Il sig. U.N. mi internetta per sapere cosa si deve pensare di quel magistrato che ha emesso una sentenza dichiarando che i cani hanno l'anima.
Rispondo ben volentieri: caro sig. U.N., non era necessaria la sentenza d'un magistrato per sapere che anche i cani hanno l'anima. Lo sappiamo da millenni, anche dalla filosofia e dalla teologia cattoliche. Il problema, caso mai, è quello di sapere che tipo di anima quel magistrato attribuisce ai cani.
La filosofia, infatti, ci insegna che l'anima è il principio della vita, quindi tutto ciò che è vivo ha l'anima. Ma, come si può verificare facilmente, non tutto ciò che è vivo è vivo allo stesso modo. Per farla breve, ci sono viventi vegetali, animali, umani.
I vegetali, come tutti i vivi compresi gli uomini, hanno una capacità interiore e autonoma di operare a certe condizioni e soggiacciono alla maturazione delle loro caratteristiche, all'invecchiamento e alla morte, cioè il cessare di vivere; ma la loro vita si limita alla capacità basilare e autonoma della conservazione dell'individuo e della riproduzione per la conservazione della specie.
Gli animali, oltre a ciò, hanno la possibilità d'una vita di relazione, legata a sensazioni e corredata di istinti, spesso meravigliosi, in cui sono inglobate anche le capacità della conservazione e della riproduzione: da una parte, si pensi anche solo alle api, alle formiche, ai ghepardi, ecc., così irreggimentati per raggiungere tali finalità; e, dall'altra, si pensi, p.e., ai cani con l'istinto della fedeltà al padrone fino alla morte; ma anche tali da far parlare erroneamente di affetto, di amicizia, di odio ecc. come si trattasse di persone umane.
L'ameba, p.e., è vegetale o animale? Per quanto mi consta, non si è ancora riusciti a dare la risposta in sede scientifica. Analogamente, c'è chi afferma che anche i vegetali, particolarmente le piante, abbiano sensibilità tale da poter parlare di una loro vita di relazione.
L'affermazione mi pare azzardata; ma è innegabile che una certa vita di relazione c'è, nel senso che anche i vegetali, in qualche modo hanno istinti, p.e. quello di cercare la luce o, in certi casi, di aggrapparsi a qualche cosa per svilupparsi in alto. Ci si può chiedere se si tratta di vero e proprio istinto come quello degli animali, ch'è legato alla loro sensibilità, o non piuttosto di qualcosa che è insito all'istinto di conservazione, che comprende anche la maturazione dell'individuo.
Questa sorta di mistero sui passaggi tra il vegetale e l'animale e tra l'animale all'umano, d'altra parte ci fa pensare a un mistero ben più ampio e profondo, ch'è quella dell'unità della creazione: il creatore è un essere individuo e una sola è la mente (il Verbo) che ha ideato il cosmo nell'indefinita (non propriamente "infinita") molteplicità quantitativa e qualitativa degli esseri. Questi non riusciranno mai a. riempire l'Infinito, perché sono quantità, mentre l'Infinito è solo Qualità: tutt'altro mondo. Nel riflesso del nostro mondo, "1+1" solo quantitativamente fa "2"; ma qualitativamente "1+1=1": il rosso e il giallo sono 2 colori, ma se si mettono insieme fanno un solo colore l'arancione; e due fiumi che si unicono fanno uno solo è il fiume; e le due masse d'acqua sono diventate una sola massa, quantitativamente più grossa.
Non ci si pensa, ma è sempre il divino che ci avvolge, anche nelle cose che sembrano le più semplici e le più banali della vita: l'unità del cosmo e di tutti gli esseri.
Gli intellettivi, cioè l'uomo (maschio e femmina), sono dotati di intelletto e di volontà che inglobano le caratteristiche dei viventi inferiori.
L'intelletto si caratterizza per la capacità di riflettere su di sé e sul proprio stesso pensiero: mi accorgo di pensare; non solo subisco un qualcosa che fa dolore, bensì avverto che è un dolore e che quel dolore è mio. La volontà si caratterizza per la possibilità di scegliere liberamente tra due cose che mi si presentano. L'asino di Buridano - esempio antico - è morto di fame, perché davanti a due pile egualmente identiche di paglia, non aveva potuto scegliere; ma l'uomo non sarebbe morto (a meno che non fosse un asino, come spesso succede di fronte alle frottole!).
L'anima umana, intellettiva, è fatta a immagine e somiglianza di Dio; quindi solo Dio la crea, quando si presenta il nuovo essere umano prodotto da donna.
Questo fatto vuol dire grandi cose.
Anzitutto, diciamo che l'uomo è il re del creato, per disposizione divina, e quindi può disporre della altre creature per soddisfare ai propri bisogni; sarà lui stesso a subordinare il proprio comportamento secondo verità e giustizia circa animali e vegetali; e dovrà poi renderne conto a Dio: non per rispetto a presunti diritti degli animali; bensì per rispetto al suo dovere di verità e di giustizia nel retto uso (egli è solo amministratore e non padrone) di quel mondo affidato al suo impero.
Per questo, nascono per l'uomo anche i doveri del cosiddetto "ambiente": sono di tutti per la parte che loro spetta e non dei soli governanti.
In secondo luogo, l'uomo è tenuto ad avere una certa conoscenza del mondo nel quale si trova e, anche qui, secondo verità e giustizia, oltre che "carità, nella libertà". Non è da uomo, p.e., pensare che non si è obbligati a riconoscere che questo mondo l'ha pur fatto Qualcuno e, se cattolico, che quel Qualcuno s'è fatto uomo, Gesù Cristo; non è umano (oltre che sciocco) dire "l'utero è mio e lo gestisco come voglio" o cose simili. E non è da uomo nemmeno perdere "la libertà", lasciandosi imbottire la testa di considerazioni che non sono secondo verità e giustizia, soprattutto dai media che curano solo il proprio business, magari a servizio di chi vuol farci dimenticare Dio.
Entrando in questi discorsi, ci accorgiamo che il nostro mondo attuale è proprio un caos; ma lo è, in parte, anche per causa nostra; perché, se mai l'abbiamo avuta, abbiamo perso l'abitudine di mettere alla base della propria vita "la verità, la giustizia, la carità nella libertà". Altro che diritti dei cani.
Sempre a disposizione cordialmente
P. Nazareno Taddei sj