Per riposo intendo il momento in cui si sente la necessità di fermarsi a pensare, ad essere attenti a quel lavoro consueto, avvertendo nell'anima un imperativo di stasi, di riflessione, per un momento di «se» del tuo «io» che ti sembra che si stia perdendo nell'altro, negli altri.
Riposo che, nella natura, assume significati diversi.
Secondo alcuni autori, equivale a quiescenza, un latinismo per indicare uno stato di quiete che si trova in natura.
Un esempio l'abbiamo in botanica in cui lo stato di quiete si nota nei semi, nei bulbi, nei tuberi, nei rizomi, nelle gemme nei semi, detto spesso «postmaturazione», quando più o meno a lungo, i semi non possono germinare.
Nella natura umana il riposo, assieme all'alimentazione è l'attività fondamentale per il recupero energetico e soprattutto spirituale. Purtroppo molto spesso il riposo è stato legato ad ozio, rabbia, imprecisione.
Leggo che in Giappone, in molti ambienti di lavoro, è previsto il quarto d'ora di riposo del lavoratore, perché in questo modo la persona possa riposarsi fisicamente e mentalmente, così si può ottenere una maggiore produttività del lavoratore che sarà più vigile, più preciso e calmo.
Purtroppo, molto spesso, questo tipo di riposo è legato ad ozio, a vizio. Non ha il significato di una elevazione della persona che, dopo quel tipo di riposo, possa avvertire in sé un tocco nuovo per rendere più efficace il suo pensare e dire.
Uno sguardo alla Bibbia. Nell'Antico Testamento, se il concetto di riposo, inizialmente, nei primi libri, significa semplicemente «sedersi per riposare», detto dell'esercito dopo la battaglia, ma anche degli stormi delle cavallette e dell'accovacciarsi dei cammelli, ben presto acquistò un senso religioso e salì ad indicare il posarsi dello spirito di Dio sull'uomo e sulle cose (Is. 11,2).
Dio dona il riposo al suo popolo col possesso della terra promessa e la vittoria sui nemici (Giosué 1,13).
Non si è ancora fatta realtà la promessa di un «riposo» ove abiteranno tranquillamente Giuda e Israele in cui ravvedo Palestina e Israele «ognuno sotto la propria vite e sotto il poroprio fico» come recita il primo libro dei Re (5,4 ss)!
Il «riposo del Sabato» (in ebraico Shabbat), greco acquista in Israele una grande importanza. È significativo che il riposo del Sabato non vale solo per una comunità addetta al culto o per un gruppo di previlegiati, anche gli schiavi e le schiave, come pure gli stranieri, anche solo di passaggio, perfino il bestiame partecipano a questo riposo sacro a Dio (Es. 16,23 ss).
Oltre al castigo del lavoro dopo il peccato della prima coppia umana (Gen. 3,17) il popolo privilegiato da Dio, può fare l'esperienza della benedizione del riposo per potersi rallegrare del suo Dio nelle sue opere. Nel tardo giudaismo la parola «anpausis» (pausa di riposo) è il riposo promesso ai discepoli che hanno conservato il senso della «sapienza».
Nel Nuovo Testamento il momento del riposo (Mc. 14,41) tranquillizza la persona irrequieta, così Paolo nella prima lettera ai Corinti 16,18. In Matteo 26,45 il riposo è il ristoro dell'affanno e del tormento.
Nello stesso tempo in cui la letteratura dell'Antico Testamento e dei Vangeli, parlavano del riposo che dona serenità, sorgeva nel mondo della filosofia greca lo stoicismo che parlava del riposo che dona imperturbabilità ed equilibrio.
Sacro e profano d'accordo per trovare nelle ore della giornata il momento della riflessione per sapere chi siamo.
Cordialmente
Mons. Giovanni Battista Chiaradia