Circa quanto si sente dai media su chi e su come si propone di contestare il G8 di Genova, guardo i documenti come la foto qui accanto(noto: si vede solo la testa, non il resto del corpo e soprattutto quello che c'è nelle mani e nelle grosse tasche). Vi pare sensato pretendere che la polizia sia disarmata e lamentarsi che la città di Genova e i suoi cittadini e lo Stato italiano prendano tutti i provvedimenti, anche severi, necessari a garantire tranquillità e sicurezza.
Idem per chi predica la disobbedienza civile: ma chi li autorizza? Sarebbe delinquenziale lasciarli fare.
La mancanza di severità contro la delinquenza, comunque camuffata, ha già dato i suoi tristi frutti: basti vedere la violenza relativa agli stadi.
Ma, allora, non si può manifestare il disaccordo sul G8?
Certamente! Anzi è doveroso e fortemente doveroso, se abbiamo un po' di fiducia nel Papa, che ha una specola d'osservazione che ben pochi i hanno nel mondo (non dico un po' d'intelligenza, perché in questioni così complesse non è facile sapere bene come stiano le cose).
Ma occorre che il disaccordo sia fatto in modo tale da offrire ragionevolmente dei risultati; e non solo - eventualmente - un po' di rumore.
Mi si dirà che non tutti credono nel Papa. Rispondo: motivo di più per prendere tutte le ovvie precauzioni.
Bene comunque ha fatto il Governo ad accettare il dialogo e dimostrare fermezza contro ogni violenza. E speriamo che avvenga.
Ma vediamo un po' meglio.
Primo punto: anche quelli che non devono bardarsi con tutti quegli elmi e schinieri come antichi guerrieri (e fanno un po' ridere) vengono in molti da lontano: i viaggi costano; devono mantenersi per giorni in una città che non è la loro: spese, tante spese. La domanda è: chi paga?
E perché paga?
Nasce la certezza, più che il dubbio, che paghino forze internazionali, interessate ben più al dominio, che alla beneficenza. E allora, vogliamo proprio essere schiavi di quegli interessi egoistici che intendiamo combattere?
Secondo punto: con quale diritto qualcuno pretende che alcuni Stati non riuniscano i propri rappresentanti per discutere di problemi seri, anche supposto che fosse tutto sbagliato? Ma chi è questo qualcuno? Parolai e menagrane. Possibile che siano proprio loro, così illusi e ciechi, a possedere la verità?
E cosa credono di ottenere solo con un po' di fracasso, che obbliga - come nel caso di Genova - a impiegare forze ed energie che francamente oggi non abbondano.
Tutti sono cittadini di qualche Stato: se vogliono agire veramente per il bene, agiscano con mezzi democratici sul proprio Stato, perché discuta correttamente i problemi nelle riunioni, se del G8, o provveda a farsi presente negli organismi internazionali con indicazioni sagge e oneste.
Terzo punto: qualcuno cita il Vangelo. Anch'io, allora, cito il Vangelo, quando Gesù, rispondendo alla domanda sulla fine del mondo, dice: «Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo Io sono il Cristo e trarranno molti in inganno. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo succeda, ma non è ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi (…). Molti ne saranno scandalizzati ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell'iniquità, l'amore di molti si raffredderà.» (Mt 24, 4-12) Non sembra una fotografia di questi giorni?
Ma vorrei allargare il discorso.
Si parla di «contestazione»; cioè di «lotta» non di «discussione»; si vuole imporre strade perché sono le proprie, non si vuole cercare la strada migliore.
In altre parole, siamo ancora nella «lotta di classe» marxista, non nella cristiana «collaborazione tra le classi».
Ben prima di Marx, la Chiesa aveva già parlato dei problemi sociali. Ricordo - ero ancor bambino - le cooperative cristiane, che avevano affrontato e risolto i problemi che il comunismo italiano più tardi cercò di risolvere con la «lotta di classe». Che cosa ha fatto più di quanto la Chiesa aveva già fatto? Ma di quella parte di storia non si parla.
Voglio dire: con «la lotta di classe» non si risolvono i problemi, mentre si possono risolvere e si risolvono con una, ma corretta e onesta, collaborazione.
Che ci siano stati (e ci siano ancora, nonostante la «lotta di classe», si noti bene) casi di sfruttamento degli operai, non c'è dubbio; ma sono cose che non succedono dove è in atto la «collaborazione» tra le classi. Penso p.e. a certe fonderie della Corea. C'è certo una corruzione del sistema, che nemmeno la lotta di classe riesce a risolvere; anzi, nella mia ormai lunga vita, l'ho vista alimentata, spesso, proprio dalla «lotta di classe».
Basta ragionare: da dove e come può venire la garanzia d'un lavoro onesto e ben retribuito? dal benestare dell'impresa. E come un'impresa può stare bene, quando deve far fronte a una lotta protetta da una legge del lavoro, come l'attuale in Italia, dove sono protetti i fannulloni e, spesso, i delinquenti?
Bene: la contestazione non è altro che lotta di classe: non può risolvere le situazioni.
Lodiamo pure la sincera volontà di molti che, sbagliando, si sono messi nella «contestazione», ma non si può far molto conto sui loro risultati. Ancora una volta, si saranno persi tempo, entusiasmi ed energie. Ne è prova la vita in Italia e nel mondo degli ultimi circa ottant'anni.
Sempre a disposizione, cordialmente
P. Nazareno Taddei sj