In occasione della festa dell’Ascensione, sarà capitato anche a chi sta leggendo di sentire o pensare domande del tipo: Ma come, il Signore Risorto ci abbandona?
Ci lascia soli a combattere e soffrire in questo mondo?
Proprio sul più bello, quando sembrava che il temuto e drammaticamente sofferto fallimento che tutti ormai temevamo fosse definitivo, è stato risolto con tanta gioia e gloria da renderci di nuovo entusiasti e ricchi di speranza nonostante il mondo che ci circonda … Lui se ne và in cielo e ci lascia davvero “orfani”?
Non sarebbe stato più coerente e “incarnato” nella nostra condizione di paura e di rischio, che ci minaccia ogni giorno a causa di nemici esterni ed interni (e non sono i più trascurabili!), rimanere con noi e guidare il nostro cammino con la sua sapienza, con la sua forza di risorto, con il suo amore intimo e profondo che finalmente aveva incominciato a capire e gustare con tanta dolcezza?
Non solo, ma la reazione stessa dei discepoli non è di pianto e di tristezza mista a sconcerto se non proprio a disperazione … al contrario: sembrano tranquilli e ammirati e guardano in su, mentre il Signore sale glorioso e benedicente, sembrerebbe con gioia e con un sentimento di rinnovate energie, quasi da esaltati … e la cosa ci preoccupa non poco …
Mi fermo un attimo, prendo fiato con la ferma intenzione di capire in profondità quanto all’apparenza sembra davvero non quadrare.
Il cuore misteriosamente si allarga e, quasi contagiato io stesso da queste pagine del Vangelo e degli Atti degli apostoli, mi si aprono significati nuovi, coinvolgenti e, a loro modo, esaltanti.
Provo a condividerli con voi lettori, sperando in una comunione di riflessione che aiuti anche noi ad andare avanti con grande speranza, sino alla gioia.
Il Signore “fu elevato in cielo” e sale verso il cielo. Siccome il cielo non era certo per gli apostoli, e anche per noi, il firmamento creato, ma la condizione di beatitudine eterna di essere con Dio Padre, seduto sul trono alla sua destra, il Signore che ascende si illumina di un significando profondo.
È come un provvidenziale dito indicatore che punta sulla vera patria cui Lui e noi tutti in Lui siamo destinati.
Questo “dito indicatore” rimane un segno di salvezza e di orientamento decisivo e risolutorio di tutte le nostre esistenze e dell’esistenza di tutto l’universo e della storia dell’umanità: il fatto è che non siamo fatti per questa realtà materiale, finita e limitata, ma siamo destinati irrevocabilmente alla condizione eterna di felicità in Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Questo segno di orientamento definitivo e che marca il senso definitivo di tutto quello che siamo e aspiriamo a realizzare è la nuova definitiva bussola della nostra esistenza.
Allora il cuore e l’intelligenza si aprono ad un messaggio che prima non percepivo: ricordati di non immiserirti con le cose, il potere, i soldi, i piaceri, le avventure, le sofferenze, le imprese, le aspirazioni, i progetti, i sogni e le orgogliose programmazioni di futuro e di senso che ti dai … Senza accorgerti rischi di rimanere chiuso nella terra quaggiù … magari chiuso nella tua macchina correndo, affannato, per raggiungere non sai bene nemmeno tu che cosa. Ti carichi di ansia e di aspettative, poi di gioia effimera e che ti sfugge tra le dita come la sabbia. Rimani chiuso nella tua scatola di ferro …. Sempre più solo, insoddisfatto fino al limite della delusione e poi della disperazione sino al non senso insopportabile.
Ricorda che sei fatto anche tu per liberarti da tutto … uscire dalla tua macchina … librarti libero e felice verso la vera ed eternamente beata patria dove il Cristo ascende, indicandotela come la tua vera patria!
A questo punto capisco che l’atteggiamento degli Apostoli, apparentemente incomprensibile, era al contrario coerente con il fatto che essi si erano immediatamente ricordato che Gesù stesso aveva loro detto che doveva salire al Padre, che non si scandalizzassero, giacché non scompariva per abbandonarli ma perché se ne andava ma per rimanere davvero con loro in eterno, proprio perché andava “a preparare loro un posto” e ad aspettarli per l’abbraccio eterno della definitiva beatitudine eterna. Sento che è quello che sta capitando a me!
Quell’abbraccio e quel posto preparato per ciascuno di noi ci farà scoprire che tutta la nostra avventura umana ha un senso di salvezza definitivo ed eterno nel progetto di amore di Dio Padre e del Figlio suo che per amore è morto per noi, è risorto per noi ed è asceso al Padre per noi!
Ora appare illuminante ed esaltante l’invito di Gesù prima di essere elevato al Cielo unito alla prima esperienze degli apostoli posta, con semplicità espressiva, come suggello a questa pagina di vangelo: “«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura.» …
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.”
Il Risorto con coraggio e grande fiducia in noi e nella nostra umanità, che lui ha assunto in pieno in ogni sua espressione sino alle più dolorose e sconvolgenti, fu elevato al cielo non per abbandonarci e lasciarci orfani ma per amabilmente spingerci, a divenire in prima persona e come unici strumenti di comunicazione della fede e della salvezza.
Suoi testimoni, storicamente incontrabili e possibili di comunicazione testimoniante per tutti gli uomini di tutte le nazioni e di tutta la storia.
Il Signore sale al cielo e noi siamo costituiti, con una responsabilità inaudita ed esaltante, i soli possibili testimoni umani della fede nel Risorto e nell’amore di Dio incarnato in noi e nelle nostre vite.
Altro che orfani, siamo i suoi testimoni scelti per amore da Lui stesso con una fiducia nella nostra umanità davvero esaltante e divina.
A questo punto un solo pensiero ci deve prendere completamente, quasi come un assillo che sale dal profondo di noi stessi: se non corriamsubito a testimoniare quanto ci è stato donato e consegnato che senso ha la nostra fede, l’essere e dirci cristiani, il nostro andare in chiesa alla domenica, la nostra stessa vita famigliare, lavorativa, di pensiero, di affetti, di sogni e di speranze?
Non possiamo più liberarci dal dubbio che molti nostri compagni di strada che non si dicono cristiani, che vivono nell’indifferenza e senza sogni e fedi, avendo da tempo rinunciato ad ogni sogno di salvezza e di amore che non sia solo materialmente constatabile e dominabile, cambierebbero la loro esistenza se riuscissimo ad affascinarli con la nostra quotidiana esperienza di gioiosa testimonianza che abbiamo incontrato il Signore Risorto che ci ha già preparato un posto e ci incarica di farne pubblicità vera e profondamente umana, vale a dire con la nostra testimonianza di vita serena, anche se provata dalle croci dell’esistenza.
E siamo certi che con la nostra testimonianza il Signore risorto agisce con noi e conferma con la sua presenza efficace il nostro semplicemente umano testimoniare, camminando insieme ai tanti compagni di strada!
don gigi di libero sdb
gigidilibero@gmail.com