L'amico C.Z. mi internetta: «Tutti continuano a parlare di guerra e di pace e francamente non riesco a raccapezzarmi: un mondo di confusioni: urlano pace e vogliono guerra. Possibile che non s'accorgano, anche certi cattolici, d'essere fuori strada, se non proprio in male fede? Lei ha pur parlato chiaro di certe ingannevoli bandiere di pace; ma da un po' sta zitto! Perché non dice chiaro quello che dice Gesù della pace e della guerra?
Rispondo: non ci voleva meno di una domanda come questa per farmi riaprire il discorso.
La domanda ha due parti: 1° Quei «certi cattolici»; 2° «Pace e guerra di Gesù».
Ho già espresso altre volte il mio pensiero su «quei certi cattolici» e mi è stato fatto rilevare che c'è più d'uno che si urta a sentirselo espresso da me, ovviamente perché non condivido l'ideologia oggi diventata di moda anche in buona parte del mondo cattolico; sì che corro rischio di dispiacere e anche di alienarmi quelle persone anche negli argomenti (come l'educazione ai mass media) che mi sono più propri e che fanno parte più diretta del mio impegno pastorale.
La faccenda quindi è seria. L'osservazione, che ha le sue buone ragioni, mi ha messo e mi mette in crisi; infatti, fa parte del mio impegno pastorale - che è l'educazione ai media nel loro rapporto di funzione sociale - anzi è primario, anche il servire la verità nella «lettura» della realtà. Devo allora non dispiacere agli amici, anche a costo di non servire la verità (o quella che, con buone ragioni, mi sembra tale) o devo prestare il mio servizio alla verità, dispiacendo agli amici e allontanandoli dal mio lavoro?
Come si vede, non è, né può essere, questione solo affettiva o di interessi più o meno personali, bensì «di verità, di giustizia e di carità nella libertà», come ci ha insegnato il beato Papa Giovanni XXIII.
Il problema in sé, poi, non è né facile (per aspetti vari), né proprio semplice, almeno nel suo complesso. Ho sentito il parere dei miei più stretti collaboratori, anche di qualcuno di quelli dell'altra parte. E ho deciso che il servizio della verità deve avere la preferenza.
Accetto quindi di rispondere anche al primo quesito, chiedendo, scusa a chi potrebbe sentirsi dispiaciuto.
Rispondo quindi:
1ª «Quei cattolici».
Certamente, almeno in teoria, è semplice dire che quei certi cattolici, come minimo, sono in errore; anzi vorrei proprio dire, almeno materialmente, se non proprio formalmente (non spetta né a me, né a noi, giudicarli sotto questo profilo), sono in peccato mortale, perché «stanno facendo collaborazione formale - e non solo materiale - con chi professa ufficialmente e nella pratica l'ateismo e la disobbedienza dichiarata e professata contro la legittima autorità, unendosi, per di più, a una campagna impostata, «a ogni costo», cioè esplicitamente, sulla menzogna e sulla calunnia».
E si può e si deve affermare questo, senza dover ricorrere alla scomunica, che vige ancora per i comunisti e che rischia di coinvolgere anche chi collabora con loro.
Qualcuno di tali cattolici ha cercato di scusarsi, dicendo che i comunisti non sono più quelli di una volta. Risposta: anzitutto, non mi consta che la o le scomuniche siano state levate; ma le leggi morali della Chiesa (collaborazione formale col male e disobbedienza formale alla legittima autorità) sono valide e non equivocabili, anche al di là della scomunica dei comunisti.
Ma poi, che sotto il profilo morale, i comunisti non siano più quelli di una volta, aspetterei che me lo si provasse, prima di poterlo ammettere.
C'è ancora qualcuno di tali cattolici che pensa d'essere scusato, perché continua a pregare. Questi, però, dimentica che Cristo ha detto: (Mt 7, 21) «Non chi dice: "Signore, Signore" entrerà nel regno dei cieli, bensì chi fa la volontà del Padre mio»; e violare leggi così precise e gravi della teologia morale cattolica non è certo fare la volontà di Dio.
Chi poi crede di saperne una pagina più del libro aggiunge un peccato di superbia, che certamente non cancella, ma semmai aggrava il dettato morale teologico.
2ª Pace e guerra di Gesù.
Meno semplice, per quanto molto chiaro, il discorso di Gesù circa la pace e la guerra.
Riporto i brani più importanti del Vangelo, in cui Egli parla dell'argomento:
. Mt 10, 54: «Non pensiate ch'io sia venuto a mettere la pace sulla terra; non la pace, ma la spada. Sono infatti venuto a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera; e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.»
. Mc 9, 49: (nel brano che parla del sale che dev'essere sapido, per essere utile) «Abbiate sale in voi stessi e abbiate pace gli uni con gli altri.»
