Il Cristo risorto sale al cielo. Il vangelo narra il segno scelto dal Signore per manifestare la sua ascensione al cielo; un breve “viaggetto” visibile fino alla prima nuvoletta che nasconde il Signore e il viaggetto è subito terminato. Il “sugo” del racconto evangelico è un altro, sta nelle ultime parole che il Signore risorto rivolge agli apostoli, che dicono il senso di quel suo viaggetto visibile o della sua ascensione al cielo.
Prima parola di Gesù: Egli dichiara di avere compiuta la sua missione terrena e di averne raccolto il primo frutto, la sua signoria sul mondo e sulla storia umana. Gesù, con la sua passione, morte e resurrezione, è divenuto sovrano signore del mondo e della storia umana intera, ha conquistato ogni potere in cielo e in terra, un potere che è suo ed esclusivamente suo, un potere che è universale, un potere che non potrà mai essere sconfitto, davanti al quale si dovrà piegare ogni ginocchio in cielo e in terra, come aggiunge San Paolo nella sua lettera ai Filippesi. Si capisca bene. Gesù che ha detto ai suoi apostoli : «i re della terra dominano ma voi non così; perchè il Figlio dell'uomo, – cioè Gesù stesso – è venuto non per essere servito ma per servire e dare la sua vita per la liberazione di una moltitudine» non si smentisce. Sta celebrando il trionfo del regno di Dio che ha annunciato e iniziato, che è regno di quel potere che libera gli uomini dal peccato e dalla paura della morte, il potere della sovrana misericordia di Dio e del suo amore per gli uomini che ha liberato gli uomini dal peccato mediante il perdono. E' un potere a servizio della libertà degli uomini, quello che invochiamo dicendo il Padre nostro: liberaci dal male.
Seconda parola di Gesù: agli apostoli affida il compito di continuare l'opera sua, di annunciare il regno di Dio agli uomini e di realizzarlo nel mondo, liberando il mondo dal peccato e dalla paura della morte eterna cioè che con la morte per noi finisca tutto per sempre.
Terza parola di Gesù: egli promette e garantisce la sua costante attiva presenza al loro fianco fino alla fine del mondo. «Io sarò con voi fino alla fine del mondo».
Torniamo al racconto. Qual'è il contesto di questo racconto? Se torniamo indietro al momento precedente la passione e morte del Signore, troviamo il contesto che cerchiamo. Nel discorso dell'ultima Cena, rivolgendosi agli apostoli, Gesù annuncia la sua Ascensione al cielo, che egli chiama il suo ritorno al Padre. Come è noto, cielo nella religione ebraica è il sostituto del nome di Dio, Yahwe, il nome che non si deve pronunciare. Gli apostoli, al sentire queste parole, si rattristano. Essi capiscono che Gesù sta dicendo che li abbandonerà e li lascerà soli; reagiscono dichiarando di non avere mai visto il Padre; chiedono quindi a Gesù di mostrare loro il Padre, per capire dove e da chi vada. Capiscono cioè solo che perdono la compagnia del Signore, e che il Signore li lascerà soli. E diventano tristi.
Il Signore risponde pazientemente, ma con una certa dose di rimprovero. Il Padre e Gesù, il Figlio, sono una cosa sola. Gesù con la sua persona, le sue parole, le sue opere, con i segni e prodigi che aveva fatto, ha rivelato ad essi il Padre, ed essi hanno potuto conoscere chi è il Padre e credere nel Padre. Dovrebbero – in secondo luogo – anche rallegrarsi che Gesù ritorni al Padre. Tornare al Padre per Gesù vuol dire andare in cielo o presso il Padre, ad occupare il seggio alla destra del Padre, cioè entrare nella sua gloria di Signore universale, nel pieno possesso del suo potere, o della sua misericordiosa sovranità a servizio incontrastato della libertà degli uomini da peccato e morte eterna. Andare al Padre vuol dire per Gesù celebrare il proprio trionfo, diventare l'unico Signore del mondo e della storia, dopo avere compiuto con amore e fedeltà fino alla morte e morte di croce la missione che il Padre gli aveva affidato a favore degli uomini, lasciando in dono agli uomini la libertà dal peccato e da ogni paura della morte che impediscono agli uomini di vivere liberi, senza fare o subire ingiustizie, sicuri da ogni ansia o turbamento interiore di fronte e a causa della morte.
