Sarà anche per le circostanze esistenziali che sto vivendo, personalmente ma anche in compagnia di tante amiche e amici che sono colpite da malattie e da momenti difficili e burrascosi …
Momenti che non lasciano tregua e ti fanno sentire, nella tua carne, nel tuo cervello e in tutta la tua persona e i tuoi affetti e relazioni, il dolore, la solitudine e, sommessamente, la disperazione sottile e melanconica, ma invasiva e oppressiva.
Sarà per tutto questo, che forse non interessa da vicino chi leggerà questa “predica” un poco strana, ma la pagina della guarigione del paralitico di Cafarnao (Mc 2,1-12) che oggi viene proclamata nelle Messe domenicali mi ha toccato il cuore e la carne!
Gesù sbalordisce tutti perché non si atteggia a maghetto di turno, in cerca di gloria e di facili fans, tanto meno di guadagni immani.
Lui, deciso e meraviglioso, incomincia con guarire e liberare il cuore dell’uomo, infermo e distrutto dalla sofferenza:
“Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati»”. …
Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella e sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
Ogni malato, soprattutto se seriamente e in forma spossante e persistente se non cronica, lo sa bene che è il suo cuore il primo ad essere sofferente, incatenato, spossato, senza gioia e soprattutto senza la gioia di sperare e di vedere la quiete dopo la tempesta nella sua vita.
È il cuore che si ammala per primo e più profondamente.
Ci fa perdere il senso e la voglia di vivere: ci si sente abbandonati, persi, senza l’amore di uno che ti protegga e ti rianimi con la meraviglia del suo amore che da’ vita.
Vacilla il senso profondo di essere amato da Dio … anzi si sente forte la tentazione di ribellarsi proprio contro di Lui: o perché non c’è quando serve davvero, o perché ci ha colpito e non si capisce perché e come faccia ad amarci un Dio così.
Proprio in questi giorni, in occasione della Giornata del malato, sto meditando il messaggio scritto dal Papa Benedetto XVI per tale evento.
Il tema si riferisce ad un evento evangelico molto simile al Vangelo di domenica:
L'incontro di Gesù con i dieci lebbrosi, narrato nel Vangelo di san Luca (cfr Lc 17, 11-19), in particolare le parole che il Signore rivolge ad uno di questi: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!» (v. 19), aiutano a prendere coscienza dell'importanza della fede per coloro che, gravati dalla sofferenza e dalla malattia, si avvicinano al Signore.
Nell'incontro con Lui possono sperimentare realmente che chi crede non è mai solo!
Dio, infatti, nel suo Figlio, non ci abbandona alle nostre angosce e sofferenze, ma ci è vicino, ci aiuta a portarle e desidera guarire nel profondo il nostro cuore (cfr Mc 2 , 1-12).
…. La fede di quell'unico lebbroso che, vedendosi sanato, pieno di stupore e di gioia, a differenza degli altri, ritorna subito da Gesù per manifestare la propria riconoscenza, lascia intravedere che la salute riacquistata è segno di qualcosa di più prezioso della semplice guarigione fisica, è segno della salvezza che Dio ci dona attraverso Cristo; essa trova espressione nelle parole di Gesù: la tua fede ti ha salvato.
… La guarigione fisica, espressione della salvezza più profonda, rivela così l'importanza che l'uomo, nella sua interezza di anima e di corpo, riveste per il Signore.
Ogni Sacramento, del resto, esprime e attua la prossimità di Dio stesso, il Quale, in modo assolutamente gratuito, «ci tocca per mezzo di realtà materiali …, che Egli assume al suo servizio, facendone strumenti dell'incontro tra noi e Lui stesso»
«L'unità tra creazione e redenzione si rende visibile.
I Sacramenti sono espressione della corporeità della nostra fede che abbraccia corpo e anima, l'uomo intero»
…. Gesù, nella sua vita, annuncia e rende presente la misericordia del Padre.
Egli è venuto non per condannare, ma per perdonare e salvare, per dare speranza anche nel buio più profondo della sofferenza e del peccato, per donare la vita eterna; così nel Sacramento della Penitenza, nella «medicina della confessione», l'esperienza del peccato non degenera in disperazione, ma incontra l'Amore che perdona e trasforma.
Dio, «ricco di misericordia» (Ef 2,4), come il padre della parabola evangelica (cfr Lc 15, 11-32), non chiude il cuore a nessuno dei suoi figli, ma li attende, li cerca, li raggiunge là dove il rifiuto della comunione imprigiona nell'isolamento e nella divisione, li chiama a raccogliersi intorno alla sua mensa, nella gioia della festa del perdono e della riconciliazione.
Il momento della sofferenza, nel quale potrebbe sorgere la tentazione di abbandonarsi allo scoraggiamento e alla disperazione, può trasformarsi così in tempo di grazia per rientrare in se stessi e, come il figliol prodigo della parabola, ripensare alla propria vita, riconoscendone errori e fallimenti, sentire la nostalgia dell'abbraccio del Padre e ripercorrere il cammino verso la sua Casa.
Egli, nel suo grande amore, sempre e comunque veglia sulla nostra esistenza e ci attende per offrire ad ogni figlio che torna da Lui, il dono della piena riconciliazione e della gioia.
Veramente un papa e un amico “Benedetto! … Benedetto! …” come gridano, con gioia, i giovani delle GMG!
Termino con questa preghiera che mi è giunta oggi in una e-mail:
ALLA MADRE DEGLI INFERMI
(trovata nella chiesa di La Roche-Pozay)
Rimani, Maria, accanto a tutti gli ammalati del mondo,
di coloro che in questo momento, hanno perso conoscenza e stanno per morire;
di coloro che stanno iniziando una lunga agonia,
di coloro che hanno perso ogni speranza di guarigione;
di coloro che gridano e piangono per la sofferenza;
di coloro che non possono curarsi perché poveri;
di quelli che vorrebbero camminare e devono restare immobili;
di quelli che vorrebbero riposare e la miseria costringe a lavorare ancora.
Di quelli che cercano una sistemazione meno dolorosa nella loro vita e non la trovano;
di quelli che sono tormentati dal pensiero di una famiglia in miseria;
di quanti devono rinunciare ai loro progetti più cari per il futuro;
di quanti soprattutto non credono in una vita migliore;
di quanti si ribellano e bestemmiano Dio;
di quanti non sanno o non ricordano che il Cristo ha sofferto come loro.
don gigi di libero sdb
gigidilibero@gmail.com