. Lc 12, 51-53: «Voi pensate ch'io sia venuto a dare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. D 'ora innanzi, in una casa di cinque persone, si divideranno tre contro due e due contro tre: padre contro figlio e figlio contro padre; madre contro figlia e figlia contro madre; suocera contro nuora e nuora contro suocera.»
Nota. Nelle mezze frasi, scritte qui sopra in corsivo, Gesù ripete le parole del profeta Michea [7, 6], con le quali questi denuncia la depravazione del suo popolo. C'è quindi insita la risposta a cosa sia quella «spada», cioè: strumento nella lotta per l'adesione alla rivoluzione di Cristo, che richiede una decisione, che può essere contrastata. Siamo quindi in un mondo morale e non fisico: la non-pace (cioè la spada, la lotta) di Cristo è tutta, come sto per dire, interiore e spirituale; niente di guerra fisica, con armi materiali, ecc.. Ma anche qui c'è un'indicazione preziosa, come accenneremo più avanti.
E ancora:
. Lc. 19, 41-44: Gesù, «quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace! [cioè l'accoglimento di Gesù come Messia] Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno d'ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata.»
Come si vede, Cristo non considera la guerra, di per sé, come un male assoluto; ma attenti bene a non capire che quindi la guerra è un bene assoluto. C'è modo e modo di intendere e di valutare!
E ancora:
. Gio. 14, 27-31: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come ve la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha alcun potere su di me; ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui.»
. Gio. 16, 33: «Vi ho detto, queste cose, perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo.»
Dopo il discorso della guerra, abbiamo sentito anche il discorso della pace.
Troviamo subito e molto esplicito che «la pace di Cristo non è la pace che intende il mondo».
Cos'è allora?
Anzitutto, la pace è quella che noi dobbiamo avere in Gesù («abbiate pace in me!»): quindi è qualcosa di interiore e di spirituale.
«Interiore», cioè di spirito, non necessariamente di corpo, anche se la vera pace interiore si manifesta anche nel corpo, impedendogli mosse o movimenti sconsiderati, come possono essere certi movimenti di piazza. Ed è già un'indicazione.
«Spirituale», cioè in rapporto col Verbo, che è Dio e che è l'architetto del mondo, quindi anche della natura dell'uomo, fatto appunto «a immagine e somiglianza di Dio», teso quindi e immerso in quell'arco dell'Amore divino, che vince anche quando perde e che - come ha ben dimostrato Gibson, nel suo tanto discusso e malinterpretato film LA PASSIONE - si contrappone e supera l'arco dei poteri umani, i quali pèrdono anche quando vincono; e la prova è Cristo, massacrato fino alla morte e, quindi ritenuto trionfalmente eliminato, il quale però risorge e continua a vivere fisicamente nell'Eucarestia e nella Sua Chiesa, che ha per Madre la Vergine incinta dallo Spirito Santo, l'Amore infinito, incarnato nell'uomo Gesù, che è «vero uomo» e quindi «finito», ma che è anche «vero Dio», perché «Verbo» infinito.
Come si può intravedere, il discorso della pace di Cristo, che è poi la «vera» pace, ci immerge negli spazi dell'Infinito, e quindi dello spirito, che sono ben lontani dagli spazi consumistici da supermercato o, peggio ancora, da quelli dei poteri terreni, destinati appunto a perdere,anche quando sembra che vincano; mentre l'Amore spirituale vince anche quando sembra perdere, perché impostato e basato sull'Infinito.
E da notare: chi ci ripete, in cinema poi, questa lezione è un film, di cui qualche insigne ecclesiastico ha pensato di affermare e di scrivere: «Manca la spiritualità nel film di Gibson» (in «Vita pastorale», n.6, giugno 2004, pag 18), presumendo di giudicare un'opera di comunicazione di cui evidentemente non conosce il linguaggio e che quindi non sa nemmeno quello che essa afferma come comunicazione e che non solo mostra come immagini che appaiono spoglie e invece, per chi sa leggerle, possono essere (e in questo caso, sono) cariche di significato.
Per giunta, il redattore della rivista, illustra il testo con un'immagine del film (v.) ch'è proprio una di quelle che esprime tutto il significato profondo dell Passione di Cristo: Gesù abbraccia la croce in segno di accettazione della volontà del Padre.
L'impreparazione - che persiste - di troppa parte del clero (
vedi nota), anche responsabile, alle nuove forme di comunicazione (che pur vigono da decenni) è (oso dire) una vera piaga del mondo cattolico attuale che fa a pugni con l'insegnamento della Chiesa, da Pio X a, passando per Pio XII, Giovanni Paolo II, con la sua magistrale teoria della «
nuova cultura» (Enc.