Ma gli apostoli restano tristi. La loro fede in Gesù e nel Padre, prima della passione, era debole e infatti durante e dopo la passione e morte, chi lo tradisce, chi lo rinnega, e tutti lo abbandonano, disperdendosi. L'avventura con Gesù è finita. I due discepoli di Emmaus lo dichiarano espressamente a Gesù che li interroga, prima che lo riconoscessero. Dopo la sua risurrezione il Signore tramite le donne annuncia agli apostoli di essere risorto; va a cercare i delusi che scappano, li va a trovare nel cenacolo, il rifugio ove si erano rintanati per paura dei giudei, e vi ritorna per non perdere neppure Tommaso.
Finalmente il momento dell'addio definitivo si presenta. Ed eccoci all'Ascensione del Signore.
Tre sono le ultime parole che Gesù dice. La prima: egli dichiara la sua nuova identità di unico Signore della storia umana e del mondo, il suo trionfo finale e per sempre. Affida loro poi il compito di continuare la sua missione proponendo agli uomini di credere, in tutta libertà, al vangelo o al buon annuncio del regno di Dio fatto da Gesù e di battezzarsi o liberarsi dal peccato e entrare nel regno della libertà dei figli di Dio. Infine Gesù ritorna sul tema della sua andata al Padre, e garantisce loro che sarà con loro, presente in mezzo a loro, nell'esercizio della loro missione, fino alla fine dei secoli.
Gesù garantisce che non li abbandona, non li lascia soli, che resta presente in mezzo a loro. Ma con l'ascensione egli se ne va al cielo, cioè al Padre, come risulta dal segno che da loro, il breve viaggetto fino alla prima nuvoletta, dietro la quale scompare.
Di quale presenza si tratta allora? Il Signore promette loro una presenza che non è più quella di quando era con loro visibilmente, in forza della sua Incarnazione e del suo essere vero uomo come loro. Come aveva detto loro, la sua nuova presenza è quella del suo Spirito, lo Spirito del Cristo risorto, lo Spirito Santo, che avrebbero ricevuto il giorno della Pentecoste, la nuova presenza divina che guida la Chiesa apostolica fino alla fine del mondo. Che farà lo Spirito? Come e dove manifesterà la sua presenza operosa? Lo Spirito ricorderà loro la parola liberatrice di Gesù; sarà il loro avvocato di protezione e difesa contro le tentazioni di Satana, in tutte le tribolazioni e avversità, che non mancheranno; opererà nel cuore di chi ascolta la parola liberatrice di Gesù mediante l'ispirazione, ispirando cioè facendo comprendere mediante discernimento quale sia la decisione da prendere di volta in volta sia dalle persone singole sia dalla comunità cristiana secondo la diversità dei luoghi e dei tempi della storia umana per la vita e l'azione apostolica cristiana propria e comunitaria. La presenza dello Spirito non agirà attraverso leggi, comandi o imperativi, ma per ispirazione, facendoci profeti e poeti della vita umana secondo lo stile cristiano. E il frutto interiore dello Spirito è la pace del cuore. «Non si turbi il vostro cuore. Io ho vinto il mondo» di peccato e di paure, disse il Signore Gesù. Lo Spirito ci ricorda queste parole del Signore a non avere paura qualunque cosa accada; a non dimneticare la sua presenza che ci è accessibile nell'ascolto della Parola e nella ricerca dell'ispirazione interiore. Anzichè affidarci a paure, malumori, tristezza, pensando che il Signore se ne è andato, è assente, non è più con noi, è meglio credere al dono dello Spirito, a questa nuova forma di presenza divina, che il Cristo risorto ci ha dato. Possiamo cercare nella Parola e nello Spirito le ispirazioni per la vita cristiana e per l'azione apostolica, se e quando mancano, ispirazioni che attivano e spingono ad agire e ad agire nella pace sempre a favore degli uomini. Veramente Gesù non è scomparso del tutto e per sempre dietro la nuvoletta; ha cambiato il suo modo di essere presente, non ci ha lasciato soli, abbandonati ai nostri peccati e prede delle nostre paure. E con l'assistenza e la guida dello Spirito tocca a noi continuare l'opera che il Signore Gesù ha iniziato.
Cordialmente
Giuseppe Pirola s.j.