DI CHI LA COLPA… di mons. Giovanni Battista Chiaradia

… delle disgrazie naturali? …

03/11/2013

 

Quando succede qualche disgrazia di grandi dimensioni che coinvolge uomini e cose, come è successo in Liguria e in Toscana; (pioggia impetuosa quanto mai, fiumi e torrenti che s’ingrossano spaventosamente, furia di onda melmosa che si riversa su paesi, sommergendo e soprattutto “livellando” e seminando rovina e morte), ci si chiede: “Di chi la colpa”?

E’ una domanda spontanea, sono quegli interrogativi, direi, di “legge naturale” che frullano in testa, che esigono una risposta completa alle due componenti che regolano la vita del mondo; la scienza e la morale.

La scienza si sforza di rispondere con le sue indagini sempre più approfondite; per quanto riguarda la componente morale, tra le tante risposte, mi sembra precisa e sintetica quella che ho sentito pronunciare alle esequie delle vittime di una inondazione: “Non c’è posto per la leggerezza”.

L’uomo redento partecipa del Cristo, con Lui forma una medesima entità e una partecipazione che inizia col Battesimo, si perfeziona con la Cresima e diventa massima con l’Ordine Sacro.

Ebbene, del Cristo, dice San Paolo: “A Dio piacque di far in Lui risiedere tutta la pienezza e, per mezzo suo, riconciliare a sé ogni cosa sia in terra, sia in cielo, stabilendo la pace per il sangue della Croce di Lui”. “Riconciliare ogni cosa”, “ristabilire la pace”, come dice San Paolo, non vuol dire far tendere la creazione a quell’ordine perduto dell’Eden, quando fiumi e torrenti, pioggia e sole, fuoco ed acqua erano solo fonte di benessere per l’uomo, re del creato?

Nella “riconciliazione” il Cristo è unito a noi; noi collaboriamo con Lui, abbiamo il ruolo di portatori della sua Parola di redenzione, non tanto “con la lingua, ma con l’opera e la verità”.

Ebbene, se noi (questa umanità redenta, noi cioè che maggiormente conosciamo il messaggio del Cristo) non sentiamo il dovere della bontà, consci che essa non solo ha una portata individuale, ma un’influenza sociale e cosmica, come possiamo attraversare un paese devastato o una campagna distrutta dall’acqua, senza pensare che, nel disegno di Dio, ci può essere almeno la probabilità che tutto ciò sia stato causato da quella “leggerezza” che tanto facilmente si insinua nel nostro agire e parlare?

O meglio, diciamo così: dopo aver parlato di scienza, di morale, l’interrogativo: “di chi la colpa”? resta ancora senza una precisa risposta, ma si trasforma in un altro interrogativo: “e se fosse mia”? Potrebbe ciascuno pensare: “Ma, oh Signore, c’è qualcosa che mi vuoi dire” ?

Forse ho qualche colpa, forse ti dimentico, non rifletto, non prego, non amo, non voglio vedere la “barca”: la barca che nel mare infuriato è già piena d’acqua e Tu che dormi, oh Signore, a poppa e i discepoli che ti strattonano: “Salvaci, Signore, non vedi che affoghiamo?”.

E Tu che ti svegli: “Ma perché avete paura, gente di poca fede?” E sgrida i venti e nel mare si fa bonaccia.

 Da terra quelli della scienza, uscendo dalle Università con i libri e gli almanacchi guardano e dicono : “Ma chi è costui? Davvero chi è costui?”