«Redemptoris Missio», art. 37); la quale «cultura» è «nuova», per «i nuovi modi di comunicare, con nuovi linguaggi, nuove tecniche di comunicazione e nuovi atteggiamenti psicologici».
Mi scuso di esprimermi con tanta severità; ma, se non erro, è la verità dei dati di fatto.
«Cultura nuova», la cui adeguata conoscenza è determinante per quella «nuova» evangelizzazione, di cui parla il Papa nei suoi vent'anni di Pontificato. Ma la Chiesa e i suoi preti l'ascoltano? o credono di sapere già tutto? o, Dio non voglia, non ci credono?
Sono tutti elementi di disciplina che nei Seminari, diocesani e religiosi, non s'è ancora cominciato a insegnare, salvo eccezioni e nemmeno sempre adeguate (v. in nota l'inchiesta tra i preti di cui ho già detto); come non si è ancora applicata al cinema e alla tv la norma di non parlare di ciò che non si conosce e, quindi, di mettersi a scuola prima di mettersi a insegnare certe discipline, tanto meno a valutare ciò, che pur si dovrebbe conoscere. (Anche l'ultimo mio Corso di due giorni e mezzo, organizzato proprio su quella «nuova cultura» in funzione della nuova evangelizzazione, l'ho dovuto sospendere proprio per numero di iscritti (2) organizzativamente insufficiente; così come qualche tempo fa, per la stessa ragione avevo dovuto sospendere un altro corso, più lungo, su come predicare con i nuovi linguaggi.
Presumere d'essere in grado è, del resto, ignoranza e non nescienza, quindi è una «presunzione», considerata dalla teologia morale. Io stesso temo d'essere colpevole di presunzione, nel proporre certi corsi di discipline, che pur sto studiando e praticando da circa 60 anni in Italia e in varie parti del mondo. E se questa insufficiente risposta solo a certi miei Corsi fosse meritata sfiducia nella mia preparazione?
Ritorno al discorso. La pace di Cristo non è solo assenza di guerra, guerreggiata o meno, bensì - ripeto - è interiore e spirituale, proprio il contrario di ciò che, oggi, il «mondo», appoggiato a Satana, il tentatore (se non, a chi?), ci vuole far credere.
La guerra e la pace di Cristo non sono quelle che pensa il mondo.
Ne abbiamo una prova nella più recente guerra dell'Iraq: il Papa, vicario di Cristo, aveva consigliato e pregato con insistenza di non farla. Non è stato ascoltato. Mondo spirituale e mondo materiale: se ne vedono le tristissime e penose conseguenze, nonostante i notevoli risultati positivi di quella guerra non benedetta.
E ovviamente le nostre Sinistre, che si vantano di aver sempre osteggiato quella guerra, non sono mai scese a riconoscere questo dettaglio, se non cercando di strumentalizzarlo. e si direbbe proprio per tèma di dover riconoscere la superiorità della visione del Papa sulla loro: tutta ferma alla materialità, anziché spinta verso la spiritualità trascendente, quale essa è.
Difficile trarre conclusioni.
Che pure sono possibili: la guerra e la pace di Cristo non sono quelle che il «mondo» ci propone; e certamente il mondo più lontano da Dio è quel «mondo» odierno che ha scelto, come sistema, la «menzogna» a ogni costo, «senza se e senza ma»: Cristo ha detto - sono parole sue - «Io sono la via, la verità, la vita» (Gio 14, 6). E Matteo (7, 13-14) precisa: «Larga è la via che porta alla perdizione; stretta invece quella che conduce alla vita». Si capisce bene, allora, che Gesù è la «via - stretta!- alla verità» e la «verità è la via - stretta - alla vita». «Via» stretta e angusta; faticosa e dolorosa come quella del Calvario: tutt'altro mondo di considerazioni e di valutazioni.
Il che significa che la via alla o della verità è la strada del Calvario. Ma Gesù ci ha detto: «Non abbiate paura: io ho vinto il mondo». Vogliamo fidarci?
Sempre a disposizione. Cordialmente
P. Nazareno Taddei sj
Nota: Nell'indagine sul clero in Italia, pubblicata nel volume di Franco Garelli (Il Mulino, 2003), si legge che il 53,6 % dei sacerdoti si lamenta delle scarse vocazioni, il 43,5% ha difficoltà di trovare linguaggi adeguati nell'apostolato, il 41,7% trova difficoltà nel proporre il Vangelo: tre problemi, come si vede, strettamente legati alle problematiche della Comunicazione Sociale, particolarmente mentalità e linguaggi contornuali, circa cui il Papa ha affermato più volte, con forza, partendo dalla Redemptoris Missio (art. 37) che si tratta di «nuova» cultura. «Nuova!»