Per celebrare la festa di Tutti i Santi la liturgia ci propone di leggere il celebre testo del vangelo di Matteo sulle Beatitudini (cap. 5, versetti 1-12). Beati saranno coloro che hanno creduto alla promessa che Dio ha fatto al suo popolo e a tutti gli uomini – promessa che il loro desiderio e la loro azione per la giustizia o liberazione di questo mondo dal peccato e dal male fatto dagli uni e subito dagli altri, nonostante le smentite della storia, si compirà con l’avvento del regno di Dio inaugurato da Gesù il Messia, il Cristo. Gesù elenca chi sono questi giusti, destinatari del regno di Dio. Sono cioè i poveri in spirito che non combattono per diventare ricchi ma che attendono e operano per conseguire quella ricchezza del regno di Dio che è la solidarietà fraterna universale; quelli che hanno fame e sete della giustizia, o gli operatori di pace, che sono perseguitati in questo mondo perché promuovono la giustizia e la pace.
In breve: beati sono i giusti di Israele e tutti gli uomini giusti che credono al compimento della promessa divina del regno di Dio, cui il Cristo da inizio, che li libererà da ogni sofferenza e ingiustizia di questo mondo di peccato, compiendo il loro desiderio e la loro scelta di operare nella loro vita per la giustizia, per la pace, anche a costo di sofferenze e sconfitte. Non dimentichiamo la promessa di Yahveh ad Abramo e il suo imperativo: esci dalla tua terra e va dove io ti mostrerò, una terra altra da quella in cui stai, terra libera dagli idoli, la patria in cui non sei ancora entrato..ma cammina verso la terra che io ti darò. Non dimentichiamo neppure la parola di Yahveh a Mosè: ho sentito il grido del mio popolo… cui segue la liberazione dalla schiavitù di Egitto, terra di idolatria e terra di faraoni. Va’ dal faraone e digli che lasci libero il mio popolo… non avere paura del faraone, io sarò con te. Non dimentichiamo la parola di Gesù: i re della terra dominano, ma il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita per la liberazione di tutti gli uomini da questo mondo di peccato e di morte.
Comincia a profilarsi la risposta alla domanda: chi sono i santi? I santi sono uomini in carne e ossa che da un lato credono alle parole di Cristo che annuncia il compiersi della promessa di Dio ai giusti di cambiare questo mondo di peccato, di trasformarlo nel regno di Dio, e nonostante le ingiustizie e i mali che subiscono in questo mondo, persistono tenacemente nella loro fede in Cristo e nel regno di Dio e praticano con le loro scelte di vita quanto credono. I santi sono coloro che credono in Dio che conduce il giusto dalle sconfitte temporanee alla definitiva vittoria del regno di Dio sul male, cui il giusto stesso aspira, e che è lo scopo per cui vive ed agisce.
Non è difficile ricordare figure come madre Teresa di Calcutta, che sceglie di essere povera e vivere con i poveri; e con la sua fede e la sua pratica di vita evidenzia e denuncia le ingiustizie del mondo di peccato e provoca il mondo a conversione, a mutare stile e obiettivi di vita: non la ricchezza a qualunque costo; non il potere, che non è la via per liberare gli uomini, ma l’oggetto conteso nelle lotte per conservare o conquistare il potere sugli uomini; ma il servizio agli uomini, quel servizio che è offrire liberamente la propria vita per cambiare il mondo presente e trasformarlo in un mondo altro, reso da una comunità che creda e pratichi la ricerca del regno di Dio a servizio degli uomini.
Per capire meglio chi sono i santi dobbiamo sgombrare il terreno da equivoci diffusi. Evitiamo l’equivoco di credere che il regno di Dio promesso ai giusti sia il paradiso che Dio donerà loro dopo la morte, quasi un compenso per le sofferenze e ingiustizie subite in questa vita; il regno di Dio non è l’altro mondo, ma un mondo altro da quello che è, la trasformazione di questo mondo di peccato in un mondo altro, libero da ogni peccato e da ogni male fatto dagli uni e subito dagli altri. Quel che il giusto desidera, per cui il giusto vive, Dio lo compirà e realizzerà, nascendo povero tra i poveri, privo di qualunque potere economico o politico, e che mediante la fede nella divina promessa, crea una nuova comunità umana, comunità di santi, a servizio degli uomini.
Evitiamo un secondo equivoco sui santi. Qualcuno crede che il santo sia colui che vive separato dal mondo, che ha cura del proprio rapporto individuale con Dio, e di salvare la propria anima da questo mondo malvagio; che vive tra preghiere, meditazioni, contemplazioni e non si occupa di questo mondo, solo di sé e del suo rapporto individuale con Dio… L’equivoco sui santi consiste in questo caso a separare il rapporto con Dio dalla missione che Dio ha affidato agli uomini, la missione di trasformare questo in un mondo altro da quello che è. Gesù Cristo è stato molto preciso su questo punto con i suoi apostoli: voi siete in questo mondo, ma non siete di questo mondo. Siete e rappresentate nel mondo come comunità cristiana apostolica un’alternativa allo stile di vita di un mondo di peccato e di morte. Ciò non vuol dire né lasciare che il mondo vada come e dove vuole, ma neppure estromettere il rapporto con Dio dalla propria vita personale e comunitaria di credenti che operano per il regno di Dio. Chi crede in Dio, chi è unito a Dio, fa propria la missione che Dio gli propone; chi ama Dio ama gli uomini che Dio stesso ama e chiama tutti ad amare. L’esempio più splendido è quello di santa Teresa del Bambino Gesù, monaca carmelitana di stretta clausura, che si sente chiamata ad esse missionaria per il mondo intero. Da una feritoia si può e si deve vedere e tenere sempre lo sguardo sul mondo intero in cui siamo, ma nel quale viviamo con altro stile di vita.
Un ultimo equivoco: sono santi solo i cristiani? Non dimentichiamo la tremenda precisazione di Gesù Cristo: non chi dice Signore Signore entrerà nel regno di Dio, ma colui che fa ciò che è gradito al Padre mio… cioè colui che compie la missione che il Padre ha affidato a Gesù il Cristo e che il Cristo ha affidato alla sua comunità. Davanti a Dio non contano le parole per quanto pie e devote siano... contano i fatti e cioè le scelte di vita, le opere che si compiono. Presso Dio c’è spazio per tanti santi anonimi come noi, ma che Dio riconosce come i suoi santi, dentro e fuori la Chiesa, dove – e la storia lo dimostra – c’è spazio anche per chi, pur stando in Chiesa, non diventa affatto santo.
Tolti gli equivoci, accogliamo l’invito che i santi ci fanno a diventare santi con la nostra vita.
P. Giuseppe Pirola sj