La sig.a G.G. mi internetta: «Ho sentito parlare tanto, e ho letto, in questi giorni, della legge Merlin, case aperte o case chiuse. Vorrei sapere il Suo parere su questo problema dal punto di vista sociale e morale. Grazie.»
Rispondo volentieri, sebbene l'argomento forse è troppo complicato per quanto possa parlarne io.
Ai suoi tempi, però, ho seguito da vicino il clima arroventato circa le vicende della famosa - o come dir si voglia - famigerata «Legge Merlin».
L'argomento della Legge non ancora promulgata era entrato anche nel nostro ambiente per ragioni di studio e risentivamo notevolmente - vorrei dire: proprio personalmente dentro di noi e nel nostro ambiente - l'eco della diatribe, anche talvolta feroci, divampanti fuori dei confini delle nostre Case di studio.
Anche noi, quindi, con aggiunto l'interesse di studio e con alle spalle un certo zaino di conoscenze scientifiche nelle discipline interessate, discutevamo con gli argomenti pro e contro, per poter arrivare alla verità in proposito.
Ricordo che il veramente esimio P. Marcozzi, nostro professore di Scienze Naturali, era favorevole alla legge che intendeva abolire le cosiddette «Case Chiuse» e ce ne spiegava le ragioni; ma benché io avessi una profonda stima di lui e ne riconoscessi la superiore autorità di scienza e di esperienza, i suoi argomenti non mi convincevano; o, quanto meno, non mi sembravano tali da tacitare l'argomento che io portavo: la S. Scrittura, confortata dalla Ragione, insegna che, secondo il Piano di Dio, l'uomo è libero (ma come? e quale libertà) anche di peccare, per quanto poi ne debba subire e accettare le conseguenze e le sanzioni. La legge Merlin, ad avviso non solo mio, dava all'uomo (sia pure autorità civile) l'inconcepibile autorità di superare la stessa autorità di Dio, non rispettandone il pensiero e il Piano.
La legge (febbraio 1958) passò e P. Marcozzi ne fu lieto; io, invece, dispiaciuto, proprio perché la nostra società italiana aveva accettato di non rispettare la verità, e la giustizia, ma anche la carità, del Piano voluto da Dio.
Qualche tempo dopo (forse anni) di esperienze concrete, un giorno, mi parve che proprio P. Marcozzi, di sfuggita, riconoscesse la validità di quel mio argomento, mostrandosi dispiaciuto di non averlo considerato a suo tempo come sarebbe stato necessario.
A mio parere - anzi è mia netta convinzione - che quell'argomento abbia il suo pieno valore anche oggi, perché basato sull'assoluto e non sul contingente e quindi effimero.
Su quali basi oggettive si appoggia tutto quello oggi si torna a dire e a scrivere? E ciò, tanto per chi è contro, quanto per chi è pro, la riapertura delle Case, cioè l'abolizione o la modifica della Legge Merlin.
I problemi sono gli stessi di ieri.
Ma è chiaro: è necessario che, nell'eventuale nuova legge, si rispetti ciò che moralmente e socialmente va rispettato, soprattutto, la natura delle cose: il sesso è lo strumento fondamentale che, nell'appagamento degli istinti, Dio ha disposto per la perpetuità del genere umano; quindi il suo uso, pur libero (da notare) di libertà fisica e giuridica è moralmente condizionato; al di fuori di quelle condizioni, anche il sesso (o, meglio, il suo uso) è peccato; come tale va considerato e, nel caso di violazioni, è sottoposto a sanzioni corrispettive e adeguate. L'uomo e anche la donna quindi hanno libertà fisica e giuridica e- salve quelle condizioni -anche morale di esercitarlo, ma consci che in certe condizioni è addirittura un dovere e consci delle sanzioni da affrontare in caso di violazione.
Cosa c'entra la legge civile in tutto ciò?
L'abbiamo accennato: la legge civile non può nulla contro la legge naturale, cioè la legge umana non può nulla contro la legge divina. Ha invece l'obbligo profondo e vivace di collaborare affinché l'uomo e la donna, che vi sono sottoposti, siano aiutati anche nel rispettare la natura e il Piano di Dio.
In particolare, nell'eventualità di una nuova legge, è necessario che la legge civile arrivi fin dove può arrivare, cioè alle soglie del sacrario della libertà umana, che ha alle spalle la libertà divina e che nessuna legge umana può violare, bensì ha solo il dovere di rispettare e di collaborare, affinché si eserciti negli spazi dovuti; senza però alcun potere di violarli, eventualmente però collaborando per l'esercizio e non per lo statuto delle sanzioni.
Già a suo tempo, molto - anzi troppo - s'è chiacchierato, con chiacchiere più che con argomentazioni, talvolta addirittura dimenticando le basi d'un sano discutere, che sono poi sostanzialmente quelle della «philosophia perennis» e della «theologia Ecclesiae», le cui linee hanno tracciato i Padri della Chiesa, S. Tommaso d'Aquino e S. Agostino, altri e, ancor oggi, i Documenti della Chiesa.
Questa la mia risposta, che però è risposta logica e teorica.
Una risposta pratica non è altrettanto semplice, perché si tratta di formare al comportamento adeguato intere masse di persone, partendo dai legislatori, cui spetta l'impegno di stendere l'eventuale nuova legge, promulgarla e diffonderne l'esecuzione, fino alle masse che particolarmente i media hanno già distratto da una necessaria mentalità cristiana, senza chi (o quasi senza chi) sappia istradare il popolo cristiano (che purtroppo è anch'esso, di fronte ai media, è «popolo bue»), nonostante le chiare indicazioni da S. Pio X all'attuale Giovanni Paolo II, con la sua dottrina della «nuova cultura».
Cosa fare?
Anzitutto, renderci conto della sostanza del problema, che è abbastanza semplice in teoria, ma complesso nella pratica.
Per questo, non mi è facile pensare a quello che devo rispondere a G.G .: Case Chiuse o Case aperte? Come a suo tempo, sto per le Case aperte, purché si condizionino secondo verità, giustizia e carità, nella libertà.
Ma, prima di rispondere a tale quesito, preferirei raccomandare di preoccuparci di educare i giovani e non solo i giovani al dovere personale di ciascuno in argomento: la Casa Chiusa non è una casa di divertimento o di rifugio, bensì una casa «di tolleranza», anche dal solo pensiero dell'uso della quale una persona educata dovrebbe rifuggire, pur nel cristiano rispetto (che non è assolutamente approvazione) di chi la esercita e la frequenta.
Ma direi umilmente: anzitutto pregare, perché ogni giorno più mi accorgo che la preghiera, anche oggi, fa miracoli.
Quindi, sempre a disposizione, cordialmente
P. Nazareno Taddei sj