivere una vita a partire dalla speranza.
Se noi riduciamo l’uomo esclusivamente alla sua dimensione orizzontale, a ciò che si può percepire empiricamente, la stessa vita perde il suo senso profondo. L’uomo ha bisogno di eternità ed ogni altra speranza per lui è troppo breve, è troppo limitata. L’uomo è spiegabile solamente se c’è un Amore che superi ogni isolamento, anche quello della morte, in una totalità che trascenda anche lo spazio e il tempo. L’uomo è spiegabile, trova il suo senso più profondo, solamente se c’è Dio. E noi sappiamo che Dio è uscito dalla sua lontananza e si è fatto vicino, è entrato nella nostra vita e ci dice: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se muore vivrà; chiunque vive e crede in me non morirà in eterno» (Gv 11,25-26).”
Concludo ricordando che Santa Teresina del Bambin Gesù quando morì il suo caro papà (da poco dichiarato santo insieme alla sua sposa da Papa Francesco) scrisse nel suo diario: «La morte del babbo non mi fa l’effetto di una morte, ma di una vera vita. Lo ritrovo dopo sei anni di assenza, lo sento intorno a me, che mi guarda e mi protegge».
don gigi di libero sdb