Cinema Venezia 2001
Sono stato al festival di Venezia: ecco le mie impressioni
16/09/2001
Una Suora di Clausura che mi ha chiesto da dietro la grata: «Perché non fa una predica su questa Mostra? La gente ha bisogno di sapere come stanno veramente le cose!»
Mi ha colpito anzitutto l'apertura mentale di una monaca di Clausura, fuori da tutto e in contatto solo (o almeno soprattutto) con Cristo eucarestia.
Ci ho pensato. Sì, la gente ha bisogno di verità, anche sulla Mostra di Venezia. Mi sono ricordato di quello che avevo scritto per giustificare l'impegno del mio gruppo (tre religiosi e un laico) di dare in internet (www.lunigiana.it/edavbiennale) relazione quotidiana dei film della Mostra: «E' un'opera pastorale, più che culturale; infatti, soprattutto da dieci anni a questa parte, dalla Mostra del cinema di Venezia, si può capire in quale direzione si muova la campagna secolaristica, anche contro la Chiesa. Che peraltro sembra lasci indifferenti i cattolici. Eppure è problema di tutti.»
Una suora di clausura l'aveva intuito da sola, senza sapere nient'altro, della realtà nella quale lavoro da oltre 50 anni.
Sì, ci vuole, una «predica»; cioè un'informazione schietta e anche coraggiosa (perché a dire queste cose - che pur sono vere - ti danno del rimbambito).
Fin dai primi due film di apertura, mi è sembrato di capire che anche quest'anno la Mostra del Cinema di Venezia - contro ogni apparenza - sarebbe stata al servizio della campagna secolaristica, praticamente antireligiosa, planetaria.
L'anno scorso era stata per l'omosessualità, ma molto più timidamente di quest'anno. Quest'anno, più precisamente, mi pare di poter dire che la direttiva è stata quella di contribuire a formare la mentalità che la deregulation, nei vari campi, dall'arte alla morale, è un valore. E per ottenere questo, occorre creare confusione mentale circa quello che succede.
Ovvio, non ho potuto vedere tutti i 174 film proiettati; ma quell'ottantina di film che ho visto personalmente o seguito mediante i collaboratori, conferma quello che mi pare di poter dire.
Oltre che dalla scelta dei film, si poteva sospettare questa direttiva già dal logo 2001 (v. figura 1): figure e anche parole indistinte, appannate, che danno l'idea di vagare, ma non si sa se nell'aria o nell'acqua e tanto meno con quale significato in rapporto alla Mostra.
Altro indice, colto a caso, in una conferenza stampa ripresa dalla tv, il conduttore U.Rossi ha affermato che «secondo una recente teoria fortemente scientifica, il principio di causa ed effetto (caUSalità) non ha più alcun valore, mentre vale quello di caSUalità, p.e. gli amori che scoppiano per caso». Vi rendete conto dell'enorme panzana propinata come verità scientifica? Dove va la scienza, che è «conoscenza sistematica delle cose nelle loro cause», senza il principio di causalità?
Veniamo ai film.
Deregulation, anzitutto, nel linguaggio cinematografico: non più un discorso logico, che porta ragioni e motivazioni, bensì un discorso frammentato, senza collegamento logico; ma soprattutto ogni frammento cerca di dare un'emozione. Il film, quindi, praticamente diventa una somma di emozioni, che giocherà soggettivamente sullo spettatore, producendo però - a seconda di come sarà stato condotto - una certa confusione mentale circa il valore logico delle espressioni e quindi circa i problemi-base della vita.
Questo modo di fare film non è un nuovo linguaggio; bensì è il disordine, è la negazione del linguaggio. Il cinema, infatti, è mezzo di comunicazione di contenuti mentali; usarlo come solo mezzo di riproduzione (visisa e/o sonora), che provochi emozioni senza costrutto logico alle spalle, è mutilarlo, è travisarne la natura.
Non è questa la sede per portare esempi dai film della Mostra. Chi lo desidera, li potrà trovare nelle relazioni che ho e abbiamo fatto nel citato sito di Internet.
Accanto alla deregulation del linguaggio, seguono praticamente quelle degli altri campi: la deregulation è una malattia del vivere naturale dell'uomo.
I film della deregulation soddisfano quelli che hanno già una mentalità guastata e che non sanno più ragionare secondo verità e giustizia. Ne abbiamo esempio anche in quelli che, p.e., nelle ultime elezioni o nei fatti del G8 si sono illusi di far bene, associandosi con gli avversari (talvolta ben camuffati) di Cristo.
