Come è noto a chiunque legga il vangelo, Gesù annunciava il suo messaggio da predicatore itinerante, non nel chiuso di una sala o di una scuola o di un tempio, ma lungo le strade o le vie di comunicazione ove era facile incontrare chiunque, cioè ogni genere di uomini: ciechi, zoppi, storpi, sordomuti, paralitici che gli venivano portati in barella da casa a casa, lebbrosi emarginati che si affacciano a distanza sulle strade trafficate; un funerale toccante, come quello del figlio della vedova di Naim; o un centurione romano il cui servo era malato grave, o un caposinagoga cui la giovane figlia era morta; un giovane ricco che aveva sempre osservato fedelmente la legge, e chiede a Gesù che deve fare per avere la vita eterna; la donna samaritana che gli propone un quesito religioso che divideva samaritani e giudei; la prostituta che lo segue fin nella casa di un fariseo, e copre di lacrime e baci i suoi piedi; i peccatori che lo invitano a pranzo in casa loro, scandalizzando scribi e farisei che per queste sue frequentazioni contrarie alla Legge mosaica, contestavano la sua pretesa di essere il Messia o Cristo, promesso da Yahveh nel primo o antico Testamento. Il campionario degli incontri stradali di Gesù si arricchisce, nel racconto dell’evangelista Luca, di un episodio - l’incontro con Zaccheo (Lc 19, 1-10) - di cui si fornisce un quadro dettagliato. Gesù, nel suo viaggio verso Gerusalemme ove la passione e morte l’attende, passa per le vie della città di Gerico, seguito da molta folla. Zaccheo era un ricco pubblicano, uno che aveva preso in appalto dai Romani la riscossione delle tasse e si era così arricchito, ed era considerato dai pii e giusti ebrei fedeli alla Legge, un pubblicano o un peccatore che aveva violato con quella scelta professionale la legge mosaica, e contaminava con la sua presenza e contatto ogni ebreo che gli si accostasse, costringendolo al suo ritorno a casa propria alle abluzioni rituali prescritte. Questa è l’immagine pubblica di Zaccheo, un professionista che non godeva di buona fama dal punto di vista religioso, quello che egli era per gli altri ebrei, specie gli ebrei osservanti. Per Luca che narra l’incontro con Gesù, Zaccheo è un curioso che vuole vedere Gesù, ma piccolo di statura come era non riusciva a vederlo tra la folla che lo circondava e lo sommergeva. Luca narra che egli ricorse allora a uno stratagemma: precede Gesù sulla strada che stava percorrendo, e sale su un albero per riuscire a vederlo. A questo punto il racconto si inverte, noi diremmo, la macchina da presa stacca e anziché continuare a seguire Zaccheo, si sposta su Gesù che alza gli occhi, e dice a Zaccheo che sta sull’albero, di scendere presto dall’albero, perché vuole passare quel giorno con lui in casa sua. Zaccheo scende in fretta dall’albero e lo accoglie in casa sua con gioia.
Una storiella a lieto fine? Una curiosità signorilmente soddisfatta da Gesù? Vediamo il seguito.
Il racconto si allarga e mette in evidenza la reazione di parte della folla, che mormora contro Gesù e il suo gesto di autoinvitarsi in casa di Zaccheo, un pubblicano e peccatore. La mormorazione ha un preciso motivo. Zaccheo è un pubblicano, cioè un ebreo infedele alla legge di Dio perché riconosce la sovranità di un imperatore idolatra sul popolo eletto il cui unico sovrano è al contrario Yahveh e solo Yahveh; anzi, si pone al suo servizio per raccogliere il tributo o tassa che i suoi fratelli ebrei devono pagare all’imperatore, come segno di sudditanza. La mormorazione colpisce quindi Gesù: un Gesù che va con i peccatori che misconoscono non in qualche gesto o comportamento occasionale e privato, ma nella loro vita professionale pubblica l’unico Signore del popolo ebraico e si inchinano a un sovrano pagano e idolatra, e spinge a tal punto la sua familiarità con lui fino a chiedere di essere invitato a casa sua, non può essere il Messia, il Cristo promesso da Dio nell’antico o Primo Testamento. Il gesto di Gesù verso Zaccheo nella sua novità rispetto alla Legge non solleva una domanda di sorpresa né tanto meno di ammirazione: chi è Gesù? Qual è la sua identità di fronte a Dio? Solleva solo uno scandalo e un rifiuto; la novità del comportamento di Gesù, il suo accondiscendere alla curiosità di un pubblicano e peccatore fino a autoinvitarsi a casa sua, non è altro che trasgressione della Legge. Gesù è un trasgressore della Legge al punto da accompagnarsi ai trasgressori della Legge, ad andargli in casa. Gesù non è allora affatto l’inviato di Dio. Se va con i peccatori, non è il Messia o il Cristo. Agli occhi degli ebrei osservanti, il gesto di Gesù è un gesto scandaloso che non può che smentire la pretesa di Gesù di essere il Messia. Anche la mormorazione degli ebrei osservanti ha chiari precedenti storici nella Bibbia. Nel deserto il popolo ebraico liberato dall’Egitto mormora contro Yahveh e il suo inviato Mosé, quando ha fame e quando ha sete. Il mormorare significa l’espressione della messa in dubbio della fedeltà di Dio, il tentare Dio, come dice la Bibbia, cioè il mettere a prova la fedeltà di Dio alle promesse fatte al suo popolo, chiedendo nuovi segni o prodigi, anziché credere o fidarsi di Dio, come Abramo che credette alle promesse divine e andò fuori dalla sua terra senza sapere dove Dio lo conduceva nelle sue peregrinazioni, o come Mosè che credette all’alleanza che Yahveh aveva fatto con il suo popolo.
Il racconto stacca per la terza volta e riprende a narrare l’incontro tra Zaccheo e Gesù. Zaccheo dice a Gesù entrato in casa sua che intende dare la metà dei suoi beni in elemosina, e riparare i torti fatti ad altri, restituendo loro il quadruplo, secondo la legge ebraica e la legge romana che riguardava solo in casi determinati. Zaccheo vuol fare di più di quanto la legge prescrive. Gesù va oltre la Legge: “questa casa ha ricevuto oggi la salvezza, perché anch’egli Zaccheo è un figlio d’Abramo”. Gesù spiega cioè il suo gesto. Offre cioè in dono a Zaccheo che lo ha accolto nella sua casa, la salvezza, cioè il perdono gratuito del peccato e la gioia messianica. E spiega il perché. Zaccheo, come ogni peccatore, è figlio d’Abramo, perché mostra di avere la fede di Abramo; perciò è destinatario della salvezza, da cui nessuno dei figli d’Abramo è escluso, come nessun uomo peccatore. Il peccato non è di ostacolo a ricevere la salvezza dal Signore, perché nei peccatori, come nel figlio prodigo, Dio vede suo figlio perduto, ma sempre suo figlio, un figlio da salvare mediante il perdono.
Tornando ai mormoranti, al loro rifiuto di riconoscere la sua identità di Messia, Gesù risponde ricordando la missione che il Padre gli ha affidato: compiere la promessa di salvezza per i figli d’Abramo e per tutti i peccatori: cercare e salvare ciò che era perduto della casa d’Israele e dell’umanità intera. Non Dio della legge ma del perdono gratuito ai peccatori perché al di là del peccato sono e restano suoi figli. Facciamoci una buona idea di Dio e di Gesù il Cristo. (P. Giuseppe Pirola sj)