Ignazio viene rappresentato generalmente con una lunga veste nera da religioso, oppure in abiti sacerdotali con una bella pianeta ricamata. Da giovane però non si sarebbe mai vestito così e aveva ben altre cose per la testa, soprattutto nessuna voglia di farsi santo. Dotato di una volontà di ferro e animato da un forte desiderio di procurarsi onore, coltivava il proprio aspetto esteriore con molta ricercatezza: capelli rossi lunghi e ben curati, abiti eleganti, portamento distinto e armatura da cavaliere, nobiltà d’animo e di sentimenti, fedeltà sincera al Re e alla parola data. Spiccava soprattutto in lui una straordinaria capacità di comunicazione: sapeva usare la parola con grande forza di persuasione e nessun ostacolo lo fermava quando era convinto di una impresa. Con queste e altre qualità di cui era dotato, cercava di realizzarsi secondo gli schemi cavallereschi del secolo, desideroso di guadagnare stima e onore. Per alcuni anni le cose sembravano andare avanti in modo promettente, finché durante la battaglia di Pamplona – come tutti sappiamo - una palla di cannone interruppe bruscamente la sua carriera e i suoi sogni di grandezza umana.
Qui ci imbattiamo in uno dei misteri della vita, che incontriamo con frequenza nella biografia dei santi: una disgrazia – nel nostro caso, la gamba di Ignazio ridotta ormai in condizioni pietose – si trasforma poco alla volta in una grazia, anzi nella grazia fondamentale della sua vita; da un fallimento nasce qualcosa di nuovo e di imprevedibile, una vocazione che è tutta opera del Signore. Non dobbiamo però pensare che Ignazio si sia rassegnato facilmente alla nuova situazione, che mandava in fumo i suoi progetti; sappiamo anzi che ha lottato con un coraggio da leone, lasciandosi riaggiustare la gamba mal composta e anzi facendo segare (senza anestesia!) un osso che sporgeva e non gli avrebbe permesso di riprendere la vita galante di prima.
Ma a questo punto comincia per Ignazio una storia nuova e unica. Durante la lunga convalescenza nel castello di Loyola avrebbe desiderato leggere qualche libro di cavalleria per trascorrere il tempo che non passava mai. Ma nel castello di Loyola non c’era alcuno di questi libri; furono trovati soltanto una Vita di Cristo e una raccolta di vite di santi chiamata Legenda aurea. In mancanza d’altro, Ignazio si rassegnò a queste letture. Leggeva, rifletteva e sognava ad occhi aperti. Per ore intere si lasciava prendere dai pensieri cavallereschi di un tempo; in altri momenti invece ritornava sulle vite dei santi che stava leggendo e gli veniva ogni tanto in mente il pensiero: e se io facessi come S. Francesco di Assisi o come San Domenico? Il cuore di Ignazio – lui ancora non lo sapeva - stava diventando un terreno di scontro tra due mondi, tra due amori. Questo lavorio sotterraneo andò avanti per parecchio tempo, finché un giorno Ignazio cominciò a notare che le fantasie cavalleresche lo entusiasmavano e gli davano una grande carica emotiva; ma appena terminati i sogni, si sentiva vuoto e deluso. Invece il pensiero di imitare i santi in una vita di nascondimento, di povertà e di grandi austerità (cose tutt’altro che attraenti umanamente!) non solo lo riempiva di gioia mentre vi si dedicava, ma anche dopo lo lasciava contento e soddisfatto. Che stranezza! Le cose piacevoli su cui si era giocato fino a quel momento si rivelavano affascinanti ma inconsistenti, mentre i desideri nuovi di imitazione dei santi gli facevano pregustare una gioia profonda e duratura. A questo punto, riflettendo su tale differenza, a Ignazio “si aprirono un poco gli occhi”, e tale scoperta – ci dice lui stesso – fu “la prima esperienza delle cose di Dio”. Ignazio non lasciò cadere nel vuoto questa interessante novità, ma cominciò a registrare ogni cosa con cura. 'Quello che accadeva nella sua anima e trovava utile – ci rivela nell’Autobiografia [99] - ritenendo che avrebbe potuto giovare anche ad altri, lo annotava'. Da queste preziose note personali è nato poco alla volta il libretto degli Esercizi Spirituali, l’opera più conosciuta di Ignazio di Loyola. A questi primi passi del suo cammino interiore sono seguiti tanti altri, che lo hanno introdotto nei segreti di un autentico cammino spirituale. Ci soffermeremo ora su alcuni aspetti che possono essere utili anche per noi oggi.
Una volta, sempre a Loyola, dopo aver contemplato a lungo – in una specie di visione – un’immagine della Madonna con il Bambino, gli venne un tale disgusto della vita passata, soprattutto dei peccati sensuali, che perdurò tutta la vita. In una conversione profonda del cuore avviene proprio così: una certa attrattiva peccaminosa, che ci tiene legati a inclinazioni e abitudini cattive, cede il posto a un disgusto quasi istintivo per il peccato e poco alla volta per ogni ombra di male. E qui non possiamo ignorare, per contrasto, un dato che Ignazio ha certamente sperimentato nella prima parte della sua vita e che probabilmente abbiamo sperimentato anche noi: quante confessioni dei peccati ma senza conversione del cuore! quante accuse delle stesse mancanze, senza l’esperienza di questo disgusto intimo che crea un distacco dal male e un cambiamento radicale dei nostri pensieri e sentimenti! La formula antica dell’atto di dolore: “i miei peccati… li odio e li detesto come offesa della vostra bontà infinita” suggeriva di chiedere al Signore proprio questo passaggio dal gusto al disgusto, questa conversione profonda che volge decisamente le spalle al male. Una prima lezione che possiamo cogliere meditando sul cammino di un santo.