Completamente illusi e delusi: che il G8, condotto senza criteri di giustizia e di carità, non possa essere condiviso, il primo a dirlo è stato il Papa; ma il contestarlo con la piazza e con sistemi che non sono cristiani e che, poi, non servono a niente, è stato nella migliore delle ipotesi una spaventosa corbelleria: proprio perché deregulation del pensare e un affidarsi alle emozioni.
I tragici eventi terroristici contro l'America (fig. 2), che vengono annunciati proprio mentre sto preparando questa «predica» (11 settembre 2001), fanno capire fin dove può arrivare la confusione mentale circa problemi reali (la globalizzazione, che va ben regolata, come afferma il Papa) e i modi errati di affrontarli (la contestazione di piazza o i vili bombardamenti di NewYork e Washington: solo quantitativamente diversi da quelli dell'anti-global).
Stiamo assistendo alle lacrime di coccodrillo dei capi delle sinistre italiane, che vanamente s'arrampicano sui vetri per tirarsene fuori. (Fra parentesi dico e ripeto che non si capisce come una parte di cattolici si siano schierati su quella sponda, con una ingenuità che, in molti, diventa peccato!)
Accanto a detta deregulation, a Venezia 2001, s'è chiaramente notato anche un certo favore, non sempre giustificato, dato ai film - diciamo - di sinistra.
Così si spiegano, p.e., le Coppe Volpi per la migliore attrice e il miglior attore date ai due protagonisti del film, tutt'altro che eccelso, di Giuseppe Ferrara («Luce dei miei occhi»), nemmeno comparabili con la recitazione di ben altri attrici e attori, come la Kidman o i protagonisti del film di Payami («Il voto è segreto») o molti altri.
In genere, sono stati favoriti film, finanziati dal governo di sinistra precedente all'attuale, con grossi tentativi di deregulation di linguaggio, che generano praticamente confusione sui problemi della vita.
«Diciamo» (di sinistra), perché la sinistra partitico-ideologica, quella del governo sbalzato via da poco, non è la vera sinistra politica, quella tesa al rinnovamento.
Potrà sembrare per lo meno stravagante pensare che proprio la Mostra d'arte cinematografica di Venezia sia una cittadella della deregulation. I fatti però sono quelli che sono: escluso Eric Rohmer, Leone d'Oro alla Carriera, col suo ultimo film L'ANGLAISE ET LE DUC (it.: La nobildonna e il duca), tutti i film (almeno l'ottantina di cui ho detto, emblematici però di tutta la Mostra) erano o di stile anti-linguaggio o secolaristici (p.e. esaltandone il valore, spesso anche qui più con emozioni che con motivazioni) o secondo gli attuali indirizzi dell'attuale sinistra italiana (p.e. contro l'America; ma sudbolamente, p.e. presentando filmati americani pieni o di sesso o di violenza o anche di vuoto tematico).
Gli avversari della religione e della Chiesa hanno bisogno della confusione mentale della gente per poter mandare avanti la loro campagna planetaria; e far passare per valore il disordine è un enorme contributo alla confusione mentale.
Mi pare ce ne sia abbastanza per giustificare una «predica»: la confusione mentale, esplicitamente provocata, non può essere accettata, tanto meno favorita, da un cristiano. Tutti siamo oggetto di questo terribile inquinamento, ch'è già in atto - poco o tanto - in ciascuno di noi.
Ma va anche detto che dipende da noi difenderci e disinquinarci.
Significa che anzitutto un cristiano deve mettersi all'erta, cioè capire che questa è una realtà negativa che tocca ciascuno e che ciascuno deve affrontare. In secondo luogo, deve imparare il sistema per evitare che i media, con i quali è in contatto ogni giorno (la tv, il quotidiano, il settimanale, il cinema o in sala o in vhs o in tv), gli infliggano una mentalità distorta.
In base all'esperienza, mi pare di poter dire che questo sistema è quello della «lettura strutturale», al punto da ritenere che formarsi a questo tipo di lettura sia un obbligo di coscienza. Non si tratta di essere degli esperti della lettura o dei critici dei media; bensì si tratta di essere informati di cosa come e quando i media ci schiavizzano mentalmente, allontanandoci da Cristo. Ma certamente, almeno un po' di sacrificio è necessario per riuscire a imparare come si fa.
Cordialmente, sempre a disposizione
P. Nazareno Taddei sj