La Quaresima: trova le sue origini nella schiavitù degli Ebrei in Egitto, che il libro dell’Esodo (12,40) vàluta nella durata di 430 anni.
Le cifre poi sono arrotondate a 400, come appare nel libro della Genesi (15,13) e negli Atti degli Apostoli (7,6): «La discendenza di Abramo sarà pellegrina in terra straniera, tenuta in schiavitù e oppressione per 400 anni».
Nel Vangelo il numero 400 diventa 40.
Gesù, all’inizio della sua missione, racconta Luca (4,1 ss.), «si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo… Non mangiò nulla in quei giorni, ma dopo ebbe fame».
Questi i dati biblici che indicano il significato della Quaresima: uscire dalla schiavitù per vivere la libertà dei Figli di Dio, proclamata dal Messia Gesù.
È necessario quindi: impegno, sacrificio, penitenza, preghiera per vivere un tempo di ripresa, di libertà e fratellanza e uscire da tutto ciò che non è dignitoso per celebrare una personale Pasqua di Resurrezione.
La Quaresima, quindi, nel suo significato, dall’Antico al Nuovo Testamento, è un periodo di intensa riflessione in cui non solo è impegnata la mente, ma tutta la persona che trova la sua forza di cambiamento anche nel digiuno, inteso come rinuncia al superfluo ed anche al consueto, per vivere maggiormente l’essenza di sé come ragione, riflessione, preghiera e dono di aiuto al fratello che soffre.
Il periodo quaresimale inizia con una severa liturgia, quella delle «Ceneri», il Mercoledì, prima giornata della Quaresima.
Il Sacerdote impone sulla fronte della persona un pizzico di cenere, ricavata dai rami bruciati dell’olivo, benedetto nella Domenica delle Palme dell’anno precedente, dicendo: «Ricordati che sei polvere e polvere ritornerai».
Oppure, specialmente per i bimbi, dice: «Convertitevi e credete al Vangelo» che può essere uno stimolo alla preghiera, mattino e sera.
Abbiamo bisogno in certi momenti solenni e incisivi non solo di parole, ma anche di segni. Una stretta di mano vale più di un discorso, un dito puntato sul petto lo si ricorda più di una conversazione. Anzi, chi di noi, da bambini, non ha ricevuto uno scapaccione ed anche uno schiaffone, specialmente quelli della mia età!
Avvertimenti che sono serviti, eccome!
Così, quel cadere della cenere dalla fronte sul naso, per il superficiale diventa ridicolo, ma per la persona che ha un minimo di attenzione può essere l’inizio di un altro cammino di vita, più serio, più attento, specialmente quando il Celebrante usa la frase: «Ricordati che sei polvere e polvere ritornerai»!
Naturalmente per partecipare a quella cerimonia, è necessario uno stato d’animo non solo da credente, ma da individuo che pensa che la vita è preziosa nel tempo, affinché doni sempre, nella parola e nel passo, tutto il positivo possibile, con la lodevole pretesa di essere ricordati, con gratitudine e nostalgia, quando si spegnerà ogni presente e si affaccerà un futuro che è quello di Dio.
Mons. Giovanni Chiaradia