In un cantuccio di strada, tra le più importanti della mia città, da settimane, un cancello sta aperto notte e giorno. All’interno ti colpiscono subito due potenti colonne che s’alzano poderose al soffitto, a guardia di un piccolo e grazioso altare, in cui anche di notte, si presenta la cornice narrativa dell’ultima Cena di Gesù con gli Apostoli, prima di essere arrestato e condotto al Calvario.
Chi ha voluto questo sito, non ha usato tante parole e immagini per presentare una storia che il mondo dei credenti o non credenti conosce e memorizza come inizio di un pensiero molto alto.
Lì, in quel sito, in piedi, in ginocchio, seduta si ferma la gente, in silenzio notte e giorno: chi per pochi minuti, chi di più, in una compostezza che ti conquista, talora con una lacrima, tutti con un viso interrogante.
Giovani e anziani in un potente silenzio che ti trasporta altrove: al di là della casa, della scuola, del sito del tuo lavoro… I primi cristiani hanno definito l’Eucarestia in un risonante latino “Fractio panis”. Quel “Fractio panis” è il gesto liturgico che ripete il gesto di Gesù nell’Ultima Cena e vuole esprimere la condivisione che il gesto, tipicamente giudaico, comporta.
Le preghiere dovevano essere del tipo della “tidah ebraica” (la lode con la preghiera e il canto). In quel sito nessuno canta, nessuno osa alzare la voce. Quel silenzio ti porta nel “mistero della fede” in cui si incrociano tutte le verità da credere e da vivere. Allora un brivido te lo avverti nella schiena, pensando al terribile momento in cui le braccia del Cristo vengono stese sulla Croce e la “Fractio” non è solo quella del pane spezzato, ma delle mani del Cristo.
Stare in quel sito appartato, affinché non si senta il rumore del via vai del Corso, non è solo un ristoro del corpo e dell’anima, ma una memoria degli ultimi momenti della vita del Cristo sulla Croce. I due momenti: l’Ultima Cena e la Croce sono le immagini che tu avverti in quel sito silenzioso e, nello stesso tempo, denso di memorie liete e tremendamente dolorose.
Noi tutti fedeli sperimentiamo ben presto che l’Eucarestia, assieme alla croce, è un fatto tutt’altro che passato e impariamo ad intendere che l’Eucarestia va sempre intesa assieme alla Croce del Gesù terreno.
Lì, in quel semplice sito, penso che si possa capire meglio come crocifiggere il vecchio “io” egoistico, per essere rigenerati come uomini nuovi pronti a sacrificarsi per gli altri.
Vivere sottomessi a Gesù Eucarestia per essere continuamente irrorati della sua Grazia, tanto che la nostra presenza diventi sempre più e meglio protetta dal suo corpo e dal suo sangue, non è solo un dovere, una genuflessione, una preghiera, ma un continuo spontaneo sforzo del nostro quotidiano affinchè la nostra vita diventi almeno un poco come quella del Cristo. Se non c’è questo intento, noi tutti fedeli che dobbiamo camminare nelle Sue orme, saremo sempre distanti da Lui.
Chi siede in quelle panche, a testa bassa, senza parola, torna a casa avvolto da un non so che … che non ha mai avvertito e che ti rinnova.
Mons. Giovanni Battista Chiaradia