La Resurrezione di Gesù è al centro non solo del Cristianesimo, ma della storia del pensiero umano.
Le testimonianze dell’evento sono tante per cui non è soltanto un discorso della storia umana, ma è inserito come realtà unica nella storia del mondo intero.
Un dato storico indiscutibile è quello dell’esistenza di un movimento cristiano del primo secolo in cui fra i Cristiani, ed anche fra gli Ebrei, primo fra tutti Paolo, tra gli anni 50 e 60, nascono preghiere, commenti, discussioni sulla vita di un Gesù che non termina in un cimitero, ma continua visibilmente nel tempo.
Le pagine della Bibbia del Nuovo Testamento riportano precisamente la presenza di Gesù risorto in diverse circostanze. Paolo, che è il primo testimone autorevole della Resurrezione di Gesù, ai cristiani di Tessalonica dedica una lettera in cui parla del concetto della Fede, della morte e della Resurrezione di Gesù.
Ecco un suo pensiero: “Vi siete convertiti a Dio, allontanandovi dagli idoli, per servire al Dio vivente e vero e per attendere dai cieli il suo Figlio che Egli ha resuscitato dai morti, Gesù, che ci libera dall’ira ventura”. A questa dichiarazione si aggiunge una testimonianza chiara quando parla del fondamento della speranza cristiana: “Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato”.
Nella prima lettera inviata ai fedeli di Corinto, la morte e la resurrezione di Gesù diventano una formula protocollare della tradizione cristiana: “Vi ho trasmesso anzitutto quello che anch’io ho ricevuto, cioè che il Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo giorno e che apparve a Cefa (Pietro) e poi ai Dodici”.
Gli Atti degli Apostoli, scritti da Luca, iniziano con la presenza di Gesù: “Egli si mostrò ad essi vivo con molte prove”, apparendo per 40 giorni e parlando del Regno di Dio”.
Annuncia così la forza dello Spirito Santo che scenderà su di loro affinché possano diventare testimoni della sua presenza in tutto il mondo. A questi incontri ne segue un altro in cui il protagonista è Tommaso, l’Apostolo del dubbio, così soprannominato perché nell’annuncio dei compagni che dissero: “Abbiamo visto il Signore”, rispose: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e se non metto il dito nel posto dei chiodi e non pongo la mano nel suo costato, non crederò”.
Allora Gesù improvvisamente si presenta in mezzo ai discepoli e rivoltosi a Tommaso afferma: “Metti qua il tuo dito e guarda le mani, tocca il mio costato ed ora non essere più incredulo”.
Tommaso piomba in ginocchio e col fiato tremante dice: “Mio Signore, mio Dio”.
Gesù gli rispose severo: “Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno”.
Nel quarto Vangelo sette discepoli tornano a pescare dopo una notte infruttuosa e improvvisamente vedono Gesù sulla riva del lago ma non si accorgono che era Lui. Obbedendo alla sua parola di gettare le reti a destra, ottengono una pesca abbondante.
È Giovanni che dice a Pietro: “E’ il Signore”. Allora Pietro di butta in acqua, trova a riva del pesce, così, preparano sulla brace il loro pranzo.
Questi racconti vogliono sottolineare il realismo della Resurrezione, spesso non troppo evidenziato dalla lettura dei Vangeli. La storia laica li ha studiati nella loro entità, nel loro valore, nella loro verità storica. Ora ciascuno di noi rifletta: la Resurrezione di Gesù non è un fatto di fede, ma una realtà storica.
È bene saperlo, è bene dirlo, non solo per la storia di una Pasqua, ma come un avvenimento realmente accaduto. Così anche la persona in dubbio sa, è sicura, che assieme a noi, sempre, c’è uno che si prende cura della nostra persona.