Il sig. M.N. mi internetta: Lei sa quanto sono vere le critiche che si fanno in questi giorni contro Papa Pacelli il quale avrebbe taciuto, a suo tempo, sullo sterminio nazista degli ebrei e circa il Papa di oggi, il quale, col recente documento e sprecandosi ancora una volta a chiedere perdono per le malefatte della Chiesa non riesce o non vuole dire tutto quello che sa? Possibile che la Chiesa sia proprio così piena di malaffare?
Ahimè! Come e cosa posso rispondere? Purtroppo, ho letto anch’io. Addirittura, si critica il Papa che con tutto questo suo chiedere perdono delle colpe (passate! e perché non lo chiede anche per quelle presenti?) commesse da qualche membro più o meno autorevole della Chiesa, farebbe allontanare anche i buoni fedeli, perché se la Chiesa è quella pozzanghera di misfatti, anziché la Casa del buon Dio, cioè della verità, della giustizia e della carità, non vale la pena di esserne fedeli.
Beh! posso dire, intanto, che si continua a fare una gran confusione tra la Chiesa (immacolata Sposa di Cristo) e i suoi uomini, ne fossero pure autorevoli rappresentanti, i quali però sono pur sempre uomini e quindi possibili peccatori. E’ questo un argomento che, una volta o l’altra, mi piacerebbe affrontare, perché questa enorme confusione minaccia di investire (se già non ha investito) anche molti buoni, ma ingenui, cristiani e cattolici.
Ma anche circa l’argomento dello Shoah ho letto molto anch’io: non ultimo “L’Espresso” della settimana scorsa (n¡12 del 26.3.98;), la cui testata dice da sola tutto
Vere le critiche? Quello che mi pare certamente vero - ben più delle critiche - è che da qualche tempo (e non solo di questi giorni) c’è in atto una campagna secolaristica, a diverse facce e su diversi fronti, che cerca di proporre una visione esclusivamente terrena e materialistica della Chiesa e dei suoi rappresentanti. E chi sia il grande vecchio che dirige tutto non è difficile capire.
Una di quelle facce penso sia proprio quella del nostro argomento di oggi. Quando sento dire certe cose, rimango veramente stupefatto. Chi le scrive o è un giovanotto che a quei tempi non era ancora nato o è qualcuno in malafede. All’epoca di Pio XII e dello Shoah, io ero già uomo e ricordo benissimo le voci che giungevano tra i rumori della guerra; cioè quello che il Papa faceva per gli ebrei. Lo stesso “L’Espresso” dichiara che egli ne ha salvati anche dai campi di concentramento “non meno di 8000.000”) e con gravi rischi personali. Ricordo in proposito l’episodio - arrivato subito ovunque con... “Radio naia”- dell’ufficiale nazista che aveva preso possesso di Roma e che, nel celebrare l’evento e richiamandosi all’opera umanitaria, e quindi antinazista, del Papa, alzò il calice del brindisi dicendo: è quello lì di là del Tevere, lo frantumeremo come io frantumo questo calice. Lo gettò o lo lasciò cadere per terra: il calice tintinnò sul pavimento, ma rimase intatto. La notizia di questo episodio rincuorò anche tutti noi che stavamo... agendo, perché l’Asse non vincesse. Ma ci giungeva anche l’eco di quello che Pio XII diceva e proclamava, p.e., appunto, “Una vittoria dell’Asse significherebbe la fine del Cristianesimo in Europa”. Cose certo note, se anche “L’Espresso” le cita, presentandole però a quella sua maniera faziosa. Io era già adulto, benché giovane, quando Pio XI proclamò l’enciclica “Mit brennender Sorge” (“Con bruciante sollecitudine”: al liceo ce l’avevano fatta tradurre come esercizio di tedesco: cominciava la Resistenza!); e ricordo benissimo come a essa si riferisse anche il Papa Pio XII, che aveva già iniziato la sua battaglia contro il Nazismo come Nunzio a Monaco e a Berlino. Ma ricordo anche l’eco che ci giungeva delle frequenti e gravi minacce cui il papa era continuamente sottoposto. A un dato momento s’era parlato addirittura di una sua deportazione in Germania. Ma come non ricordare anche l’attività del Vaticano e del clero non solo romano, per nascondere e salvare proprio gli ebrei dalle retate verso i campi di concentramento. Io stesso, con la mia comunità di gesuiti confinata a Bormio, aiutavo i partigiani a far passare il confine svizzero agli ebrei, attraverso i ghiacciati passi alpini e ricordo che avevamo tenuto nascosto nel pollaio, non so per quanto tempo, un dentista ebreo di Padova, in attesa di riuscire a farlo espatriare.