Un altro apprendimento è avvenuto tempo dopo in un paese vicino a Barcellona, chiamato Manresa, dove Ignazio ha trascorso undici mesi di purificazione e affinamento spirituale. Aveva ormai abbandonato la vita peccaminosa di prima e aveva chiuso un passato di attenzioni disordinate alla propria persona (era la prima conversione dal peccato e dal mondo a Dio); e per riparare i disordini precedenti aveva cominciato a trattare con durezza il proprio corpo, trascurando la pulizia e la cura di sé e lasciando crescere capelli e unghie in modo selvaggio e scostante. Ma il Signore lo attendeva a Manresa per fargli compiere un nuovo passo: la conversione da Dio al mondo e alle realtà create, viste ora con gli occhi di Dio, nella loro positività. In altre parole, il Signore fa capire a Ignazio e a noi questa semplice verità: se finora hai usato i doni della creazione in modo sbagliato, non devi pensare che i doni siano cattivi, proiettando così sul Signore i tuoi fallimenti; ma devi riconoscere umilmente che è disordinato il tuo cuore, non ancora in grado di usarli bene. Mettendo ordine nel tuo cuore, ritroverai la bellezza originaria dei doni di Dio, che è amante della vita e non disprezza nulla di quanto lui stesso ha creato. Così Ignazio rinunciò alle stravaganze, cominciò a curare la pulizia e a presentarsi in modo più dignitoso alle persone che lo cercavano per essere aiutate spiritualmente.
Sono molti gli insegnamenti che il Signore gli ha offerto soprattutto durante il periodo di Manresa. Riassumendoli nell’Autobiografia, egli dice che il Signore si comportava con lui come fa un maestro di scuola con un bambino: gli insegnava. Tale insegnamento è sostanzialmente il cammino di fede proposto nella Bibbia, l’itinerario della vita cristiana proposto dalla tradizione della Chiesa. In questo cammino si possono distinguere varie tappe valide per tutti, anche se ciascuno di noi le interiorizza personalmente in modo diverso. Anzitutto si vive un periodo di conversione e purificazione dal peccato e dal disordine della propria esistenza; poi si apre un cammino di evangelizzazione delle varie realtà della nostra vita, proiettando su di esse la luce del Vangelo; infine si entra in una comunione sempre più profonda con il Signore Gesù, che ci rende partecipi del suo mistero pasquale e ci fa sperimentare tutta la vitalità dei tralci innestati saldamente nella vite.
Dalla registrazione del cammino interiore di Ignazio – che riproduce il percorso essenziale della vita cristiana – è nato poco alla volta il libretto degli Esercizi spirituali, che non sono un libro da leggere, ma un itinerario da vivere sotto la guida di una persona esperta. Essi propongono delle esercitazioni pratiche (meditare, riflettere, contemplare, esaminarsi…) particolarmente efficaci per assimilare la nostra fede e compiere scelte evangeliche forti nella Chiesa. Con questi esercizi (che oggi chiamiamo ignaziani) e con una formazione accurata, Ignazio ha preparato molte persone che hanno avuto un peso nella storia del tempo: alcuni dei suoi compagni daranno un importante contributo al Concilio di Trento; Francesco Saverio sarà il grande missionario che tutti conosciamo; Pietro Favre opererà infaticabilmente soprattutto nei territori della riforma protestante; le scuole dei gesuiti saranno uno strumento privilegiato per la diffusione della educazione e cultura cattolica.
Gli Esercizi hanno segnato la vita dei santi e beati della Compagnia di Gesù e di tanti altri santi come San Carlo Borromeo, San Francesco di Sales, S. Vincenzo de’ Paoli ecc., e di altre figure eminenti nella storia della Chiesa. Fin dagli inizi, gli esercizi ignaziani sono stati proposti a tutte le categorie di persone: gente semplice e gente altolocata, laici e laiche impegnati e con responsabilità nel mondo civile, ecclesiastici di vario grado (preti, vescovi, cardinali), religiosi e religiose di differenti congregazioni, giovani che desideravano entrare nella Compagnia di Gesù… Tutti hanno trovato in questo tesoro una via per conoscere più profondamente il Signore e alimentare la scelta e le scelte del proprio stato di vita. Ringraziamo il Signore per questo strumento apostolico che ha regalato alla Chiesa attraverso Ignazio e i primi compagni e chiediamo il dono di saperne approfittare per la nostra crescita spirituale e per un miglior servizio alla Chiesa e al mondo di oggi.
da Michele Lavra, IGNAZIO DI LOYOLA, Nove quadretti di spiritualità ignaziana, ed. AdP, Roma 2009, pp. 9-15.