Festeggiare solennemente (ogni anno!) Gesù Cristo come RE dell’universo può risultare per lo meno strano in epoche ormai consolidate di democrazie, come le nostre che stiamo vivendo in moltissimi paesi del mondo.
Eppure, al di là delle reazioni di meraviglia, la Chiesa insiste, con gioia e con forza, nel chiudere e coronare ogni anno liturgico con questa festa e con questo sguardo adorante al suo Gesù Cristo Re di ciascuno di noi credente, della Chiesa intera, di tutti le persone e dell’universo intero.
Ci possiamo e dobbiamo chiedere: perché?
Il riferimento maggiormente illuminante è la pagina del Vangelo di Giovanni in cui Pilato interroga Gesù, a lui consegnato perché venga condannato a morte perché si era fatto re e Dio (!), per verificare se davvero è Re
In essa viene focalizzato fortemente il contrasto tra due concezioni dell’essere “re”.
Essere re, nella mentalità di questo mondo, è incarnato nella stessa figura di Pilato, il quale evidentemente pensa che la sua autorità (equivalente al “re” di un popolo) debba essere assoluta, dominatrice e totalmente arroccata per difendersi da ogni altro potere che lo potrebbe scalzare.
Inoltre, ed è davvero il massimo di pericolosità umana perché base di ogni vera schiavitù, si sente e fa pesare che lui è padrone di ogni suo suddito e da lui dipende la vita o la morte di ogni persona-suddito!
Il re di questo mondo domina, possiede ed è padrone assoluto della vita e di ogni libertà.
Gesù semplicemente prende atto che Pilato lo riconosca Re, ma subito qualifica e chiarifica il senso forte e rivoluzionario della sua regalità.
Essere re, nella incarnazione che ne fa Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, è che il senso di ogni regalità non è dominare e possedere, ma illuminare ogni uomo perché raggiunga la Verità che lo realizza e lo fa felice, garantendone il raggiungimento con il proprio amore pronto a donarsi totalmente sino alla morte redentrice che si risolve in Resurrezione.
Ed ecco che Gesù, nostro Re e di tutto l’universo, non rinuncia ad una corona che è di spine e viene accompagnata con sputi, schiaffi e sberleffi da chi non cerca la Verità e non sa e vuole Amare.
Né desidera come trono altro che una croce su cui muore totalmente donato e significativamente incarnato nel dolore e nel non-senso della violenza e del dominio che schiavizza e uccide.
Anzi sceglie come “assistenti” al trono due malfattori: uno che lo provoca, accecato dall’odio e dalla disperazione, perché è un re che non vale nulla, non ha il potere di salvare né se stesso, né i suoi amici o compagni di sventura; e l’altro che comprende di aver sbagliato tutto nella sua vita e vedendo il suo re morire accanto a lui nelle sue stesse sofferenza indicibili comprende che in quella morte c’è la risurrezione vera e per tutti lo riconosce come vero re e lo prega di portarlo con lui, ricevendo la più consolante e impensabile risposta d’amore: “oggi sarai con me in Paradiso”!
Nel vangelo che viene proclamato oggi nella solennità di Cristo Re, il vangelo del giudizio finale che il re farà per dare a ogni uomo e a tutta la storia la giusta destinazione per l’eternità che esprima e coroni l’esistenza di ciascuno e di tutto, il nostro re ci indica dove possiamo trovarlo ogni giorno della nostra esistenza, ovunque noi realizziamo la nostra avventura umana: «Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?». Allora egli risponderà loro: «In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me».
Dobbiamo riconoscerlo con ammirazione e stupore: è davvero un Re a portata di mano e di incontro.
Si incarna in ogni atto di amore e di donazione che decidiamo di vivere per sentirci realmente suoi “sudditi”!
don gigi di libero sdb
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