Il prof. B.M. mi internetta: "Ho assistito a Trento alla inaugurazione del Festival "Religion Today", dove Lei è stato membro della Giuria. Che impressione Le ha fatto dover giudicare film esaltanti - immagino - religioni diverse dalla nostra, che è l'unica vera religione?"
Rispondo volentieri.
Anzitutto, ho l'impressione (ma vorrei sbagliare) che Lei pensi che io mi sia trovato imbarazzato. E allora, Le dico subito che il giudizio di un film è soprattutto un giudizio su come un film, con la qualità del suo linguaggio cinematografico, è riuscito a esprimere l'idea che l'autore voleva esprimere e non è primariamente un giudizio sull'autenticità dell'oggetto (in questo caso: una religione) di quell'idea.
Infatti, "l'immagine di una sedia non è una sedia e l'immagine di una pistola che spara non è una pistola che spara", principio che ormai dovrebbe essere più che conosciuto. Così, il film (cioè l'immagine) di una idea su una religione non è quella idea, tanto meno quella religione. Ma vorrei aggiungere: il fatto che la nostra sia l'unica vera religione non ci dispensa dal cogliere, anzi ci obbliga - per dovere di verità e di giustizia, oltre che di carità - a cogliere quello che di buono c'è in tutte le religioni.
Dice il Concilio Vaticano II (Nostra aetate, 2), citato anche dal card. Ratzinger nella recente tanto dibattuta Dichiarazione"Dominus Jesus": "La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo nelle religioni non cristiane.
Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine, che quantunque differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini."Ma occorre distinguere anche tra religione e persona convinta sinceramente della sua religione. "La salvezza si trova nella verità. - scrive il card. Ratzinger nella sua citata Dichiarazione - Coloro che obbediscono alla mozione dello Spirito di verità sono già sul cammino della salvezza."
E "Il Concilio Vaticano II si limitò ad affermare che Dio dona la Grazia 'attraverso vie a lui note'. La teologia sta cercando di approfondire questo argomento." Nei miei colleghi della Giuria, ho potuto costatare la sincerità - e quindi la verità - con la quale essi vivono la loro religione. Non si può sottovalutare la realtà che sta dietro le parole della Chiesa che ho appena citato. Il che non significa che la nostra Chiesa non sia l'unica vera in senso assoluto.
Veniamo più direttamente alla domanda.
3 anni fa, è nato a Trento, il "Religion Today" ("Religione oggi", cioè un Premio per il cinema delle religioni), in seno a un circolo di cultura cinematografica tenuto dai PP. Cappuccini.
Ha avuto e ha l'approvazione dell'Arcivescovo di Trento, che, come il prof. B .M. avrà notato, era presente alla inaugurazione. Pochi minuti prima era arrivata una lettera di congratulazioni del cardinal Silvestrini, quello stesso che aveva officiato i funerali di Fellini e della Giulietta Masina.
"Religion Today" meriterebbe d'essere maggiormente seguito e apprezzato anche in campo cattolico, non solo per un generico fatto culturale, ma proprio come approfondimento della nostra religione, come conoscenza e come sollecitazione di vita cristiana.
Il citato documento Ratzinger precisa: "Nella pratica e nell'approfondimento teorico del dialogo tra la fede cristiana e le altre tradizioni religiose sorgono domande nuove [cui occorre far fronte con] accurato discernimento." "Religion Today"sostanzialmente cerca di rispondere a quelle nuove domande, con quell'apertura ecumenica verso tutte le religioni che è del Concilio e del nostro Papa attuale.
Si potrebbe dire che il nostro è il Papa dell'ecumenismo. "Religion Today", in soli tre anni (questa era solo la terza edizione), si è allargato a Bologna, a Ravenna e a Gerusalemme.
E' una prova dell'importanza e anche dell'interesse della iniziativa.
Ma, data la domanda, più che parlare di "Religion Today", questa volta penso più opportuno accennare alla Giuria alla quale sono stato invitato come membro.Cinque giurati, cinque religioni, cinque nazioni: - un ateo (inglese, già direttore della British National Film School, produttore per la BBC e sceneggiatore per la CNN), - un ebreo (israeliano, regista), - un musulmano (algerino, professore di cultura islamica all'Università di Bradford in Inghilterra), - una cattolica divenuta buddista (statunitense, regista, vincitrice del Primo Premio dell'anno scorso; non entro nel merito del suo passaggio ad altra religione), - un cattolico gesuita (il sottoscritto).
Anche cinque impostazioni metodologiche diverse. E c'e stata anche la difficoltà delle lingue. Possibile andare d'accordo? Nessuno si conosceva prima. Il sottoscritto, per di più, col suo presentarsi che sembrava accigliato, di poche parole, ecc. aveva creato all'inizio una certa preoccupazione: "Come si farà ad andare d'accordo con un musone di questo genere?", avevano pensato i quattro.
Ma appena avviata la discussione, l'impressione si è sciolta. Ciascuno esprimeva in piena libertà il suo pensiero anche se in disaccordo con quello di altri: ma non c'è stato mai bisogno di alzare la voce, né ho mai sentito qualcuno che volesse farlo; si accettavano le ragioni dell'altro quando esistevano, oppure si discuteva pacatamente, portando motivazioni o teoriche o pratiche di circostanza. Si è lavorato benissimo.
Dopo quarantotto ore di lavori, eravamo diventati amici come ci fossimo conosciuti da sempre, col desiderio sincero e vivo di poterci incontrare ancora. Come mai?Devo dire che, fin dall'inizio, s'è rivelato in tutti un grande rispetto reciproco e un grande impegno e fedeltà nei confronti del lavoro che avevamo accettato di svolgere.
Quasi spontaneamente è stata bandita ogni volontà di prevalere di fronte al tipo di impegno assunto, che consisteva nel valutare dei film religiosi, in vista di assegnare quattro premi: giudizio cinematografico e giudizio tematico, intendendo tutto ciò nel senso che ho più sopra specificato. Per me è stata una grande lezione di vita pratica: ho avuto la prova che è possibile concretamente andare d'accordo anche nelle più profonde diversità di cultura e di religione, senza bisogno di rinunciare minimamente alla propria fede, purché ci sia serietà di intenti e sincero rispetto per l'altro.
Il che significa, in altre parole, sincero amore per la verità e per la giustizia, nella libertà della carità, che è poi la strada di Dio. Infatti il rispetto è umiltà, cioè il contrario della superbia che porta a un esagerato giudizio di se stessi e alla prevaricazione.
E la superbia è il peccato originale: "sarete come Dio!", fu la tentazione del Maligno.Le tante lotte per religione e anche per etnie, cui stiamo assistendo oggi, come nei secoli passati, rivelano almeno una falsa concezione di intenti, se non un'insincerità, una voglia di trionfalismo anziché di servizio, una sostanziale mancanza di rispetto per l'altro, il non accettare di stare alla pari, il voler qualcosa che non ci compete. Insomma, un seguire il vessillo del diavolo.
Il che non significa affatto lasciarsi fare la pipì o la popò sulla testa. Ma se ci fosse il giusto rispetto, non ci sarebbe nemmeno il bisogno di difendersi. A cosa può servire questa mia esperienza, per me stupefacente? Non lo so; ma spero che possa essere utile anche per altri, come lo è stata per me.
Che tutto nel mondo si riequilibri nella umiltà che ciascuno dovrebbe esercitare è utopia il pensarlo; ma ciascuno può cominciare da sé per creare la vera pace, almeno attorno a lui.