«Signore, dammi orecchi per intendere!». È la preghiera che fiorisce spontanea da chi ascolta Gesù che dice: «Chi ha orecchi per intendere, intenda».
Ma intenda che cosa? Egli aveva raccontato a chi l’ascoltava una storia che faceva parte dell’esperienza dei contadini, quella d’un seminatore, che semina, secondo l’uso del tempo, spargendo con la mano aperta la semente del grano sul campo arato. Ci sono chicchi che cadono nei solchi preparati, altri un po’ qua e un po’ là, dove le condizioni di crescita sono incerte e precarie. Gesù però non vuole atteggiarsi a professore d’agraria. Egli è il Maestro di salvezza eterna. Chi si lascia, per così dire, seminare accogliendo la sua Parola con cuore aperto e disponibile, corrisponde al terreno buono che riceve la semente nei solchi preparati. Gli altri, poco o nulla disposti ad ascoltarlo, non hanno orecchi per intendere e portare frutto. Che fare, allora? È spontaneo chiedere che ci renda terreno buono, cuori e orecchi capaci di intendere la sua lezione. Tutti lo chiamano Maestro e fanno bene perché lo è. Ma non tutti gli ascoltatori sono discepoli diligenti e desiderosi di imparare quello che il Maestro insegna. Per convincerli della bontà dell’insegnamento, comincia lui per primo a fare ciò che consiglia agli altri. Vuole insegnare la povertà evangelica? Comincia lui a vivere da povero; l’umiltà e l’accettazione della Volontà del Padre? Si fa umile e obbediente fino alla morte e morte di croce. Eppure ci sono stati alcuni del suo tempo, ai quali l’esempio e le lezioni del Maestro non sono stati sufficienti a convincerli ad aprire orecchi e cuore per ‘intendere’ ciò che avrebbe procurato il loro vantaggio eterno.
Così due mila anni fa! Oggi, io, tu…: come sono le nostre orecchie? Pronte ad intendere il Maestro che insegna? E il nostro cuore?