IL TEMPO… di mons. Giovanni Battista Chiaradia

… come valutarlo? …

20/10/2013

Ottobre presenta quasi le stesse caratteristiche di gennaio: dopo la pausa di riposo o di festa, riprende la scuola e tante altre attività che si erano fermate.

Ne parliamo poco del tempo: eppure sarebbe importante farlo. San Agostino era molto consapevole delle difficoltà di descriverlo: “Se nessuno me lo chiede lo so, se cerco si spiegarlo non lo so”. E’ proprio San Agostino a dire che ci sono due modi di valutare il tempo: c’è un tempo fisico-astronomico che si misura con i calendari e ce n’è un altro più importante, il tempo psicologico, che a Lui interessa molto: è il tempo inteso come dilatazione dell’animo, contemporaneo al passato e al futuro, con la funzione di memoria e di attesa del presente.

Simpatica la definizione di Shakespeare sul tempo: “Trotta per una ragazza tra il fidanzamento e il matrimonio, segna il passo con il Sacerdote al quale manca il latino e per un ricco che non abbia la podagra, galoppa con il ladro verso il patibolo e si ferma con l’avvocato durante le pause del giudizio”.

In questo modo si evidenzia tutta l’ambivalenza della temporalità umana, inquadrata, anzi stretta nelle morse del tempo.

La persona è immersa nel tempo che scorre via velocemente e irrevocabilmente: la vita è determinata dal tempo, la sua linea di marcia è irrevocabile, i suoi momenti , come la fanciullezza, la gioventù, la maturità, la vecchiaia, sono irripetibili.

I mistici, tanti anche oggi nei monasteri, si sforzano per sentirsi contemporanei di Gesù di cui vogliono seguire le orme. Nel testo “Teologia tedesca” di Jakob Bohme si legge: “È libero da ogni ansia chi considera il tempo come eternità e l’eternità come tempo”.

Così l’insistenza di Kierkegaard di sentirsi contemporaneo di Gesù è tra i principali motivi per superare il “largo e terribile solco tra la vita del Cristo e la vita di ciascuno di noi”.

Ogni persona, anche non credente, dovrebbe sentire Cristo suo contemporaneo: Cristo è la perfezione dell’umano e del divino. Se la persona che mi legge ha difficoltà con il divino, consideri solo l’umano. Veda nei Vangeli, nelle lettere degli Apostoli, chi è il Cristo nella sua umanità.

Il rapporto con il divino ha un solo tempo: il presente.

Poiché Cristo è nell’infinito, è facile capire come nei suoi confronti ci sia un solo modo di incontrarlo: la contemporaneità. I secoli non aggiungono e non tolgono nulla: non lo cambiano e neppure sanno chi Egli precisamente sia. Solo chi ha la fede lo comprende.

La liturgia della Domenica, che ricorda Gesù risorto, crea un vivo rapporto con Lui, col suo passato di fratellanza e di dolore, col suo futuro di giudizio e di resurrezione nel presente con la sua presenza costante in ciascuno di noi, sempre, anche nell’individuo che non lo vuole.

Lui è la salvezza e la dona a tutti. Però, tanto l’esperienza mistica, come la liturgia, contengono il pericolo di estraniarsi dalla realtà temporale. Di fronte a questa tendenza di sfuggire dal tempo, perché talvolta ci fa paura, bisogna tener presente che sentirsi vicino alla persona del Cristo sprigiona delle energie preziose per una responsabilità quotidiana e siamo tranquilli di essere in buone mani: questo deve essere insegnato alla gioventù.