Mentre dal suo letto in corsia d'ospedale Manuel risponde «Carpo diem» alla mia banale domanda «Come stai?», chi m'accompagna corregge sottovoce: «Carpe diem».
Il terzetto «Come stai? Carpo diem, Carpe diem» eseguito sulla medesima tonalità 'in minore' con volume sonoro diverso, 'sottovoce-mezzo forte-pianissimo', sembra contraddire l'evidenza, anzi la speranza d'un malato terminale.
«Risponde sempre così!», commenta l'infermiera.
«Sa quel che dice», aggiungo io.
Conosco i suoi sentimenti. Quante volte abbiamo confrontato le nostre convinzioni sulle 'cose' importanti della vita: perché il dolore degli innocenti, perché la sottile cattiveria di 'persone dabbene', perché tacere e perdonare anche quando verrebbe voglia di...!
Ma allora tutto andava per il verso giusto: gli studi, le nostre famiglie... Non parliamo poi della salute! Nessun problema, nessuna preoccupazione per il futuro... lontanissimo!
Adesso le cose sono cambiate: circostanze, condizioni personali, interminabili tempi vuoti in attesa di... niente di buono. Il primario ha detto che quello che poteva fare l'ha fatto! Il futuro non è in mano sua!
«Lo so!», rispose calmo Manuel quel giorno e si raccolse in silenzio.
«L'ho trovato assopito con la corona in mano», mi dice piano l'infermiera uscendo in corridoio.
Non mi sono meravigliato della confidenza, perché conosco Manuel malato. Mi ha detto tante volte, quando stava bene e tutto andava bene, che prendeva tutto dalle mani di Dio. M'aveva detto anche che aveva 'firmato in bianco' il foglio della sua vita. Il Signore poteva scriverci sopra quello che voleva, quello che sarebbe stato il meglio per lui.
Quando sono uscito dall'ospedale, ho riflettuto sul suo «Carpo diem!». Sono convinto d'averlo interpretato nel significato da lui inespresso: la sua non era la rassegnazione laica e fatalistica del filosofo, ma l'illuminata 'indifferenza' di S. Ignazio di Lojola: accettazione amorosa della Volontà di Dio quando le cose vanno bene e anche quando sembra che vadano male.
Don Adelio Cola