Il brano del vangelo di questa XXIX domenica del tempo ordinario focalizza la sua attenzione su due scene principali. Nella prima parte c'è una richiesta di gloria futura da parte dei figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni; nella seconda parte viene fuori l'indignazione degli altri discepoli con conseguente chiarimento di Gesù sul vero significato della gloria nell'ottica di Dio: 'Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti'.
Tutto parte da una presa di posizione: 'Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo'. Sembra una richiesta assurda e fuori luogo: Dio deve fare quello che dico io. Eppure è, molto spesso, il nostro modo di pregare, il modo più diffuso attraverso cui la maggior parte degli uomini si rapporta a Dio. Magari, teoricamente, sappiamo anche che la vera preghiera è entrare in relazione con Dio per discernere, comprendere e vivere il progetto che Dio ha disegnato per me, ma, a conti fatti, spesso la nostra preghiera ha i toni dei figli di Zebedeo: 'Maestro, fai quello che dico io!'.
Ciò che ci sorprende è la conseguente domanda di Gesù che sembra essere anche interessato alla loro richiesta: 'Cosa chiedete?'. Questa domanda esprime il modo di agire di Dio. Pur nella certezza che l'approccio di Giacomo e Giovanni non è il migliore, Gesù parte proprio dal loro desiderio per entrare in relazione con i due. Così agisce Dio: nella sua tenerezza, misericordia, dolce paternità, cerca strade di incontro con l'uomo partendo dal buono di ciascuno, da quello spiraglio che ognuno di noi lascia all'opera di Dio, a volte inconsapevolmente. Nei nostri desideri c'è sempre qualcosa di buono, anche se non lo sappiamo. Così Dio parte da queste tracce di bontà cercando di fiutare ogni piccola fessura da trasformare in occasione di incontro con ogni uomo.
Accanto ad ogni desiderio, evidentemente, è collocata la realtà dei fatti. E le due cose non sempre coincidono. Spesso accade che il nostro desiderio diventi un trampolino di lancio verso la frustrazione nel momento in cui rappresenta un obiettivo irraggiungibile o lontano dalla nostra realtà. Affinché la vita dell'uomo sia espressione di pienezza è necessario che il desiderio incontri il disegno di Dio. La necessità di questo incontro è espressa da Gesù: 'Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati'. C'è un disegno di Dio che è sempre nascosto tra le pieghe della realtà: a volte ridimensiona il desiderio, a volte lo arricchisce, altre volte lo elabora e trasforma. Così Dio ci porta alla sua gloria, partendo dal nostro desiderio ma rendendolo omogeneo con quella realtà della nostra vita che è il disegno di Dio per noi e che è ciò che di più bello l'uomo possa pensare per sé. La pienezza della vita è il punto di incontro tra il desiderio dell'uomo e il disegno di Dio espresso dalla realtà di ciascuno.
In questo modo si comprende la bellezza del servizio, espressa nella seconda parte. Ci può essere un desiderio di essere serviti. È il desiderio di chi non possiede la vita, ha paura di perderla e, di conseguenza, la chiede ad altri. C'è chi invece possiede la propria vita e, di conseguenza la può donare. La realtà, la consapevolezza del possesso della propria vita, incontra il disegno di Dio e trasforma il desiderio dell'uomo: la vita vera si trova nel donare ciò che si possiede, nel donare la vita.