G.G. mi internetta: "Il delitto di Chiavenna è incredibile, però è reale; e non è nemmeno il solo anche in Italia. Possibile che non si possa far niente?"
Rispondo con angoscia.
Anzitutto, esprimo la mia piena solidarietà per quello che ha scritto il parroco di Chiavenna, don Ambrogio Balatti, su "Avvenire" di ieri 30 giugno: "Il problema è che si lascia correre per non parere repressivi, nessuno dice niente, la comunità non educa più.
Questo delitto è lo specchio della società stupidamente permissiva."Ci si deve chiedere, allora, perché e per come si è arrivati a questo punto.
Per rispondere a G.G., dico subito che non si potrà far niente fino a quando, p.e., i genitori saranno convinti che cose di questo genere non capiteranno mai in casa loro. Che non capitino, me lo auguro di cuore, ma c'è nell'aria una situazione che non dovrebbe lasciare tranquillo nessuno, per il semplice fatto che quel permissivismo è contro l'insegnamento di Dio. Dio infatti nella S. Scrittura insegna: "La verga della correzione caccerà la stoltezza dal cuore del ragazzo." (Prov. 22,15) e ancora: "Ci vuole la sferza per la schiena degli stolti (ivi 26,3) e ancora: "La verga e la correzione danno sapienza, ma il ragazzo sfrenato fa vergogna a sua madre" (ivi 29, 15) e addirittura: "Chi risparmia la verga odia suo figlio" (Prov. 13,24).
Quanti oggi usano la verga o la usano come va usata? (Anche un uso cattivo è diseducativo come il non usarla.) Ma stiamo con i piedi per terra. Oggi, se un genitore o un educatore dà uno schiaffo, rischia una denuncia di maltrattamento; se fa una carezza la rischia di pedofilia; se fa un rimprovero un po' forte rischia un qualche telefono colorato che si mette in moto.
Un insegnante che dice la verità ai genitori circa il loro figlio, rischia di essere trattato male.E allora dove troviamo il perché delle cose che succedono? Certo bisogna salire un po' più su dei singoli genitori ed educatori.Ha ragione don Ambrogio: è tutta una società "stupidamente permissiva"; società balorda, divenuta di moda, soprattutto dopo la guerra, quando è iniziata la campagna contro la Chiesa e la morale cristiana.
E non è tutta colpa degli anticlericali, bensì è anche di quei cristiani che continuano a lasciarsi fare la pipì sul collo da quelli. In questo contesto, entrano tutte quelle varie forme di diseducazione civile, le cui grida (anche scomposte) hanno assunto sempre maggior peso, nel nome della libertà e del rispetto dei diritti civili (cose tutte - intendiamoci bene! - sacrosante, se intese nel senso giusto); entrano quelle varie forme di protezione dei più deboli e quindi dei giovani (sacrosante, anch'esse, sempre se intese bene); entrano quelle varie trasmissioni tv cosiddette a sfondo sociale, che sarebbero utilissime se non fossero impostate su criteri secolaristici e libertari e contro ogni autorità.
Attenti però a non confondere queste iniziative "'contro' a tutti i costi" e interessate, con una sana e libera e disinteressata critica secondo verità. Siamo così a chiederci il perché e il per come di tutto questo.
Una predica non può essere un trattato, ma certamente si può dire - a costo d'essere tacciati di oscurantisti ignoranti - che, al fondo, la causa più imponente è la mentalità diffusa dai mass-media, sotto la spinta del materialismo e del secolarismo. Si può riassumere in queste poche parole: "Prendere il ciò che appare per il ciò che è e il ciò che si sente per il ciò che vale". Ne segue che oggi una cosa " vale perché piace" e non - come dovrebbe essere - "piace perché vale".Sembra pochino ed è tutto, perché capovolge la gerarchia dei valori che non siano potere e denaro.
Lascio a voi il resto, compresi i politici (non la politica che è una cosa seria) e la cosiddetta "cultura" (che veramente è "kultura"). E' un discorso assai concreto, per quanto possa sembrare astratto. Io ci sono dentro da decenni in Italia e all'estero e posso affermarlo con cognizione di causa. I mass-media, soprattutto cinema e la televisione, hanno la loro enorme responsabilità. Non sono i mezzi del diavolo, come qualche decennio fa si è cercato di far credere; ma sono strumenti che al diavolo servono benissimo.
Tuttavia potevano e dovevano servire benissimo anche all'educazione, ma non lo si è voluto capire. Nel mio piccolo, da 50 anni mi sto battendo in questo senso: la cosa ovviamente non è garbata e non garba a tutti e quindi nessuna meraviglia che si cerchi di boicottarla (chi ha il potere fa presto a mettere fuori combattimento anche le cose migliori, senza che qualcuno dica baf).
Ma ancora i media possono e debbono servire; anzi, sono convinto che, oggi, forse l'unico strumento valido per far qualcosa contro l'attuale disastro della gioventù sia proprio il corretto uso dei media nell'educazione. Se qualcuno ride, vuol dire che o è in malafede o non ha fatto l'esperienza.
L'aggancio dei media è quasi automatico, ma è necessario usarli come si deve da parte dei responsabili dell'educazione (e, in primo luogo, metterei proprio i docenti di religione nelle scuole; proprio costoro spesso dovranno supplire un padre o una madre che praticamente non c'è). Ma per usare i media, ci vuole una preparazione seria; è necessario imparare a "leggere" correttamente. "Leggere" non è fare applicazioni psicologiche o vedere se una cosa piace o non piace. Non si può valutare ciò che non si conosce; e, per conoscere un film o una trasmissione, occorre averli "letti", non solo averli visti; occorre cioè averne colto il contenuto comunicativo. Ma per fare questo occorre aver imparato, così come si è fatto per la scrittura alle scuola elementare.
Non si possono usare i media con l'improvvisazione, o col puntare sul sentimentalismo o sul gusto proprio o dei ragazzi. Bando alle chiacchiere, quindi, di chi pretende di insegnare senza aver prima imparato; bando a chi dice che basta solo un po' di fantasia e di buon senso (ch'è quella cosa che ciascuno pensa di averne abbastanza). "Tutto qui?" "Le pare d'aver risposto a G.G.?" mi si chiederà. Mi posso sbagliare, ma penso di sì. E' ovvio che un discorso così fatto non basta; ma l'essenziale è indicato. Cinquant'anni di esperienza in Italia e all'estero mi dicono che il disastro giovanile è arrivato in proporzione di quanto e di come non si sono seguiti questi criteri.
"E può finire così una 'predica'?" Direi proprio di sì, purché il fedele che la legge si convinca che è importante entrare in questo ordine di idee. Esse devono diventare convinzione comune e allora si potrà dire qualcosa di più. Ma intanto? Come minimo, qualche preghiera affinché il Signore illumini i responsabili della situazione, cominciando da chi fa le leggi e da chi le fa applicare.