A Dio quel che è di Dio! - di Padre Lorenzo Giordano sj

Sull'appello di S.S. Benedetto XVI per una nuova classe di cattolici

18/10/2008
«Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio!» È una frase lapidaria di Gesù che ha lasciato un segno profondo nella storia.
Ma che cos’è che ha provocato questa dichiarazione? Un giorno due gruppi politici in lotta tra di loro, ma uniti contro Gesù – i fariese e gli erodiani – mandano una specie di delegazione a chiedere a Cristo: «È lecito o no pagare il tributo a Cesare?». Il Vangelo nota che volevano coglierlo in fallo e Gesù, che lo ha capito, risponde: «Ipocriti, perché mi tentate?».
Dove si nascondeva il trabocchetto? Proprio nella composizione della delegazione. I farisei erano dei nazionalisti, segretamente ostili al potere romano; gli erodiani, cioè del partito di Erode, al contrario, erano dei collaborazionisti e appoggiavano il potere romano. Gesù conoscendo la loro malizia si tiene libero di fronte al potere romano, come pure al nazionalismo giudaico e risponde senza sbilanciarsi: una risposta ironica come se Gesù volesse dire: solo quando c’è da pagare le tasse tirate fuori il problema della coscienza; una precisa definizione dei limiti dei campi e dei rapporti reciproci tra stato e Chiesa!
Esce fuori invece una risposta più impegnativa da parte di Gesù «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio!». Così ha risposto Gesù!
Emerge chiaro: ciò che importa è il Regno di Dio!
Questo è l’unico assoluto da ricercarsi! Gesù manda all’aria il loro piano con una risposta che toglie il nodo e pone il problema a un livello più profondo ed universale.
Non più o Cesare o Dio, ma l’uno e l’altro nel suo piano. Facendo tirar fuori di tasca ai suoi interlocutori una moneta con l’immagine di Cesare, Gesù li costringe ad ammettere, implicitamente, che anch’essi usano la moneta romana come mezzo di scambio e si avvantaggiano di qualcosa che viene dal potere imperiale. È l’inizio della separazione tra religione e politica, fino ad allora inscindibili presso tutti i popoli e regimi. Gli ebrei erano abituati a concepire il futuro regno di Dio instaurato dal Messia come una teocrazia cioè come un governo diretto di Dio sulla terra tramite il suo popolo. Ora invece la parola di Cristo rivela un regno di Dio che è in questo mondo, ma non di questo mondo, che cammina su una lunghezza d’onda diversa e che può perciò coesistere con qualsiasi altro regime, sia esso di tipo «sacrale» sia «laico».
 Si rivelano così due tipi qualitativamente diversi di sovranità di Dio sul mondo: sovranità spirituale, che costituisce il regno di Dio e che Egli esercita direttamente in Cristo e la sovranità temporale o politica che Dio esercita indirettamente, affidandola alla libera scelta responsabile delle persone e al gioco delle cause seconde.
Cesare e Dio non sono però messi sullo stesso piano, perché anche Cesare dipende da Dio e deve render conto a Lui. Nella Scrittura si legge questo ammonimento ai sovrani e ai re, che vale naturalmente anche per gli uomini politici di oggi: «Ascoltate o Re: la vostra sovranità proviene dal Signore, il quale esaminerà le vostre opere»…
Sui potenti sovrasta una indagine rigorosa (Sapienza 6,1ss).
Date a Cesare quello che è di Cesare significa dunque «Date a Cesare quello che Dio vuole sia dato a Cesare».
È Dio il Sovrano ultimo di tutti, Cesare compreso! Noi non siamo divisi tra due appartenenze, non siamo costretti a servire «due padroni». Il cristiano è libero di obbedire allo stato, ma anche di resistere allo stato quando questo si mette contro Dio e la sua legge. Prima che agli uomini bisogna obbedire a Dio e alla coscienza che Dio ci ha dato collaborando ad una società giusta e pacifica intorno ai valori comuni quali la famiglia, la difesa della vita, la solidarietà con i più poveri, la pace. Evitare in campo politico il clima di perpetuo litigio, riportare nei rapporti sociali un maggiore rispetto, compostezza e dignità. Rispetto del prossimo, mitezza, umiltà.
Papa Benedetto XVI ha detto che all’Italia serve una nuova generazione per il regno di Dio di uomini politici con rigore morale e competenza laica cristiana cattolica, capace di evangelizzare il regno di Dio nel regno temporale circa il mondo del lavoro, dell’economia, della vita, della famiglia, della politica, della scienza, della cultura, dell’educazione, ecc. e cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostanziali mentre il mondo moderno è tentato sempre più a diventare demiurgo della propria storia usando irresponsabilmente la libertà donatagli da Dio. Che posto possono avere il problema di milioni di gente che fa la fame, che è disoccupata con tutti gli altri gravi problemi dei cittadini nel cuore di politici impegnati a difendere se stessi, a polemizzare dalle pagine dei giornali, nei comizi su questioni sempre più o meno personali? Ci sono è vero delle eccezioni sia tra i cattolici e così detti laici, ma sono troppo poche. Non preghiamo abbastanza per i nostri uomini di governo. Ci limitiamo a criticarli e questo non cambia niente.
Non è solo con il voto che un cristiano può contribuire al risanamento della politica, ma anche con la preghiera!
E questo lo scriveva già S. Paolo al suo discepolo Timoteo (Timoteo 2,1 s).
(P. Lorenzo Giordano sj)