«Dio non ha creato la morte…ha creato tutte le cose perché esistano». (Sap 1,13-14)
Il confronto tra la vita e la morte attraversa la liturgia della parola di questa XIII domenica del tempo ordinario, e ci invita ad accogliere nella fede la rivelazione del Dio della vita aprendo il cuore alla speranza.
Il libro della Sapienza afferma chiaramente che Dio è il Dio della vita, che ha «creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura» (Sap 2,23) e che la morte non è frutto della sua volontà, (Gen 1,1-2,4a) ma frutto dell’invidia del diavolo. Nel brano del vangelo odierno, Gesù entra nelle situazioni di morte, le tocca e si lascia toccare, se ne fa carico, le vince, e dove la morte sembra prevalere, ridona vita. Una donna che da dodici anni perdeva sangue (= perdere vita) con un gesto audace e disperato, contravvenendo alle prescrizioni della Legge (Lv 15,19-30) tocca il mantello di Gesù. Gesù riconosce la forza uscita da lui, cerca quella donna, la aiuta a riconoscere ciò che le è avvenuto: non una semplice guarigione, ma un evento di salvezza («figlia, la tua fede di ha salvata»). Nel dialogo con Giairo, Gesù invita questo padre a continuare ad aver fede anche dinanzi alla notizia ineluttabile della morte della figlia. Gesù, prende per mano la bambina, la “tocca” nella sua morte, e la invita ad alzarsi con verbi e che appartengono al linguaggio della resurrezione. La dimensione pasquale è fortemente sottolineata in questo segno che Gesù compie. La risurrezione di Cristo è per ogni credente la risposta di senso allo scacco della sofferenza e della morte. Gesù riscatta le lacrime e le ferite dell’umanità, aprendole alla speranza e alla vita. Egli assume l’irreparabilità della morte perché l’assume nella sua croce e la vince nella sua risurrezione. La chiesa, fondata sugli Apostoli, sotto la guida di Pietro e del suo successore, continua a fare risuonare nel mondo, dove spesso logiche di morte sembrano prevalere, questo annuncio di speranza nel Dio della risurrezione e della vita.