Il sig. T.V. mi chiede se è peccato giocare all'Enalotto o comunque ai giochi d'azzardo.
La risposta e': dipende!, cioè non si può dire né sì' né no. Dipende, appunto!
Mi pare che il punto di partenza sia il Primo Comandamento: "Non avrai altro Dio al di fuori di me." Se uno fa del denaro il proprio dio, certamente fa peccato grave ad affidarsi al caso per averne.
Ma il problema non è, poi, così semplice.
Proprio oggi (28 ottobre)"Il Giornale" ha pubblicato la graduatoria dei 10 santi cui molti giocatori fanno ricorso per essere aiutati a vincere all'Enalotto.
In testa c'e' S. Antonio col 20%; al secondo posto c'e' S. Francesco, il santo della povertà, col 17%; poi S. Gennaro con solo 14%; ma all'ottavo posto c'e' anche S. Pietro con un piccolo 4%. E, al proposito, mi chiedo: "Che sia l'effetto della pubblicità del caffè Lavazza?".
Tuttavia, quel piccolo 4% forse fa capire che sono molti quelli che credono che il S. Antonio, santo dei miracoli, valga di più del S. Pietro della tv...; però anche S. Rita, la santa dei miracoli, non va oltre il 9%, comunque, più del doppio del S. Pietro televisivo (e meno male!).
Questo del pregare i santi e' il caso che costituisce il primo aspetto del problema.
Diciamo subito che e' una grossa sciocchezza pregare proprio il santo della povertà (S. Francesco) per avere una montagna di soldi.
Uno dirà: "Lo prego proprio perché anch'io sono povero." No! rispondo io: tu non preghi perché sei povero, preghi perché vuoi essere ricco (ci sono in gioco miliardi per chi vince)!
Quindi, oltre che offendere il santo della povertà - una specie di bestemmia - nella tua testa c'e' un desiderio suggerito non certo dall'amor di Dio, bensì dall'amore per il denaro.
Quindi, in un certo senso, tu preferisci il denaro a Dio; praticamente vai contro il Primo comandamento.
Quindi, se tu fossi cosciente di quello che fai, saresti addirittura un apostata: altro che peccato!
Ma chi mai è cosciente di una cosa simile?
E questo e' proprio l'altro aspetto del problema. Tentare d'avere un aiuto sia pur casuale alla propria indigenza, ma onesto (perché non si ruba niente a nessuno) direi che è lecito. Ma e' lecito anche tentare di avere del denaro sproporzionato alle proprie giuste esigenze? Questo non saprei proprio dire se sia lecito.
Direi invece che dipende dallo spirito col quale si fa quel tentativo: se lo si fa senza danneggiare se stessi o la propria famiglia (come sarebbe affidare al gioco d'azzardo le proprie sostanze) e se lo si fa solo per migliorare le proprie condizioni economiche, non saprei dire perché non sia lecito.
Ma quando si tratta di miliardi che sono in gioco, è ben difficile che il desiderio si limiti a qualcosa di lecito; e ritorna il problema dello spirito col quale si gioca. E lasciamo giudicare a Dio se lo spirito col quale ciascuno gioca sia morale o immorale.
Ma qui subentra un altro problema: il Padre Nostro ci fa pregare "E non ci indurre in tentazione" e S. Pietro (quello vero) nella Sua Prima Lettera (5,8) ci avverte; "Il diavolo tentatore come leone ruggente ci gira attorno cercando chi divorare".
Non sono forse una grossa tentazione quei miliardi che, p.e. l'Enalotto mette in palio? Tentazione di sfidare la sorte, tentazione di cambiare esageratamente i confini che la vita ci ha assegnato, tentazione (in qualche caso) di mettere a repentaglio le proprie sostanze o la serenità famigliare. In una parola, tentazione di mettere il denaro al posto di Dio?
Allora, il caso si ribalta: e' lecito che lo Stato diventi l'artefice di simili tentazioni, che contengono addirittura il rischio di creare vite disgraziate (com'e' già successo). La risposta e' "no" in modo assoluto.
Abolire allora lotterie e cose simili? Ancora "no"! Certamente però nemmeno lasciar andare le cose senza limiti. Il caso dell'Enalotto è, direi, intollerabile: non sarebbe già meglio, p.e., stabilire 50 premi da un miliardo (che sarebbe già moltissimo), anziché un solo premio da 50 miliardi? O cose analoghe anche per tutte le lotterie miliardarie. Forse che non ci sarebbe l'afflusso di concorrenti?
Direi proprio di no, perché (un miliardo sarebbe già troppo per il discorso delle tentazioni che ho appena fatto) di fronte a cinquanta possibilità, al posto di una, d'un premio capace di rivoluzionare una vita, sarebbe altrettanto interessante, ma meno delinquenziale, anche per uno Stato laico. Infatti, anche uno Stato laico, se (forse!) non e' tenuto a badare al morale, e' certamente tenuto al sociale.
E' allora lecito lasciar impazzire qualche milione di cittadini per una possibilità su 150 milioni di reali possibilità? Non e' un prendere in giro? Che s'arrangino, dirà lo Stato.
Certo, che s'arrangino!
In conclusione, giocare è peccato o non è peccato? Il problema è sempre quello dello spirito - diciamo pur cristiano, ma basterebbe anche solo l'umano - col quale ci si comporta.
P.e. volete giocare? Giocate pure, ma oltre che cercare di giocare con uno spirito onesto (1600 lire? va bene; 160.000 lire? pensiamoci; 1.600.000? ahi, ahi!), non mettendo il denaro al posto di Dio, aggiungerei: cercate che non sia tutto e solo egoismo. P.e. come dividereste l'eventuale vincita? "A me e ai miei figli e nipoti", non basta: sarebbe egoistico.
Già prima di giocare, sempre p.e., proponetevi di rendere partecipi, nel caso di vincita, qualcuno che sta operando per il bene dell'umanità.
Sarebbe già un modo per evitare di avviarsi al gioco, non sostituendo il denaro a Dio.