Il Santo Natale - di Mons. G.B. Chiaradia
La santità della festa: un concetto che svanisce
24/12/2010
È un vocabolo ancestrale, nasce con l’uomo. In greco “osios – ardire, tentare”- significa uscire dal consueto, dal banale, superare il limite al di là dello spazio e del tempo.
È una voce che si trova in Omero nel significato di ciò che è conforme alla Provvidenza divina. Così, per Platone, “osios” ha valore per diritto divino.
E nel Natale di oggi scompare anche la fantasia giocosa: la Befana non porta più i doni e la cicogna i bambini.
Anche Dante non stupisce più nella sua inventiva dell’aldilà, neppure il Manzoni col suo “Addio monti….”.
Con ironia e noia lo studente legge, nell’Orlando Furioso, che “l’ippogrifo volava con Astolfo verso la luna”.
Lo storico delle religioni ha a disposizione molti esempi di simbolismo dell’albero, visto come orientamento dell’uomo spinto dalla necessità di trasformare l’orizzontale in verticale, per un respiro più vasto, per un orizzonte ampio, esteso, aperto.
Dispone inoltre di una abbondante documentazione di anelito verso l’alto nelle civiltà precolombiane e americane, nelle culture dei popoli senza scrittura dell’Asia, dell’Africa e dell’America.
Ed è così anche nell’induismo, nel buddismo, molti secoli prima di Cristo.
Tale universalità mostra che siamo in presenza di simboli essenziali, primordiali che donano molteplici livelli di riflessione che nascono dal simbolismo dell’albero, bisogno di ascesa dell’uomo, spinto dalla necessità di trasformare il caos in cosmo e di avere una protezione che superi l’orizzontalità quotidiana.
La fantasia di quel respiro diventa, nel tempo, un concetto: nasce la voce SANTO. Si tenta di definirlo con la mente, di venerarlo col rito, di esaltarlo con la musica e la danza. A lui si offre il primo germe di grano, il primo agnellino, il primo colpo di zappa.
Nasce la speranza che il Santo si faccia vedere, parli con il mondo, diventi storia. Lo si chiama Messia, forma grecizzata dall’aramaico “messhikha”, e indica una persona che è stata solennemente unta per una missione. La forma grecizzata è Messias che Giovanni nel suo Vangelo (1,41) traduce col greco Christòs: da una tensione ancestrale di salvezza dell’uomo primitivo si giunge ad una realtà.
Un’antichissima e universale tradizione ha assegnato al profeta Isaia la speranza, per il popolo ebraico nei secoli duri della storia, che sarebbe giunto un Messia.
Giovanni Battista sarà l’ultimo profeta che lo presenterà al popolo ebraico e quindi alla storia.
Il Messia nasce da una madre come tutte le creature: Maria.
Per questo all’inizio dell’Avvento, nella tradizione, l’8 Dicembre si celebra l’Immacolata Concezione. Non è quindi una parentesi di memoria della madre di Gesù, ma fa parte dell’opera redentrice dell’umanità portata dal Messia.
Maria deve essere sempre vista nella memoria personale e nel culto assieme al figlio come prototipo di una umanità portata al massimo grado di civiltà.
Difatti nel prefazio della Messa della solennità dell’8 Dicembre, da secoli, nella liturgia, di Lei si dice: “Ha segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo, senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza”.
Poetiche parole che indicano due realtà: la maternità verginale e il ruolo essenziale di Maria nella storia della salvezza.
Auguri per un Santo Natale
Mons. Giovanni Battista Chiaradia