Cristo RE

In occasione della Festa di Cristo Re, si attualizza il concetto di re legato a Cristo

30/11/1997

Il sig. T.G. mi internetta: "Domenica scorsa era la festa di Cristo Re. Non Le pare che in tempi di democrazia sia un po' antiquato e fuori posto parlare di re, anche se Cristo?"

Proprio domenica scorsa era anche la memoria del mio confratello P. Michele Agostino Pro sj, da poco dichiarato Beato.
Mentre lo fucilavano, in Messico, nel 1936, gridò "Viva Cristo Re". Era l'anno in cui il Signore mi chiamava (con... violenza) alla Compagnia di Gesù io non ne avevo proprio voglia; ma la notizia di quel grido mi aveva impressionato e forse mi aiutò ad accettare la chiamata dopo qualche anno di lotta.

Una pura coincidenza, ma certamente quel grido ha un suo significato.
Torniamo alla domanda, che ha un indubbio interesse di attualità e quindi merita risposta.

La risposta l'ha data proprio Gesù nel vangelo di quella festa: Sì, sono re! - ha risposto a Pilato che glielo chiedeva - Ma il mio regno non è di questo mondo! (Gv 18, 36) Democrazia o monarchia sono parole - o sistemi - di questo mondo (e ci accorgiamo di quanto ben scarso valore abbiano, nella concreta realtà). Gesù è fuori da queste faccende!

Ma val la pena di vedere un po' meglio cosa vogliano dire "re" o "regalità", anche fuori dei sistemi politici attuali."

Il concetto di "re", per il vocabolario, è "capo di una monarchia", cioè il tipo di governo in cui i supremi poteri sono nelle mani di una sola persona o da sola (monarchia assoluta) o con istituzioni che le sono affiancate nel governo (monarchia costituzionale).

Ma il concetto di "re" si applica anche, metaforicamente, a chi supera ogni altro per doti particolari (p.e. re dei cuochi, re della foresta).
La festa di Cristo Re è stata istituita dal Papa Pio XI con l'enciclica "Quas primas" dell'11 dicembre 1925, dove ne daâ le ragioni che qui cerco molto sommariamente (e un po' liberamente) di riassumere.

E' interessante vedere come quel concetto si è sviluppato nei secoli.
Fin dall'antica Grecia, si nota il passaggio dal concetto di un re universale, divino (in greco ãanaxä=signore divino), a quello di un re terreno ("basileus"=essere re, dominare).

In Omero, il re è il legittimo signore ereditario di un territorio più o meno vasto, il cui potere viene fatto risalire a Zeus; poi, nelle vicende della nobiltà che prende in mano il potere, si afferma il nome di "tiranno", cioè colui che è arrivato al potere in modo illegittimo.

Per gli Ebrei , il vero re del mondo è Jahvé; ma nel contatto con tanti popoli che avevano un re e le loro "guerre sante", dove Jahveâ stesso combatteva con loro, nacque la tradizione di linea monarchica, secondo); concezione contrastata dalla linea teocratica, partendo da Gedeone, della tribù di Manasse ("Io non voglio regnare su di voi (...) Jahvè eâ il vostro sovrano!"), giù giù attraverso Osea, il profeta antimonarchico (Os 3,4; 7, 1 sg. [p.e. al 3: "Con la loro malvagità rallegrano il re e con le loro menzogne i principi."]; 13, 1sgs), fino al popolo che invoca: "Dacci un re che ci governi, come è in uso presso tutti i popoli" e il Signore risponde: "Hanno ripudiato me, perché io non regni più su di loro!" (1 Sam 8, 5-7).

A Jahvè viene attribuito il concetto di ãmelekä (=sovranità di Jahvè); mentre i re terreni vengono indicati col concetto di ãmalkutä (=sovranità in senso profano, contrapposta a quella di Dio), che un poâ alla volta viene attribuito traslatamente anche a Jahvè come al Signore di tutto.

Nel Nuovo Testamento, nella traduzione dei LXX, alle parole di radice ebraica ãmalakä (essere re, dominare) si sostituisce i termini "basileus" (re, dominatore) o "basileia" (regalità), che spettano di pieno titolo a Dio.

I potenti profani sono considerati "re della terra", coloro che si oppongono a Dio e al suo Messia: da Faraone all'imperatore romano;
solo Davide (come re scelto da Dio e antenato di Cristo) e Melchisedec (come prototipo del sommo sacerdote Cristo) sono visti favorevolmente.

C'è dunque una chiara distinzione tra i re "di questo mondo" e il "re" che non è "di questo mondo"; vale a dire: il ""regno di Dio" è il "regno di Cristo" sono un territorio ben diverso dai regni "di questo mondo".

Ed ecco l'avvicinarsi, fin quasi a confondersi, i concetti di "regno di Dio" e "regno di Cristo": si confonderanno alla fine dei tempi quando tutte le creature e tutto il creato saranno nel pieno dominio di Dio Creatore e Redentore.

Gesù Cristo, infatti, è "re", perché "tutto è stato creato per mezzo di Lui" (v. immagine del Pantocrator = creatore di tutto): come in uno specchio infinito (il Verbo, che, incarnato è Gesù Cristo), Il Padre eterno vede l'infinita sfaccettatura della Sua unità nella miriade delle cose possibili e, con la Sua potenza, le crea, conservandole continuamente nell'essere.

Ecco perché si dice che "tutto è stato creato per mezzo di lui": perché - diciamo così - è Lui che ha inventato tutte le meraviglie infinite come numero, ma non uguagliabili, nemmeno nel loro complesso passato, presente e futuro all'infinità di Dio.

Si pensi alla gestazione del cosmo durato circa 20 miliardi di anni, nel cui ultimo miliardo, si snodano i milioni di anni in cui è cominciata la vita, prima nelle acque e poi si è sviluppata sulla terra e nel cielo, fino a quando, timidamente, è apparso l'uomo "fatto a immagine e somiglianza di Dio", cioè dotato di intelligenza e di libera volontà e non solo di vita vegetativa, sensitiva e di meravigliosi istinti. Gesù Cristo di tutte queste miriadi di meraviglie è il re, perché è in Lui, il Verbo, che si sono formate le loro immagini e Lui, Dio, col Padre, ha dato e ne mantiene l'esistenza.

Ma Gesù Cristo è "re", anche, perché, per redimere l'uomo che aveva preferito i "basileus" e i "tiranno" al posto dell'"anax", aveva scelto i "malkut" al posto del melek, ha lasciato le infinite sedi celesti e si è incarnato - fatto cioè uomo in tutto simile a noi, fuorché il peccato, ma sensibile come noi alle bellezze e alla bontà sparsa nelle creature, riflesso dell'Infinito.
Ha pagato con la vita il riscatto per tutti.

Siamo in un altro piano! Democrazia e monarchia in senso politico non hanno più sapore. Dio-Cristo è il re assoluto, che lo si ammetta o non lo si ammetta.

Ma Egli è anche Quello che ha pagato con la vita la nostra redenzione. In quel "nostra" ci siamo dentro tutti: io, ciascuno di voi. Cristo è il mio re, può e deve dire ciascuno.

Ed è un re vero, reale; non fasullo come spesso gli uomini delle democrazie e delle monarchie terrene. Ci si trovano, però, anche santi, perché hanno capito che il vero Capo era Lui.

Quindi ripetiamo col beato P. Pro: Viva Cristo Re e chi ci vuole sparare per questo, spari pure: noi siamo Suoi;

Sempre a disposizione. Cordialmente.

P. Nazareno Taddei sj