La domenica quarta di Pasqua è dedicata alla contemplazione di Cristo Buon Pastore; da 48 anni, tutti i cristiani vengono invitati in questa domenica a dedicare una giornata di preghiere per le vocazioni.
Certo si tratta in modo specifico delle vocazioni sacerdotali (e religiose, e missionarie) ma desidero molto in questa predica condividere, con quanti la leggeranno, una riflessione che ci tocca da vicino e che non sempre ci lascia tranquilli.
Sempre nella storia dell’umanità, ma oggi con particolare evidenza, per la maggior diffusione di comunicazione (leggi informazione “suggestiva”) che fa vedere, che fa sapere, che fa sognare e ,a volte, fa indignare, si evidenzia negli occhi e nella coscienza di tutti noi il destino non sempre felice e realizzato di milioni di esseri umani.
Li vediamo (“ci” vediamo …!) vagare in luoghi e situazioni umane diverse e più o meno complesse, ma abbiamo tutti l’impressione che siano
• dei “sopravvissuti” che vagano …
• dei forzati che si trascinano in situazioni che li caricano di pesi spesso insopportabili ma da portare forzatamente (per “onore” o per disperata necessità o per fato irragionevole e implacabile) …
• degli sprovveduti inermi o indifesi o incapaci di reazioni creative benché esigenti …
• dei rassegnati che si sono trovati in carreggiata a tirare un carretto che non si sa chi gli ha imposto di spingere avanti per tutta la loro vita …
• dei vinti e sconfitti che rimpiangono di essere vivi e di dover condurre avanti una vita non “voluta” e che, pertanto, non sentono per nulla a propria misura e capace di una qualsiasi gratificazione …
Si tratta di un problema di fondo, radicale sia perché è alla radice di ogni vita e avventura umana, sia perché la segna in modo profondo e insanabile: si tratta di vedere chiaro, in certi momenti di autocoscienza, che sarebbe necessario e significativo vivere con una vocazione che si è sognata, desiderata, costruita, ricercata, scoperta, accettata e trasformata in gusto di vivere per realizzare un sogno che ci fisserà per l’eternità, anche dopo la nostra morte.
Vivere la nostra vocazione … avere una vocazione … sentirsi proiettati in un sogno personalissimo e unico da realizzare con ogni sforzo e con gioia e creatività … avere coscienza che si è chiamati da qualcuno che ci ama per realizzare un progetto di amore che ci costruisce e realizza e che ci mette nella situazione di vivere con gioia e con senso la nostra vita e la vita di quanti, in un modo o nell’altro, si incroceranno con la nostra.
Vocazione vuol dire accorgersi e decidersi con amore e con piena accettazione che colui che ci ha creato lo ha fatto con amore e con un disegno di amore unico e irrepetibile che siamo noi stessi e che solo attende di essere accolto, accettato, realizzato sino in fondo, con fedeltà.
I padri dello spirito ci insegnano, peraltro alla scuola di Gesù, che l’unica bussola della vita saggia e felice di un uomo è il porsi e il rispondere a questa semplice domanda: “Cosa vuole Dio Padre da me?”
Oggi vedo con chiarezza che tutto questo è dentro l’affermazione di Gesù che ci ripete con infinita pazienza ma con desiderio e amore grande: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore … chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. … Il guardiano apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. … Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.». (Giovanni 10, 1-10)
Gesù Cristo è il BUON PASTORE perché con la sua voce, che ama ed è amata, si incarna in ogni pecora (considerata un tesoro unico e prezioso) nella via tracciata per lei e che la renderà felice e realizzata!
E tutto questo è, anche, dentro quel “non abbiate paura” che il Beato Giovanni Paolo II ci ha gridato con accorato coraggio dal primo giorno del suo ministero di papa, di Pastore, di “dolce Cristo in terra”!
Eppure vocazione è una parola non molto frequente e marcata nella nostra catechesi e negli incontri di spiritualità: si ha paura di condizionare … di togliere la libertà e la spontaneità ... si pensa comunemente che è roba da frati, da preti, da suore, da religiosi, da seminaristi, da iniziati …
E ci dimentichiamo che è la parola “passepartout”di ogni vita credente: per un matrimonio che incarni l’amore di Dio … per una vita impegnata nella politica, nell’economia, nel volontariato … per una vita di celibe che vuole consacrarsi a particolari missioni, impegni, ideali … per una vita donata alla Chiesa come ministro e dispensatore della Parola e dei Sacramenti … per una vita consacrata alla preghiera e alle opere di carità nella vita religiosa … per una vita da giovani … per una vita da adulti … per una vita da anziani e vecchi … per una vita di uomo … e per una vita di donna …
Domandiamoci: noi (papà, mamme, catechisti, sacerdoti, educatori, professori, medici e infermieri, ecc.) siamo capaci come il buon Pastore, che ha una voce che subito viene riconosciuta e amata, di rivolgere ripetutamente e con convinzione ai nostri figli, ai giovani, alle ragazze e ai ragazzi che vivono nelle nostre famiglie e comunità cristiana, l’invito a ricordarsi che
* se il Padre li vuole sposati (per fare una famiglia credente doc), non saranno felici se si faranno preti o suore …
* se il Padre ti vuole sacerdote, non sarai felice in qualunque altra importante posizione sociale conquisterai …
* se il Padre ti vuole consacrata al suo amore per la preghiera e per la carità come sposa che si dona totalmente a Lui con i voti religiosi, non sarai felice in qualunque altra parte sceglierai di interpretare in questo stupendo spettacolo della vita … ?
In conclusione, mi pare, dobbiamo convincerci e annunciare a tutti senza paura che saremo noi stessi solo a condizione di scoprire e accettare con tutto il nostro cuore e con tutte le nostre energie che ciascuno di noi è un chiamato dal Padre (nessuno vive per caso!) il quale ha per ognuno un progetto di amore (“la sua volontà” cioè la “nostra vocazione”): realizzare questa vocazione è la nostra vera realizzazione e felicità.
don gigi di libero sdb
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